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Politica
M5s, Conte-Grillo tregua armata. Il vero nodo è il simbolo. Inside

Beppe Grillo fa un passo indietro oppure sbatte la porta in faccia a Giuseppe Conte? Il tempo dell’attesa per il Movimento cinque stelle non sembra finire mai. Prima si aspettava l’esito della contesa con Rousseau, poi si è atteso il verbo di Conte, con i parlamentari, soprattutto alla Camera, in forte fermento perché, a detta di molti, “tagliati fuori, poco coinvolti e consultati. E adesso, dopo l’aut-aut dell’ex premier all’indirizzo del Garante, si aspetta la risposta del comico genovese. Come finirà?  “Alla fine - spiega ad Affari un parlamentare della prima ora - lo Statuto sarà messo ai voti. E Conte avrà la meglio. Ma comunque andrà a finire non sarà la ripartenza che tutti auspicavamo”.

Questo è il sentimento prevalente soprattutto alla Camera, “ma perché tra i deputati c’è stato sin dall’inizio un atteggiamento più razionale, meno fanatico. Che non significa essere contro Conte, attenzione. Significa solo voler ragionare e comprendere. E soprattutto valutare Statuto alla mano, un documento che ancora non conosciamo”. Atteggiamento che invece non ha prevalso al Senato dove l’ex premier può contare su un sostegno quasi totale: “Novanta a dieci per Conte, per fare una stima a spanne”. D’altronde, si sfoga una fonte parlamentare M5s, “lo si è visto subito plasticamente quando Stefano Patuanelli, Paola Taverna ed Ettore Licheri si sono precipitati da Conte, subito dopo la riunione di Grillo con i parlamentari. Mi chiedo: a che titolo e in rappresentanza di chi?”.


Nel M5s c’è anche chi sostiene che “se Conte alla fine ha lanciato il suo ultimatum è perché sapeva di avere le spalle protette. Ha un forte seguito a Palazzo Madama, ma pure tra gli attivisti. Purtroppo, il Movimento è sempre più liquido. Solo così ci si può spiegare questa inversione a U che ci ha visto passare dall’innamoramento per Di Battista a quello per l’uomo in pochette, l’uno agli antipodi dell’altro”.

Più parlamentari intercettati dal nostro giornale, comunque, confidano che alla fine si troverà un accordo: “Non c’è nessuno che vuole andare allo scontro”. Qualcuno con maggiore razionalità spiega anche il perché: “Ma è semplice: ormai prevale soltanto una logica di sopravvivenza”.

L’incognita Grillo però resta. Da ieri sera ancora tace. Eppure un suo video, poi diventato un post sul blog, era atteso già in serata. Il Garante, ragiona con Affari una fonte ben informata, “ha due strade davanti: può decidere di andare allo scontro per togliersi qualche sassolino, ma con la consapevolezza che la consultazione non gli darà comunque ragione. Oppure impuntarsi e tenersi stretto il simbolo”. Il simbolo, appunto, che probabilmente nella bozza di Statuto di Conte non corrisponde a quello che piace al fondatore. Dopo la querelle con Rousseau, infatti, proprio il “brand” sarà il nuovo limbo in cui rischia di finire il Movimento. Non è da escludere, infatti, che pure l’Elevato cominci a giocare di tattica: “La vendetta, d’altronde, è un piatto che va servito freddo - continua la fonte -. Grillo, si sa, è imprevedibile. Potrebbe pure arrivare ad un accordo di facciata, salvo poi ingaggiare un estenuante tira e molla sul simbolo”. E questo sì che sarebbe un problema per Conte, con le amministrative d’autunno alle porte. Ed ecco che il compromesso, in cui tutti sperano in queste ore, si trasformerebbe in un battito d’ali in una tregua armata e poi in una guerra di nervi.

“Comunque vada – sintetizza un deputato M5s dietro garanzia di anonimato – non ne usciamo bene”. Non si partirebbe, insomma, con quell’”entusiasmo” che lo stesso Conte si aspetta da tutti, a cominciare proprio da Beppe Grillo. E le nuvole già si profilano all’orizzonte. Sull’eventuale compromesso, se pure si dovesse superare lo scoglio del simbolo, peserebbe la sfida delle amministrative e poi, non tanto la tenuta dell’esecutivo – che non è al momento in discussione –, ma le elezioni del presidente della Repubblica. “Questa sì che sarà la vera incognita – riflettono dal Movimento -. Con un M5s così sfilacciato, quale peso potrà avere Conte a quel tavolo che prima o poi si aprirà?”. Un dubbio che serpeggia pure tra le fila del Pd, “anche perché - ragiona un dem di peso - se sulle candidature per le amministrative a Conte non si possono imputare grosse responsabilità, non essendoci ancora una investitura ufficiale, sul Quirinale il discorso cambia. E le garanzie della vigilia, quelle cioè di poter lavorare ad un accordo e procedere compatti, sono quasi nulle”.

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