Letta rischia di riportare il Pd a quella "sinistra di base" già sconfitta
Chi è anticomunista deve difendersi dal collettivismo moralistico e utopico della sinistra di base e il Pd che è solo di sinistra deve capire dove tira il vento
A partire dalla metà del XIX Secolo una buona parte dell’umanità si è cullata nell’idea che il capitalismo fosse destinato alla “crisi finale”, all’inevitabile implosione causata dalle sue contraddizioni. A questo sistema sarebbe seguita la rivoluzione dell’ultima “classe” esclusa dal potere, il proletariato. E la “fine della storia”: nel senso che non ci sarebbe stata più nessuna vetta da conquistare e avremmo avuto la società perfetta. La storia ha fatto a pezzi tutto questo ed oggi probabilmente neppure Marx, se fosse vivo, sarebbe marxista. Ma si illuderebbe chi pensasse che sia morta la mentalità collettivista e “rivendicazionista” che sottostava al comunismo.
Tutto questo mi ricorda l’indimenticabile tesi di un libro di linguistica, secondo cui le intonazioni resistono ai secoli meglio delle parole. I napoletani del tempo di Plinio, per dire “mia madre”, dicevano “mater mea”; oggi dicono “matrema”, ma c’è da credere che allora come oggi lo dicessero con la stessa inconfondibile cantilena. Ed è stato proprio un napoletano, Benedetto Croce, a dire che anche noi miscredenti “non possiamo non dirci cristiani”. Possiamo non credere all’immensa impalcatura della Chiesa, ma non possiamo liberarci dal suo imprinting. Ché anzi quasi nessuno – prima di Friedrich Nietzsche – ha percepito quanto siamo “cristiani” e quanto sia difficile liberarci dai pregiudizi di quella religione. Per capire a che punto ciò sia vero, si misuri la distanza fra Voltaire, che odiava il Cristianesimo, e Nietzsche. È più facile odiare la religione che spogliarsene.
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