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Politica
Pietro Barbieri candidato a Roma, scelta per i più deboli
Pietro Barbieri
Lapresse

Pietro Vittorio Barbieri. Corri per l’Assemblea Capitolina con il PD e per Gualtieri sindaco. E viene da chiedersi: chi te lo fa fare, perché?

Ho avuto la fortuna e ho voluto ricoprire ruoli che mi consentissero di girare l’Italia, l’Europa e il mondo, di raccogliere sfide impegnative e di confrontarmi con competenze culture, esperienze che non conoscevo. Devo essere riconoscente principalmente a Roma di avermi offerto queste opportunità e alla mia città elettiva – ci abito da 40 anni – vorrei restituire almeno in parte ciò che mi ha dato. A questo si aggiunga una passione politica e un impegno civile che ritengo permeanti della mia vita.

 

Quanto incide la tua personale condizione in questo impegno pluridecennale?

Impossibile definirne il peso. Ero uno studente di architettura quando ho avuto l’incidente che mi fa vivere la disabilità anche oggi. Ero già impegnato in politica, fin dal liceo, nelle occupazioni e nelle manifestazioni contro l’installazione dei missili Cruise in Sicilia. La nuova condizione mi imponeva un punto di vista diverso anche nella militanza. Ho scoperto l’arretratezza italiana in alcuni campi sanitari, che poi oggi abbiamo pagato con la pandemia. Ho scoperto che cos’è la discriminazione che subiscono alcuni gruppi sociali. Ho scoperto che tutto ciò porta all’emarginazione e talvolta anche alla violenza gratuita. Ho scoperto però la ricchezza dell’impegno civico delle persone. Ho scoperto che è un importante veicolo politico che va sotto il nome di partecipazione. Sono tutti elementi che riporto nel mio impegno attuale.

pietro barbieri
 

Il tuo è un nome noto nell’ambito del terzo settore, nel movimento delle persone con disabilità, ma anche come animatore di reti. Non sarà un’esperienza parziale?

Ogni esperienza è parziale. I risultati si raggiungono in gruppo, in rete, ricercando il dialogo e sapendo giungere a sintesi congruenti e sostenibili. E sono assai orgoglioso di questa “parzialità” e del percorso che l’ha costruita. Sono stato un dirigente dell’Associazione Paraplegici di Roma e del Lazio e più tardi della Faip, la federazione delle associazioni italiane dei paratetraplegici. Ho contribuito alla fondazione della FISH, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap di cui per 18 anni sono stato il presidente, lasciando quella carica per assumere l’impegno di portavoce del Forum del Terzo Settore. Da quest’ultima esperienza deriva la mia presenza nel Comitato Economico Sociale Europeo (CESE) l’organo UE di rappresentanza dell’intera società civile, datori di lavoro, sindacati, riuniti nel Gruppo Diversity Europe di cui sono vicepresidente. Il Comitato esprime pareri obbligatori su ogni direttiva della Commissione Europea, spesso operando con il Parlamento Europeo. Ed è proprio in questa veste che ho apprezzato direttamente la competenza di Roberto Gualtieri.

 

Ecco, appunto arriviamo a Gualtieri e al suo programma. Quali sono gli elementi che ritiene più convincenti e vincenti nel suo programma?

In ordine sparso. Mi convince lo sguardo europeo del candidato e del programma: non ne avevo dubbi avendo conosciuto Gualtieri in azione a Bruxelles.

Altro elemento trainante e condivisibile è il credere profondamente nelle capacità poco valorizzate finora della città e volerci investire, oggi più che mai anche grazie alle risorse e agli intenti del PNRR. La volontà di sbloccare, incentivare, valorizzare il “saper fare” delle nostre comunità, dei nostri territori, delle nostre organizzazioni e reti è centrale. Un esempio per tutti: la centralità restituita alla coprogettazione e coprogrammazione, al mondo del terzo settore. Ma non è una delega al privato, anche se privato sociale. Si riconosce l’importanza di una macchina organizzativa moderna, capace, aggiornata oltre che ancora più prossima ai cittadini.

E poi convince e trascina la scelta chiara sulle disabilità con una visione incentrata sulla vita indipendente, sui percorsi di autonomia, sul supporto alla domiciliarità, all’abitare sociale significativamente integrato con le comunità di riferimento.

 

Un ultima domanda: come immagina la Roma di domani? E quali scenari invece teme?

Constatando la progressiva marginalizzazione di Roma in termini culturali ed economici, immagino una città che riprende il suo ruolo centrale in Italia e in Europa e questo per sé  e per i suoi cittadini e per qualsiasi altro cittadino del mondo. Mi piace immaginare che lo faccia interpretando le tre chiavi europee: rivoluzione green, digitalizzazione e inclusione sociale. Voglio credere che in futuro, con decisa progressione, si sottragga il terreno alle mafie anche attraverso il sostegno all’impegno civico singolo e associato dei cittadini.

E ancora, una città che incentivi lo sviluppo di opportunità di lavoro dignitoso ed equo per tutte e tutti, anche nell’economia sociale.

Immagino una città che sia davvero di tutti, che si fa carico di tutte le marginalità sociali e delle diseguaglianze, della casa davvero per tutti, delle opportunità profittabili in modo pienamente accessibile a prescindere dalle condizioni personali, economiche, di provenienza. Una città insomma che garantisca i diritti sociali, non più concessioni ma livelli essenziali di diritto di cittadinanza. Nella Roma di domani l’impegno civico dei cittadini andrà sostenuto anche mettendo a disposizione il proprio patrimonio edilizio, di parchi e terreni in una logica di rigenerazione morale oltre che urbana.

Gli scenari foschi preferisco non prefigurarli. Mi basta l’attualità.

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