Renzi si dimette se le elezioni vanno male per il Pd. Tutta la verità
Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Il presidente del Consiglio attende con ansia i risultati delle elezioni regionali e comunali di questa domenica. Man mano che si sono avvicinate le urne il premier-segretario ha abbassato l'asticella. Dalla vittoria 7 a 0 di qualche mese fa è passato prima al 6 a 1 e poi addirittura al 4 a 3. Segno tangibile ed evidente che, come Affaritaliani.it scrive da settimane, le previsioni al Nazareno e a Palazzo Chigi sono tutt'altro che positive. Il 7 a 0 ormai viene escluso, anche perché pare che perfino nel Pd diano alemno dieci punti di vantaggio per Luca Zaia su Alessandra Moretti in Veneto.
Restano tre certezze a Renzi: la Toscana, le Marche e la Puglia. In queste tre Regioni la vittoria non sembra in discussione. Ma in Liguria e in Campania la situazione è confusa e complicata e specie in Liguria, l'"Ohio" del leader dem, potrebbero esserci colpi di scena inattesi. Se Caldoro e Toti dovessero avere la meglio su De Luca e Paita per Renzi si metterebbe davvero male. Quantomeno un rimpasto sarebbe inevitabile e un'apertura alla minoranza interna su scuola e riforme istituzionali. C'è l'Umbria, dove il successo anche se di misura del Pd non è più così scontato come lo era un mese. Il 'worst case scenario' ipotizzato al Nazareno contempla una sconfitta 4 a 3 con l'Umbria di poco al Centrodestra, guidato dal popolare sindaco di Assisi Claudio Ricci. Se davvero fosse queste il risultato, fonti renziane e della sinistra Pd confermano ad Affari che le dimissioni del segretario da premier sarebbe molto probabili.
A quel punto Renzi vorrebbe evitare di consegnarsi alla sinistra dem e di dover scegliere continuamente a compromessi, meglio - dicono i rumor - giocarsi tutto alle Politiche (convinto che finirebbero diversamente dalle Regionali) per annientare una volta per tutte le minoranze dem. E' evidente che non si può votare in agosto e quindi servirebbe un esecutivo del Presidente, ovvero garantito da Sergio Mattarella, con l'unico compito di modificare la nuova legge elettorale e renderla valida anche per Palazzo Madama per poi tornare alle urne in autunno o a febbraio-marzo del 2016. Il premier di transizione potrebbe essere Piero Grasso, presidente del Senato, mentre Laura Boldrini avrebbe chance soltanto nel caso di un'improbabile asse sinistra Pd-M5S-Sel che però difficilmente avrebbe i numeri in Parlamento.