Giancarlo Giorgetti, l’uomo che sussurra ai mercati: un tecnico prestato alla politica, ma con visione strategica - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 19:26

Giancarlo Giorgetti, l’uomo che sussurra ai mercati: un tecnico prestato alla politica, ma con visione strategica

Il profilo psicopolitico del ministro dell'Economia. Analisi

di Alessandro Amadori, politologo e sondaggista

Giorgetti, il profilo è quello di un tecnico prestato alla politica, ma con una visione strategica

Nel panorama politico italiano, dominato spesso da personalità istrioniche e da una comunicazione che potremmo definire “muscolare”, Giancarlo Giorgetti rappresenta un’anomalia. O forse, più correttamente, una bussola. Un uomo che rifugge i riflettori, ma che da anni orienta le rotte della Lega e, più in generale, della politica economica nazionale. Oggi, da Ministro dell’Economia e delle Finanze nel governo Meloni, è forse il più ascoltato — e temuto — tra i ministri italiani a Bruxelles, a Francoforte e nei salotti buoni della finanza.

Giorgetti è un leghista della prima ora, ma non ha mai incarnato lo spirito barricadero e identitario del Carroccio delle origini. Nato a Cazzago Brabbia, in provincia di Varese, classe 1966, ha attraversato tutte le fasi evolutive del partito: dalla Lega Nord bossiana alla Lega nazionale di Salvini, fino all’attuale fase di coabitazione con Fratelli d’Italia. Ma lo ha fatto sempre con un profilo basso, da stratega più che da tribuno.

Economista di formazione (laurea alla Bocconi), commercialista di professione, Giorgetti ha costruito la sua credibilità non sui palchi, ma nei corridoi del potere. È stato presidente della Commissione Bilancio alla Camera, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Conte, ministro dello Sviluppo Economico con Draghi. In ogni incarico ha portato con sé una cifra distintiva: la competenza tecnica, la sobrietà comunicativa, la capacità di mediazione.

All’interno della Lega, Giorgetti è da anni il punto di riferimento dell’ala governista e moderata. Se Salvini è il volto della propaganda, Giorgetti è quello della trattativa. È lui che ha costruito, in Italia i ponti con Confindustria e Bankitalia, in Europa quelli con i vertici della Commissione. È lui che ha rassicurato i mercati nei momenti di maggiore turbolenza politica. È lui che, spesso, ha fatto da garante della tenuta istituzionale del partito.

Non è un caso che, nel governo Meloni, Giorgetti abbia ottenuto il dicastero più delicato: l’Economia. Un ruolo che esercita con rigore e autonomia, anche a costo di entrare in rotta di collisione con le promesse elettorali del suo stesso partito. La sua gestione dei conti pubblici è improntata a un realismo quasi brutale: “Non possiamo permetterci tutto”, ripete spesso. Una frase che, in tempi di inflazione, PNRR e vincoli europei, suona come un mantra.

Ma chi è davvero Giancarlo Giorgetti? È un uomo schivo, che non ama i social né le interviste. Non cerca il consenso personale, non coltiva il culto della personalità. Eppure, gode di un rispetto trasversale che pochi altri politici italiani possono vantare. È stimato da Draghi, ascoltato da Meloni, temuto da Salvini. Non ha un seguito elettorale di massa, ma ha una rete di relazioni che lo rende centrale in ogni equilibrio di governo.

Il suo profilo psicopolitico è quello di un tecnico prestato alla politica, ma con una visione strategica. Non è un burocrate, bensì un tessitore. Non è un ideologo, ma un realista. La sua forza sta nella capacità di leggere i rapporti di forza, di anticipare le mosse degli avversari, di costruire alleanze silenziose ma efficaci.

In molti lo vedono come un possibile premier tecnico in caso di crisi. Lui smentisce, si schermisce, si defila. Ma la sua traiettoria parla chiaro: Giorgetti è l’uomo che c’è sempre, anche quando non si vede. E in un’Italia che spesso confonde la visibilità con la leadership, la sua parabola è un promemoria potente: il potere vero, quello che conta, non sempre ha bisogno di megafoni.

Recentemente, durante un intervento pubblico, Giorgetti si è lamentato di essere stato “massacrato da chi può farlo”, in riferimento alle critiche ricevute sulla legge di bilancio (in particolare sul taglio dell’Irpef e sulla gestione dei conti pubblici). La frase è arrivata in un momento di forte pressione, con opposizioni, sindacati e persino istituzioni come Istat e Banca d’Italia che hanno sollevato dubbi sull’equità e sostenibilità della manovra. A mio parere, questa uscita sembra più una strategia difensiva che un preludio a un abbandono o a qualche altro gesto “clamoroso”: un modo per rafforzare la propria posizione, placare le critiche e attendere che la tensione si riduca. Credo infatti che Giorgetti conosca bene questo motto Zen: “Non muovere l’acqua torbida: aspetta che si schiarisca da sola.” Un classico insegnamento taoista che incarna la pazienza strategica: non reagire impulsivamente, ma lasciare che il tempo riveli la via.

Tutte le notizie della sezione politica