Kiev: il caso della Costituzione ucraina che non riconosce la minoranza russa - Affaritaliani.it

Politica

Kiev: il caso della Costituzione ucraina che non riconosce la minoranza russa

l'opinione di Paolo Diodati

Varata frettolosamente, la Costituzione ucraina non accetta chi parla russo. Eppure non ne parla nessuno, da Mattarella ai filo-Biden

La seconda notizia è il titolo in prima pagina de La Verità "Il documento che ha portato alla guerra". Un documento a dir poco clamoroso che, rinnegando gli accordi di Minsk, con l'appoggio degli Usa, apriva alla guerra per la riconquista armata della Crimea. Sarà interessante vedere come riaggiusteranno il tiro tutti i gran semplificatori. Quelli della tiritera "C'è un aggressore e un aggredito, punto!". La Storia sta focalizzando la responsabilità dell'amministrazione del sonnambulo Biden, della propaganda e dell'improvvisato duro Zelensky, impaurito dagli estremisti anti-russi del battaglione Azov.

Avrà capito Mattarella, il riconfermato a furor di parlamentari e popolo? Quello accolto da ovazioni di ammiratori plaudenti in piedi? Quello che ha preso una cantonata dietro l'altra (pandemia, guerra) e ha messo una pezza sbagliata (Conte) dietro l'altra (Draghi) sui buchi che si aprivano?

Nun te reggae più, Mattarella no-pax: possibile che da Crozza in giù, nessuno si sfoghi col capolavoro di Rino Gaetano che chissà cosa direbbe in questi tempi scandalosi in cui tocca sentire il garante a modo suo della Costituzione dire a getto continuo delle banalità terrificanti e pure in contrasto con le azioni del governo e che condivide. Che effetto può fare a una persona normale sentire "La Russia si ritiri dai territori occupati" e poi giustificare, da esponente di rilievo dei no-pax, sia l'invio di armi che il cafonesco guerrafondaio non invito degli ambasciatori russo e bielorusso, con queste miserevoli parole: "Me l'ha chiesto l'Ue...".

Una spiegazione davvero penosa, che ci fa provare vergogna. Meno male che il livello dei professionisti della politica russa è ben superiore a quello dei nostri principianti.  Ben più alto, a cominciare da Putin, che ha imparato il mestiere in 22 anni di esercizio. Grande l'intervento di Razov, ambasciatore russo a Roma, come risposta alle amenità pietose dette sul viaggio a Mosca da Salvini. Derisioni, esagerazioni ridicole, dette in continuazione da tutti quelli che non riescono a tener la bocca chiusa!

Per Enrico Letta si correva il rischio di una crisi di governo! Giorgia: "Parliamo di cose serie..." Parliamo magari di Giorgia e del suo feeling con Letta! Draghi "Salvini e la Russia? Siamo allineati coi G7, non ci facciamo spostare da queste cose". E... miracolo! Se Salvini facesse fare un passo avanti verso la pace?  Draghi non si farebbe spostare... per dispetto! Saviano "Salvini è la bicicletta di Mosca. Lavora per mostrare che l'occidente non è compatto". 

E Paolo Mieli? Quello che recentemente ha scritto "Giorgio La Pira e la pace"? Perché, almeno lui non ha sprecato una sola parola (o sbaglio?) per ridimensionare l'importanza della volontà di Salvini? Perché non ha dato una delle sue lezioni per dire "Ma dove sono tutti questi pericoli di destabilizzazione, di mettere in crisi il fronte, che per La Pira, nessuno vedeva? Un tentativo velleitario? Ma quando mai un buco nell'acqua è stato pericoloso?" E, in tutta questa bagarre di ciacolio, ecco l'intervento di Razov, politico serio di professione: Salvini l'invito a Mosca, io!" Grande lezione ai pettegoli esagerati. 

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