Politica
Il referendum "trivella" Renzi. Ora il Pd rischia di esplodere

Di Alberto Maggi (@AlbertoMaggi74)
Un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Matteo Renzi - già in difficoltà per il caso Etruria, per i sondaggi negativi, per le polemiche sull'immigrazione, per lo scontro (sia interno sia con Alfano) sulle unioni civili e per la lite continua con l'Unione europea - ora deve anche affrontare il referendum sulle trivelle ammesso dalla Corte Costituzionale. Il presidente della Puglia, Michele Emiliano (Pd), ha già messo le mani avanti invitando il governo a non fare una norma "ammazza-referendum", cioè una modifica anche parziale della legge che provichi l'annullamento del ricorso alle urne. E' vero che dal punto di vista dell'opinione pubblica forse il tema delle trivelle non è sentitissimo, ma il premier è molto preoccupato per le spaccature che ci saranno nel suo partito.
A parte Emiliano, che già nelle scorse settimane aveva duramente polemizzato su questo argomento con Palazzo Chigi, il rischio è quello di una ulteriore frattura dolorosissima per il Pd. "Il partito va in mille pezzi su questa cosa", ammette un parlamentare renziano (ma non della strettissima cerchia) a microfono spento. La sinistra interna e l'ala ambientalista dem (e non solo) cavalcheranno il sì al referendum, che diventerà inevitabilmente una battaglia politica contro l'esecutivo. E quindi contro il premier. A questo punto la strada per Renzi non è più tortuosa, è diventata quasi sbarrata.
Alle Amministrative di giugno si rischia di assistere al flop del Pd (non solo a Roma) e ora il referendum sulle trivelle potrebbe ulteriormente appannare l'immagine del presidente del Consiglio. Il tutto - comprese le fratture sul ddl Cirinnà, il caso Etruria e lo scontro con l'Ue e la Germania - rischia seriamente di condizionare negativamente la battaglia delle battaglie, ovvero il referendum costituzionale del prossimo autunno. Renzi - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - farà di tutto per cercare di stoppare il referendum sulle trivelle, con una modifica in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento, non tanto perché tiene tiene particolarmente a questo provvedimento, ma perché teme che la propabile frantumazione del Pd sull'ambiente metta in serio pericolo il via libera popolare al ddl Boschi.
E se il premier perdesse sulle riforme istituzionali, come ha promesso più volte, sarebbe costretto a lascere non solo la guida del Paese e del Pd, ma anche la vita politica. Ecco perché l'appuntamento con le urne sulle trivelle diventa un caso politico enorme e potenzialmente molto pericoloso per la tenuta stessa della maggioranza. Ma modificare la legge per evitare il referendum, che si dovrebbe tenere in estate (difficile l'abbinamento con le Amministrative, ovviamente il premier farà di tutto per evitarlo favorendo così l'astensione), non sarà facile, specie al Senato dove Renzi ha numeri molto risicati.
Una cosa è certa, il 19 gennaio 2016 verrà ricordato come un giorno nero per il leader democratico. Nuovo tonfo delle banche in Borsa, ennesima manifestazione dei risparmiatori furiosi con il governo, schiaffo dei popolari europei (ben più doloroso di quello di Juncker) e poi la Spada di Damocle del referendum sulle trivelle che, inevitabilmente, trivellerà ulteriormente un Pd già diviso. Renzi ci ha abituati sempre a uno scatto di reni e la sua capacità mediatica, come sul tema dei cosiddetti "furbetti del cartellino", è indubbia. Stavolta, però, i fronti aperti iniziano ad essere tanti. E certamente a Palazzo Chigi avrebbero preferito un bel no della Consulta al referendum sulle trivelle. Ma anche in politica non tutte le ciambelle escono col buco...