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Politica
Governo, Draghi rischia sulle armi a Kiev. Terremoto al Senato. Ipotesi crisi

Zelensky alla Camera, la verità sulle assenze. Draghi, spinto dal Pd, non torna indietro su nuove armi a Kiev


Tra 300 e 350 parlamentari assenti ieri a Montecitorio in occasione dell'intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. A far scoppiare la polemica politica è stato Enrico Letta, segretario del Pd, denunciando l'eccessivo numero di filo-Putin tra deputati e senatori. Tra gli assenti i quattro parlamentari di Italexit - Gianluigi Paragone, William De Vecchis, Mario Giarrusso e Carlo Martelli - e,'certificati' anche l'ex M5s Lannutti ("io assente, l'invio di armi prolunga il massacro del popolo ucraino", le sue parole) e l'ex M5s Bianca Laura Granato.

Assente anche il leghista Simone Pillon, impegnato all'estero e il pentastellato Gianluca Ferrara, capogruppo M5s in Commissione Esteri al Senato, a Doha per una visita istituzionale. Assente, annunciato, l'azzurro Matteo Dall'Osso (ex M5s). Assente anche il presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, Vito Petrocelli, sul quale è scoppiata la bufera dopo le sue parole sulla necessità che il Movimento lasci il governo perché "interventista". Come noto, anche gli ex grillini di Alternativa hanno disertato l'appuntamento con il presidente ucraino.

Ma che cosa è successo davvero alla Camera? Fonti qualificate spiegano ad Affaritaliani.it che le vere assenze "politiche", ovvero di coloro che non erano presenti in particolare perché contrari al sostegno militare a Kiev, sono stati circa cento. Gli altri non erano presenti o perché impegnati in missione (come il ministro Giancarlo Giorgetti) o perché temevano il super-affollamento con mille persone nell'emiciclo (tanto che il deputato del Pd Emanuele Fiano, presente ieri a Montecitorio, a sera ha scoperto di essere positivo al Covid, anche se non è detto che il contagio sia avvenuto alla Camera).

Di questi cento assenti "politici" 35 sono di Alternativa, tra deputati e senatori, poi ci sono singoli parlamentari dei gruppi minori, ma la stragrande maggioranza del dissenso viene da senatori di 5 Stelle e Lega. Lì, come spiega bene chi era presente in Aula, è arrivato il grosso delle assenze. "Qui il problema non è più Petrocelli, ma Conte e Salvini", spiega un senatore Dem di lungo corso. Il leader della Lega ha affermato che fatica ad applaudire quando si parla di inviare armi all'Ucraina, molto scettico anche l'ex premier pentastellato.

Considerando l'impegno forte e deciso di Draghi di mandare altri aiuti (ieri a Montecitorio ha fatto un discorso durissimo contro il presidente Putin e le azioni del Cremlino), anche militari, a Kiev si apre un fronte interno alla maggioranza. Non appena il governo deciderà il nuovo invio di armi a Zelensky, e su questo il Pd, i centristi renziani e lo stesso presidente del Consiglio non tornano assolutamente indietro, si aprirà un pericoloso dibattito tra i partiti che sostengono l'esecutivo. Visti i numeri in Parlamento, c'è il fortissimo rischio che a Palazzo Madama il provvedimento non passi con conseguenze che potrebbero portare addirittura alla crisi di governo e alle dimissioni di Draghi.

"Senza Lega e M5S, nonostante l'appoggio di Fratelli d'Italia, al Senato non passa", osserva una fonte di Italia Viva. La speranza di Palazzo Chigi è che Carroccio e 5 Stelle (anche se certamente ci saranno defezioni) si turino il naso e votino a favore per evitare una drammatica crisi politica nel bel mezzo della più grave situazione internazionale dal Dopoguerra a oggi, ma il rischio concreto c'è tutto. 

 

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