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Politica
Prescrizione, via libera alla Camera alla riforma di FI

Prescrizione, arriva il primo sì dalla Camera alla riforma

La riforma della prescrizione è stata approvata alla Camera con 173 sì e 79 no. Ora il testo passa in Senato. Il provvedimento prevede una nuova sospensione della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado, per un massimo di due anni, e dopo la sentenza di appello che conferma la condanna di primo grado per un massimo di un anno.

La maggioranza ha respinto gli emendamenti presentati dal Pd alla proposta di legge esaminata dell’Aula della Camera. L’opposizione ha invece votato tutta compatta a favore. Il relatore Enrico Costa, esponente di Azione, si era opposto anche alla richiesta di accantonamento delle proposte di modifica arrivata dai parlamentari dem. Tra gli emendamenti respinti anche una proposta del Movimento 5 stelle che di fatto “recepisce la richiesta del ministro Guardasigilli Carlo Nordio di far decorrere il tempo della prescrizione dal giorno dell’iscrizione della notizia di reato” e non più dal momento della commissione del fatto.

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Prescrizione, ecco come funziona la riforma

La riforma discussa in aula è il risultato dell’unificazione di quattro proposte. Prevede di riformare la prescrizione, tornando a un meccanismo simile a quello della riforma di Andrea Orlando, in vigore dall’agosto 2017 alla fine del 2019: il tempo di estinzione del reato rimane sospeso per un tempo non superiore a due anni in primo grado e per un tempo non superiore a un anno in Appello. La norma varata dall’allora guardasigilli del governo di Matteo Renzi prevedeva invece uno stop di 18 mesi. Il periodo di stop è comunque computato ai fini della prescrizione nel caso di superamento dei termini di sospensione previsti per la pronuncia della sentenza di impugnazione, proscioglimento dell’imputato o di annullamento della sentenza di condanna.

Si tratta del quarto intervento legislativo in sette anni in tema di precrizione. Dopo la Orlando nel 2017, infatti, era stata varata la riforma di Alfonso Bonafede nel 2019: bloccava la corsa del termine di estinzione del reato alla sentenza di primo grado. Poi era arrivata Marta Cartabia che aveva introdotto il meccanismo dell’improcedibilità: in pratica il processo si blocca se non si conclude entro due anni in Appello e dodici mesi in Cassazione.

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