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Politica
Draghi “corre da solo”. E’ iniziata l’epoca del draghismo?
Mario Draghi 
Lapresse

 

Dalla recente assemblea di Confindustria è partito l’assist per confermare Draghi capo del governo anche dopo le elezioni politiche del 2023, magari con l’attuale premier leader di un proprio partito nella competizione elettorale. I partiti, quelli oggi nell’esecutivo di unità nazionale, per ora annuiscono, di fatto mandando giù il rospo ben sapendo che Draghi “in campo” potrebbe essere un nuovo duro colpo per le forze politiche già in crisi di leadership,  identità, di credibilità, di consensi. Resta il fatto che Draghi è in carica da oltre sette mesi a capo di un esecutivo formato da partiti che hanno visioni differenti e anche contrapposte, praticamente su tutto. Draghi ha avuto l’incarico per presentare il Revovery Plan all’Ue e per gestire l’emergenza pandemica. Su questi due obiettivi il premier procede, ascoltando tutti ma decidendo da solo. Così e con una tale maggioranza, il governo può tirare avanti fino al 2023? Tutti, o quasi, si affannano a dire che le elezioni amministrative di ottobre con 12 milioni di italiani alle urne restano un fatto locale ma potrebbero invece essere la prima scossa che può sfociare nelle elezioni politiche dopo il semestre bianco nel 2022. Elezioni aborrite, si sa, dal Pd e dal M5S che subirebbero, specie i pentastellati cui non basta la “cura” Conte per rilanciarsi, un forte ridimensionamento elettorale e politico.

In questi setti mesi, grazie a Draghi, l’Italia ha acquisito parte della credibilità internazionale perduta negli ultimi anni e ha saputo gestire l’ondata 2021 del Covid e delle sue varianti contenendone le più dure conseguenze sul piano economico e sociale. Tutto bene, dunque? Tutt’altro. Perché, comunque, l’Italia (ciò vale per tutta l’Europa con l’eccezione della Germania) è marginale rispetto a quel che succede nel mondo (basti pensare alla nuova alleanza strategica militare e di sicurezza Usa- Regno Unito-Australia nell’area Indo-Pacifica per contenere la Cina), vive alla giornata sotto la spada di Damocle della crisi pandemica ed economica, ha accentuato uno stato di insofferenza e di divisioni sociali che presto potrebbero presentare un conto salato anche sul piano della convivenza civile. Non è allarmismo. Ma presa d’atto di uno stato di profonda insoddisfazione che si agita nel Paese reale (altro che No Vax!), non registrato da tv e media e ignorato dai palazzi del potere. Stato di insoddisfazione che, evidentemente, può far comodo non solo a chi punta sul “tanto peggio tanto meglio” ma anche a chi, in Italia e fuori, ha interesse a mantenere, anche dopo la fine della pandemia, uno stato di emergenza permanente che via via porti alla cancellazione delle conquiste degli ultimi 50 anni, alla restrizione dei diritti personali e sociali e allo snaturamento, se non alla fine, della democrazia. Un esempio viene dall’emergenza climatica richiamata dallo stesso Draghi nel suo intervento al vertice ONU sul clima e non a caso rilanciata in prima pagina dai giornali e dallo stesso Osservatore Romano: “L’emergenza climatica è come la pandemia”. Così, sono già pronti gli elenchi dei “provvedimenti urgenti” da prendere “prima che sia troppo tardi”: di fatto altre restrizioni, altri soldi da tirar fuori da chi meno ha, soprattutto uno “stato di emergenza” politico-sociale- che incidono già, e sempre di più, negativamente, sul modo di vivere dei cittadini, sul loro status economico e sociale, sui loro diritti, sulle loro libertà individuali e collettive. Un esempio? Presto il green pass, dopo l’uso sanitario, servirà ad uso ecologico: il lasciapassare verde sarà rilasciato a chi ha auto e moto-scooter elettrico, a chi ha la propria abitazione in classe energetica e così via. Insomma, il lockdown anti-Covid come test e prova generale per altre emergenze, a cominciare da quella sanitaria e climatica, poi quella dell’emigrazione e così via.  Così lo Stato invade la vita dei cittadini e restringe sempre più la democrazia reale. In tale quadro, viste l’autorevolezza, le competenze e le qualità di Draghi e visto l’assenza e l’attuale basso livello dei partiti e della politica, verrebbe da dire: “Draghi salvaci tu!”, premier oggi domani e sempre. Ma: “Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi” diceva Bertold Brecht. La decadenza dell’Italia (più in generale dell’Europa) è evidente e non riguarda solo la politica pur se il Belpaese ha ancora punte di eccellenza in settori importanti, ovunque riconosciuti e ha un popolo che è ancora in piedi. I partiti oggi presenti in questo governo hanno preso male le misure pensando magari di poter condizionare Draghi che, invece, “corre da solo”. E’ iniziata l’epoca del “draghismo”?    

 
 
 
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