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Politica
'Meloni fuorilegge', l’ipotesi choc del vice di Letta
Giuseppe Provenzano e Giorgia Meloni
Lapresse

Dopo i fatti di ieri a Roma che hanno, come era prevedibile, spaccato i partiti politici, oggi a fare fragore è stato un tweet del numero due del Pd, Giuseppe Provenzano. Anche se poi ha corretto il tiro, sempre via Twitter, ormai il danno era fatto. Né la sua retromarcia e né le parole del segretario Enrico Letta ("Noi dobbiamo fare di tutto per evitare di dividerci nel Parlamento. Dobbiamo essere noi a essere i piu' inclusivi possibili”, ha detto a La Stampa. E poi ancora: “Provenzano stesso ha spiegato bene le sue parole") sono riuscite a fermare la slavina.

Ma partiamo dal cinguettio della discordia: “Ieri Meloni aveva un'occasione: tagliare i ponti con il mondo vicino al neofascismo, anche in FdI. Ma non l'ha fatto. Il luogo scelto (il palco neofranchista di Vox) e le parole usate sulla matrice perpetuano l'ambiguità che la pone fuori dall'arco democratico e repubblicano", ha scritto Provenzano. Un sasso lanciato nello stagno i cui cerchi concentrici, però, non è stato più possibile fermare. Quel “nessuno si sogna di dire che FdI è fuori dall’arco parlamentare o che vada sciolta” non ha infatti prodotto l’effetto sperato.

Rimane da capire come sia nata questa presa di posizione. Difficile pensare che quello dell’ex ministro per il Sud fosse il classico ballon d’essai. Più facile pensare alla giravolta forzata, vista la durezza delle reazioni che ha suscitato. Il politologo Alessandro Campi, contattato da Affaritaliani.it, non usa mezzi termini nel dire che esiste “lo squadrismo tradizionale, fatto di violenza e assalti fisici, ma c’è anche lo squadrismo mediatico. Entrambi alla fine perseguono lo stesso obiettivo e cioè annichilire l’avversario politico”. Nello specifico del ‘caso-Provenzano’, poi, il professore ritiene che “senza neanche rendersene conto, il vicesegretario del Pd si sia comportato da squadrista mediatico: ha voluto sferrare un colpo, dal suo punto di vista letale, a Fratelli d’Italia e in particolare a Giorgia Meloni, dicendo una cosa gravissima. Per fortuna - continua - è intervenuto Letta, sicuramente chiedendo al suo vice di riparare a questo errore”.

Il vaso di Pandora, tuttavia, si è scoperchiato lo stesso. E le dure prese di posizione di Fratelli d’Italia non si sono fatte attendere. Giorgia Meloni per prima, in un post su Facebook, ha chiamato in causa proprio il segretario dem: “Il vicesegretario del partito ‘democratico’ vorrebbe sciogliere il primo partito italiano (oltre che l’unica opposizione al governo). Un partito a cui fanno riferimento milioni di cittadini italiani che confidano e credono nelle nostre idee e proposte”, ha scritto. Per poi auspicare una presa di distanze del numero uno del Nazareno “da queste gravissime affermazioni che rivelano la vera intenzione della sinistra: fare fuori Fratelli d’Italia. O forse i toni da regime totalitario usati dal suo vice rappresentano la linea del Pd?”.
Anche il capogruppo di FdI alla Camera Francesco Lollobrigida è andato giù pesante attaccando i toni più simili a quelli “dei regimi comunisti che non a quelli di un civile confronto parlamentare”. In un crescendo che è culminato nell’auspicio di dimissioni da parte del numero due del Nazareno, formulato dalla deputata Augusta Montaruli. Se da Coraggio Italia Michela Biancofiore ha invitato Mario Draghi a richiamare Letta, dalla Lega è stato Matteo Salvini a bollare le parole di Provenzano come “idiozie”: “Non è certo lui – ha detto il leader del Carroccio - che può dare patenti di 'democrazia' a nessuno”.

E’ ancora il politologo Campi ad offrire un’analisi dell’accaduto e a spiegare: “Il vicesegretario del Pd, in pratica, dà per scontato che ci sia qualche responsabilità di FdI in quello che è successo. Ha poi utilizzato un gergo, quello dell’Italia degli anni '70, (ha parlato di arco democratico e repubblicano anziché di arco costituzionale), ma che sottende la stessa idea: c’è qualcuno che non ha titolo a stare nel gioco politico. In sintesi, si è trattato di un tentativo di far fare un passo indietro straordinario a questo Paese”. Secondo il professore, infatti, “dopo che da anni si è recuperato un clima di reciproca legittimazione tra le forze politiche, non si può pensare di assimilare FdI a Forza nuova o al fascismo. Se il problema è Forza nuova si proceda contro Forza nuova e, in maniera inflessibile, contro tutti i rigurgiti di squadrismo para, post e pseudo fascista. Ma si eviti di assimilare a squadrismo tutti gli avversari politici. Perché di questo si tratta: creare cioè delle discriminanti fittizie per cui solo se sei del Pd, stai col Pd, sei amico o potenziale alleato del Pd sei legittimato a stare nel gioco politico. E’ un tentativo - conclude - oltre che strumentale, anche spudorato e politicamente infantile, ma soprattutto pericoloso per gli effetti negativi che può produrre a livello di dibattito pubblico. Insomma, è stato un gravissimo errore politico”.

 

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