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Politica
Nelle pieghe del PNRR, Inclusione, Lavoro, Sanità: come farsi finanziare

All’Inclusione e al settore Lavoro il PNRR dedica 19,81 miliardi di euro, alla Sanità 15,63 miliardi di euro. Sono questi i capitoli forse più problematici della progettazione governativa. Un Piano che su queste due grandi direttrici tematiche tiene un profilo basso e mantiene l’esistente, senza grandi stimoli verso l’innovazione e la trasformazione di settore.

“La formazione e il miglioramento delle competenze”, spiega il capitolo dedicato all’Inclusione, “in particolare quelle digitali, tecniche e scientifiche, miglioreranno la mobilità dei lavoratori e forniranno loro le capacità di raccogliere le future sfide del mercato del lavoro. Si prevede, inoltre, l’introduzione di una riforma organica e integrata in materia di politiche attive e formazione, nonché misure specifiche per favorire l’occupazione giovanile, attraverso l’apprendistato duale (che unisce formazione e lavoro) e il servizio civile universale”.

Se il piano intende rinforzare “l’Assegno unico e universale” per i figli, più forte diventerà l’impegno delle politiche del lavoro a cui il Piano dedica 6,6 miliardi di euro. 4,4 di questi sono destinati all’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, la

formazione dei lavoratori in transizione e disoccupati (anche a coloro che usufruiscono del Reddito di Cittadinanza), mediante il rafforzamento del sistema della formazione professionale.

Se non ci sono menzioni su come rendere meno ampio il divario tra lavoratori garantiti (quelli pubblici soprattutto ma ormai anche quelli a tempo indeterminato) e i precari, si punta a aggredire il Lavoro “sommerso”. Quasi che il “nero”, per i grossi numeri, sia il frutto di scelte morali dei datori di lavoro e non l’effetto delle condizioni economiche e legislative in cui versa il Paese.

Per l’Ispettorato nazionale del lavoro, quale agenzia nazionale per la vigilanza sul lavoro, è prevista nei prossimi mesi l’assunzione di circa 2.000 nuovi ispettori su un organico corrente di circa 4.500. “Un primo target è fissato nel numero di ispezioni, che si prevede di incrementare entro la fine del 2024 del 20% rispetto alla media del triennio 2019-21”.

200 milioni di euro andranno al rafforzamento dei Centri per l’Impiego saliti di nuovo alla ribalta dopo il varo del Rdc.

Al percorso di formazione-lavoro sono dedicati 600 milioni di euro. Il Piano “ha l’obiettivo di rafforzare il sistema duale, al fine di rendere i sistemi di istruzione e formazione più in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro, nonché di promuovere l’occupabilità dei giovani e l’acquisizione di nuove competenze (approccio “learning on-the-job”), soprattutto nelle aree più marginali e periferiche”.

Verrà introdotto il Servizio Civile Universale, volontario che impegnerà i giovani di un’età compresa tra i 18 e i 28 anni nell’assistenza, la protezione civile, la cura del patrimonio ambientale, storico, artistico e culturale di ogni ordine e grado: 650 milioni di euro a disposizione per il periodo 2021- 2023.

Al Sociale, all’Inclusione e allo Sport 11,17 miliardi.

E’ previsto anche un sistema degli interventi in favore degli anziani non autosufficienti. L’obiettivo dell’investimento è anche quello di aiutare le persone senza dimora ad accedere ad una sistemazione temporanea, in appartamenti per piccoli gruppi o famiglie, altresì offrendo servizi integrati volti a promuovere l'autonomia e l'integrazione sociale.

All’interno del progetto Piani Urbani Integrati è prevista per 200 milioni euro una specifica linea d’intervento riservata al recupero di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo. 1,98 miliardi di euro andranno invece alle zone ZES, le area con una legislazione economica in deroga, per facilitarne lo sviluppo economico. Ad oggi le area ZES sono: Regione Campania; Regione Calabria; Ionica Interregionale nelle regioni Puglia e Basilicata; Adriatica Interregionale nelle regioni Puglia e Molise; Sicilia occidentale; Sicilia orientale; Regione Abruzzo. È in fase finale l’istituzione della ZES Regione Sardegna. In queste area è soprattutto previsto un adeguamento dello sviluppo dei collegamenti delle aree ZES con la rete nazionale dei trasporti.

Particolare attenzione viene data anche alle cosiddette “Aree Interne” che costituiscono circa tre quinti dell’intero territorio nazionale. Si prevede un consolidamento delle farmacie rurali convenzionate dei centri con meno di 3.000 abitanti. Il progetto “mira a renderle strutture in grado di erogare servizi sanitari territoriali, per coprire maggiormente la gamma di servizi sanitari offerta alla popolazione di queste aree marginalizzate. Le farmacie, quindi, potranno rafforzare ruolo e funzione”.

Infine il capitolo dedicato all’Inclusione prevede anche la riqualificazione e valorizzazione di almeno 200 beni confiscati alla criminalità organizzata, così come stanzia per lo Sport un miliardo di euro per due linee di investimento che riguardano il potenziamento delle infrastrutture sportive nelle scuole (300 milioni) e la creazione di impianti sportivi e parchi attrezzati (700 milioni). A questo scopo, i fondi stanziati serviranno a colmare la carenza di strutture e attrezzature sportive negli edifici scolastici, attraverso la costruzione e la ristrutturazione, potenzialmente, di oltre 400 edifici da destinare a palestre o strutture sportive.

 

Dopo il disastro Covid, dovuto anche alla mancanza di una Sanità territoriale, la cifra destinata al settore appare ben misera cosa, 15,63 miliardi di euro. Basti pensare che il sistema Sanitario italiano ha subito, solo negli ultimi 10 anni, tagli per 37 miliardi di euro. Non a caso i dati Ocse del 2019 dimostrano che l'Italia si attesta sotto la media europea, sia per la spesa sanitaria totale, sia per quella pubblica.

Nel capitolo del PNRR dedicato alla Sanità si parla di Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale, innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario nazionale.

E’ prevista l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove. Il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2 miliardi di euro, strumento attraverso il quale coordinare tutti i servizi offerti, in particolare ai malati cronici.

Le abitazioni privata di ognuno diventano “primo luogo di cura e telemedicina”: “l'investimento mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10% della popolazione di età superiore ai 65 anni”.

Per questo motivo si è progettato di attivare 602 Centrali Operative Territoriali (COT), una in ogni distretto, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l'interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza e utilizzare la telemedicina per supportare al meglio i pazienti con malattie croniche. Il fabbisogno di risorse per la realizzazione di questo investimento è stimato in 4 miliardi di euro, di cui 2,72 miliardi connessi ai costi derivanti dal servire un numero crescente di pazienti, 0,28 miliardi per l'istituzione delle COT e 1 miliardo per la telemedicina.

Si parla anche si rafforzamento dell’assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture (Ospedali di Comunità) struttura, di norma dotata di 20 posti letto (fino ad un massimo di 40 posti letto) e a gestione prevalentemente infermieristica. L’investimento si concretizzerà nella realizzazione di 381 Ospedali di Comunità: 1 miliardo di euro disponibili.

Poi è previsto un ammodernamento del parco tecnologico e digitale ospedaliero. Le infrastrutture tecnologiche e digitali ospedaliere presentano “un significativo grado di obsolescenza e risultano carenti in molte strutture”. “TAC, risonanze magnetiche, Acceleratori Lineari, Sistema Radiologico Fisso, Angiografi, Gamma Camera, Gamma Camera/TAC, Mammografi, Ecotomografi)” sono “caratterizzate da una vetustà maggiore di 5 anni, sia con interventi finalizzati al potenziamento del livello di digitalizzazione di 280 strutture sanitarie sede di Dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) di I e II livello”.

Si parla di una spesa di 1,19 miliardi di euro per la sostituzione delle apparecchiature sanitarie. Tali spese riguardano circa 0,60 miliardi destinati alla sostituzione di 1.568 apparecchiature entro il terzo trimestre del 2023, e altri circa 0,60 miliardi per la sostituzione delle restanti 1.565 apparecchiature entro la fine del 2024. 1,45 miliardi di euro sono dedicati alla digitalizzazione dei DEA (le strutture dei Pronto Soccorso e area connesse) di I e II livello (di cui 1,09 miliardi destinati alla digitalizzazione di 210 strutture entro il primo trimestre del 2024 e 0,36 miliardi per la digitalizzazione di altre 70 strutture entro la fine del 2025).

Una spesa complessiva pari a 1,41 miliardi di euro entro il secondo semestre del 2026 è prevista per il rinnovamento della dotazione esistente di posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva. Si parla di “potenziamento della dotazione di posti letto di terapia intensiva (+3.500 posti letto per garantire lo standard di 0,14 posti letto di terapia intensiva per 1.000 abitanti) e semi-intensiva (+4.225 posti letto); il consolidamento della separazione dei percorsi all’interno del pronto soccorso; l’incremento del numero di mezzi per i trasporti secondari”. Quadro che non cambia la nostra posizione di fanalino di coda nel numero di posti letto in Europa (23esimi su 29 Paesi) e terapie intensive (19esimi su 29).

Infine viene trattato il potenziamento dei LEA, livelli essenziali di assistenza, per 0,29 miliardi di euro, gli investimenti nella ricerca biomedica del SSN (anche se non si citano cifre specifiche) e di un piano straordinario di formazione sulle infezioni ospedaliere (con circa 150.000 partecipanti entro la fine del 2024 e circa 140.000 entro metà 2026)

 

...fine quarta parte

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