Politica
Centrosinistra a pezzi (diviso in cinque parti) su Ucraina e politica estera. "Irritazione" del Quirinale per la posizione troppo a sinistra del Pd
Consiglio europeo, cinque risoluzione delle minoranze

Il Centrodestra invece trova sempre compattezza
L'aula del Senato ha approvato la risoluzione proposta dai gruppi di maggioranza sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del prossimo Consiglio europeo. A favore 104 senatori, 63 contrari e uno si è astenuto. Approvata anche quella di Azione su cui il governo aveva dato parere favorevole chiedendo di modificare alcune parti, su premesse e impegni, che sono state effettivamente riformulate. Il documento ha quindi avuto voti 107 sì, 26 no e 34 astensioni. Con il voto favorevole delle due risoluzioni sono di fatto decadute le altre 4 presentate da Pd, Avs, M5s e Italia viva su cui il governo aveva dato parere contrario.
Il campo largo (Azione di Carlo Calenda escluso) che ha festeggiato dieci giorni fa la riconferma di Eugenio Giani alle elezioni regionali in Toscana è andato in frantumi, per l'ennesima volta, sulla politica estera. Comunicazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni prima al Senato (con il viceprremier Matteo Salvini seduto accanto a Meloni come segno di unità dell'esecutivo su un tema difficile come la guerra Ucraia-Russia) e poi alla Camera in vista del vertice a Bruxelles tra i 27 dell'Unione europea in particolare sul conflitto in Ucraina, risultato: cinque differenti risoluzioni presentate dalle opposizioni.
Si va dal Partito Democratico che cerca di non rompere con i Socialdemocratici europei, pur criticando l'appiattimento del governo e della premier su Donald Trump, alle risoluzioni del Movimento 5 Stelle di Alleanza Verdi Sinistra che chiedono lo stop alla fornitura di armi all'Ucraina. Il tutto mentre Azione e Italia Viva confermano il loro pieno sostegno a Kiev e al presidente Zelensky. Non solo. Il Pd non ha nemmeno votato la risoluzione dei pentastellati.
Una maionese impazzita. Il Centrodestra, nonostante palesi divisioni, riesce sempre a presentarsi compatta (e su alcune parti della propria risoluzione sono arrivati voti anche da Azione), il Centrosinistra invece è totalmente incapace di avere una posizione comune in politica estera. In molti nella minoranza del Pd danno la colpa a Elly Schlein e al suo tentativo estremo di schiacciarsi sul M5S di Giuseppe Conte e sulla Cgil di Maurizio Landini.
Una posizione, come si è visto con le violenze legate alle manifestazioni pro-Pal, che non porta voti ma ottiene solo il risultato di dividere il fronte delle opposizioni. Fonti qualificate spiegano ad Affaritaliani che anche il Presidente Sergio Mattarella, ex Margherita e quindi ex democratico, sarebbe "irritato" per questa frammentazione delle opposizioni e per una linea che stona con il mainstream europeo che, malgrado le divergenze tra Forza Italia e Lega.
Meloni riesce a conservare. Ed è per questo che un'eventuale sconfitta alle elezioni regionali del 23-24 novembre di Roberto Fico, ex presidente della Camera dei 5 Stelle, in Campania sarebbe detonatore dell'implosione del Partito Democratico.
A quel punto anche Dario Franceschini, molto vicino al Quirinale, chiederebbe le dimissioni della segretaria e un nuovo congresso con nuove primarie. In pole position c'è sempre la sindaca di Genova Silvia Salis, anche se non viene esclusa la carta Paolo Gentiloni, vicinissimo a Conte e apprezzato anche da Matteo Renzi. Non c'è niente da fare, appena la politica estera si palesa in Parlamento le spaccature nel Centrosinistra esplodono in modo clamoroso.
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