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Politica
Meloni, finita la luna di miele con gli italiani. Paura FdI per le Europee

Così Meloni ha perso il contatto con la realtà e in caso di flop alle Europee rimpasto ai danni di FdI

 

Giorgia Meloni a metà del guado. In mezzo tra la destra-destra degli spagnoli di Vox, come si è visto domenica scorsa con il suo video collegamento alla kermesse di Madrid dove l'hanno chiamata "Georgia", e il dialogo con il Partito Popolare Europeo non tanto della sbiadita Ursula von der Leyen quanto di Manfred Weber, vero leader del Ppe che detta la linea e che sarà protagonista degli equilibri futuri per la Commissione europea e non solo dopo le elezioni dell'8-9 giugno.

Sta tutta qui la chiave di lettura degli scivoloni e della fine della luna di miele evidenziata da quasi tutti i sondaggi tra la prima presidente del Consiglio donna e gli italiani. "In politica stare con un piede in due scarpe non funziona", spiega un parlamentare di maggioranza di lungo corso. Meloni ha chiesto a Marine Le Pen e a Matteo Salvini di rompere con i tedeschi di Afd dopo le affermazioni sulle SS di un candidato dell'ultra destra di Berlino ma questo non basta. Non basta per essere protagonista in Europa e per dettare le carte. E la sua strategia, come ammettono in molti nella maggioranza, è destinata a fallire.

L'idea di spostare l'asse a destra non solo non ha i numeri ma è destinata a fallire. Una fetta importante del Ppe, come ha detto ieri a La Piazza romana di Affaritaliani.it il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, non vuole Marine Le Pen, che sarà sicuramente il primo partito in Francia. E quindi il progetto meloniano di mettere insieme i suoi Conservatori con il Ppe e una parte delle destre (la Lega e la destra francese) non va da nessuna parte. Prima di tutto non ci sono i numeri e in secondo luogo una fetta importante del Ppe non ha alcuna intenzione di allearsi con partiti che strizzano l'occhio alla Russia come Rassemblement National contrario all'invio di nuove armi all'Ucraina.

E mentre Salvini gioca serenamente il ruolo dell'oppositore anche in Europa, come ha fatto per cinque anni, per Meloni il problema è che da presidente del Consiglio vorrebbe giocare un ruolo di primo piano a Bruxelles ma il suo strabismo tra Vox e il Ppe la isola e fa di Tajani, in forte crescita nei sondaggi con la sua Forza Italia post-Silvio Berlusconi, il vero uomo chiave della maggioranza italiana per i futuri equilibri in Europa. Il titolare della Farnesina sarà, come membro del Ppe, a pieno titolo sui tavoli che contano nel nuovo esecutivo Ue mentre la premier e la sua doppia strategia di strizzare l'occhio a una parte della destra, come Vox, e al tempo stesso di cementare il legame con Ursula (visti i numerosi viaggi insieme sul dossier immigrazione in Tunisia e anche in Egitto) la pone in una situazione di ambiguità e diffidenza da parte dell'Eliseo, Macron, e della Cancelleria tedesca, Scholz, ovvero i due principali player dell'Ue.

Non solo, gli alleati dell'Est Europa di Meloni sono i primi a pretendere un'azione forte contro la Russia e non contestano a Fratelli d'Italia il rapporto e il legame con forze che invece non stanno dalla parte di Kiev e invece sembrano più pendere verso Mosca.

Sul fronte interno, poi, c'è la figuraccia vera e propria del redditometro. Un colpo durissimo alla credibilità non tanto del governo ma quanto di Fratelli d'Italia e in parte anche di Palazzo Chigi. La delega sul Fisco al Mef, come raccontano le polemiche alla nascita dell'esecutivo a fine 2022, è in capo al vice-ministro Maurizio Leo, che della premier è da sempre un fedelissimo e fa parte del suo inner circle. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it Meloni avrebbe chiesto al vice di Giorgetti, senza informare il titolare dell'Economia, di dare un forte segnale prima delle elezioni europee per dimostrare che il governo combatte nei fatti l'evasione fiscale.

E così Leo ha fatto uscire la notizia in piena autonomia del nuovo redditometro, una misura che va esattamente contro la storica filosofia berlusconiana del meno Stato e più libertà dei cittadini e profondamente invisa anche alla Lega. Da qui le dichiarazioni durissime di Tajani a La Piazza romana di Affaritaliani.it ("Chiederò di abrogarlo, è da stato di polizia") e l'opposizione fortissima della Lega, con continue note ufficiose fatte trapelare da Via Bellerio sulle agenzie di stampa. Tanto che Meloni poi ha dovuto rimangiarsi tutto e sconfessare Leo che a questo punto è totalmente delegittimato e, anche se Giorgetti dovesse andare a fare il commissario europeo dopo il voto di giugno, si è giocato la possibilità di guidare il dicastero di Via XX Settembre.

Il tutto senza dimenticare la durissima opposizione, anzi l'ostruzionismo, che le opposizioni, Pd e M5S in testa, stanno portando avanti sul Premierato ("la madre di tutte le riforme", secondo Giorgia) a Palazzo Madama. Nonostante il "canguro" di Ignazio La Russa per tagliare il più possibile i tempi dell'iter in Aula il provvedimento rischia di slittare e di procedere più lentamente dell'autonomia regionale leghista dando così un altro colpo a Fratelli d'Italia e alla sua leader. Insomma, non si mette bene per Meloni a poco più di due settimane dall'apertura delle urne.

E la scommessa di candidarsi come capolista in tutte le circoscrizioni potrebbe anche essere un boomerang. Se FdI facesse meno delle Politiche e si fermasse al 25% sarebbe una sconfitta clamorosa che aprirebbe le porte a un inevitabile rimpasto, ad esempio con Letizia Moratti che potrebbe prendere il posto della contestata e traballante Daniela Santanchè al Turismo. Nonostante Meloni abbia negato l'ipotesi di rivedere la squadra di governo, un suo eventuale flop con la crescita degli alleati (poi si vedrà chi vincerà la sfida tra Forza Italia e Lega) potrebbe costare cara alla premier e al suo partito con una cura dimagrante nell'esecutivo in termini di poltrone e con un ruolo marginale in Europa. La luna di miele è davvero finita? Lunedì 9 giugno avremo la risposta definitiva ma i tasselli del puzzle ci sono tutti.  






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