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Politica
Terrorismo, da Mattarella belle parole ma Bergamin non andrà mai in cella
Luigi Bergamini a sinistra, Cesare Battisti a destra

Domenica scorsa, Sergio Mattarella ha detto: "Il dolore per i delitti dei terroristi non si prescrive. E ci chiede, oggi, di proseguire, con costante determinazione, la strada per la verità e la trasparenza. Perché tante sono le pagine ancora da ricostruire”.

La Corte d’Assise di Milano, tuttavia, ha dichiarato estinta, per intervenuta prescrizione, la pena a 16 anni, 11 mesi e un giorno, che avrebbe dovuto scontare Luigi Bergamin, 72 anni, ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo (Pac), costituitosi lo scorso 29 aprile in Francia, un giorno dopo l’arresto di sette ex membri spietati di organizzazioni estremiste di sinistra.

Neppure un giorno in cella, dunque, per Bergamin, benché stangato dalla Corte d’Appello di Milano, con sentenza passata in giudicato l’8 aprile 1991, a 23 anni di reclusione, per i reati di banda armata, istigazione alla commissione di attentati contro l'integrità dello Stato e gli omicidi aggravati del maresciallo degli Agenti di Custodia, Antonio Santoro, a Udine il 6 giugno 1978, e  dell'agente della Digos di Milano, Andrea Campagna, nel capoluogo lombardo, il 19 aprile 1979, in concorso con Cesare Battisti, in cella da 3 anni, dopo 40 di indisturbata latitanza, a Parigi e in Brasile del “compagno”Lula.

“Stiamo parlando di persone, che volevano sovvertire lo Stato. Vedere che, dopo 30 anni, non ci sia più l’interesse dello Stato a eseguire la pena – ha sostenuto Maurizio Campagna, fratello dell’agente ucciso – mi sembra un controsenso. Le vittime erano servitori dello Stato che, quindi, avrebbe dovuto, quanto meno, tutelarli per il loro sacrificio estremo”. 

 

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