Politica
Lega, Salvini limita Vannacci e confina Zaia in Veneto (senza umiliarli). Più poteri ai capigruppo Molinari e Romeo
Nel governo Giorgetti fondamentale nel rapporto con Meloni

Matteo Salvini
Così Salvini ha tenuto unita la Lega dopo il ko in Toscana e in attesa delle elezioni regionali del 23-24 novembre
Astuto e diplomatico. Matteo Salvini questa volta ha gestito al meglio la delicata situazione interna alla Lega dopo il pessimo risultato elettorale alle elezioni regionali in Toscana (meno del 4,5%, in netto calo rispetto alle Europee del 2024).
Al consiglio federale di martedì scorso, massimo organo del movimento fondato da Umberto Bossi, il segretario, vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture ha lodato con un applauso corale Luca Zaia, Governatore uscente del Veneto e candidato capolista in tutte le province per il voto del 23-24 novembre. Ovviamente con pieno e totale sostegno al candidato di tutto il Centrodestra Alberto Stefani, segretario della Liga.
L'obiettivo - parole di Salvini - è quello di tornare ad essere il primo partito della regione davanti a Fratelli d'Italia, proprio grazie al duo Stefani-Zaia. Dopo la carota il bastone, però. Perché il segretario ha bollato come "chiacchiere giornalistiche" le ipotesi di due partiti modello Germania, l'esempio è quello della CDU_CSU (bavarese), e quindi una Lega del Nord e una del Sud. Non se ne parla nemmeno, nonostante la proposta sia stata rilanciata domenica scorsa proprio su Affaritaliani dallo stesso Zaia. La Lega resta una sola da Bolzano a Trapani.
L'altro tema caldo era il ruolo di Roberto Vannacci, che in molti hanno additato come "colpevole" del flop in Toscana per la svolta impressa a destra. Di nuovo carota e bastone. Salvini ha detto che quando si vince e quando si perde la responsabilità "è di tutti, nessuno escluso e nessuno in particolare".
Un modo per "salvare" Vannacci pur senza toglierli la sua parte di responsabilità. E l'europarlamentare ex generale resterà saldamente uno dei quattro vice-segretari. Però poi, sui cosiddetti 'team Vannacci' che fanno il giro dell'Italia e sembrano un partito nel partito, il consiglio federale su proposta del segretario ha chiesto un chiarimento e, di fatto, di non usare la Lega per scopi personali (il bastone).
In questo contesto emergono le figure dei due capigruppo leghisti, Massimiliano Romeo al Senato e Riccardo Molinari alla Camera. Che sono anche rispettivamente segretari del partito in Lombardia e in Piemonte. I due sono molto amici e si sentono quotidianamente varie volte, pur avendo sfumature politiche (soprattutto sugli esteri) differenti. Molinari è super-atlantista e filo-Usa, Romeo è più incline alla ricerca del dialogo con la Russia di Vladimir Putin. Non solo, Romeo è stato anche promotore del rilancio dell'autonomia della Lombardia, in pieno accordo con il collega di Montecitorio, un progetto comunque condiviso da Salvini e non certo contro il leader.
In questo quadro nella geografia politica del Carroccio le figure dei due capigruppo in Parlamento sono destinate ad acquisire un maggior peso politico e decisionale non solo a livello parlamentare, gestendo ogni giorno i lavori alla Camera e al Senato, ma anche come figure di riferimento sui territori mediaticamente nei tg e nelle televisioni. C'è infine la parte governativa della Lega e ovviamente il numero uno non può che essere il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti.
Salvini si fida ciecamente del titolare del Mef, che è riuscito a portare a casa la rottamazione nella Legge di Bilancio quasi come proposta inizialmente dalla Lega, ed è il punto di riferimento sui temi economici nel rapporto con Palazzo Chigi e quindi con la premier Giorgia Meloni. Insomma, tra carota e bastone e con qualche aggiustamento Salvini ha saputo mettersi alle spalle la burrasca e ora punta tutto sulle elezioni regionali che ci saranno tra un mese. Obiettivo essere il primo partito in Veneto, con la scontata vittoria di Stefani, e ottenere un ottimo risultato in Puglia e in Campania pari a quello della Calabria (quasi il 10%).