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Politica
Toscana e Puglia, l'analisi del voto. Ecco perché il Centrosinistra vince
(fonte IPA)

A cura di Alessandro Amadori

Benché non ne siano ancora disponibili i risultati integrali, la tornata elettorale appena conclusasi consente già di fare delle interessanti considerazioni.  Partiamo dal referendum: che vincessero i “sì”, era considerato praticamente scontato. E infatti hanno vinto. Interessante, e meno scontata, è stata la partecipazione al voto, superiore al 50%. Segno forse appunto di una ritrovata voglia di partecipazione, dopo l’isolamento forzato del lockdown e nel clima di incertezza che caratterizza la nostra percezione del futuro.

Per quanto riguarda invece le regionali, come sappiamo è finita con un pareggio. Personalmente, ho sempre pensato che sarebbe appunto finita 3 a 3: davo per assegnate a centro-destra il Veneto e la Liguria, assegnate a centro-sinistra la Campania e la Toscana, e consideravo incerte le Marche e la Puglia. Le regioni “assegnate” si sono riconfermate tali; delle incerte, una è andata nettamente a centro-destra (le Marche) e una nettamente a centro-sinistra (la Puglia).

Come interpretare questi risultati? Il caso del Veneto è semplice: grande radicamento del centro-destra e della Lega in particolare, grande popolarità per il governatore Zaia, rafforzata dall’ottima gestione dell’emergenza Covid-19, nessun elemento dirompente nell’offerta alternativa. Il risultato era scontato. In Liguria, il governatore Toti da un lato ha capitalizzato una forte consonanza emotiva con la popolazione, originatasi per via della tragedia del ponte Morandi e delle successive gravi difficoltà logistiche della Liguria; dall’altro si è trovato di fronte un candidato comunque “di nicchia”, per via di una connotazione professionale e politica appunto “di nicchia”. Il risultato era prevedibile.

In Campania, per certi versi ritroviamo alcuni dei fattori agenti in Veneto. Un governatore forse meno amato, ma con una personalità forte e carismatica, che ha saputo a sua volta capitalizzare sulla gestione dell’emergenza Covid-19, affrontata con decisione e uno spirito quasi militare. I risultati lo hanno premiato.

La Toscana, che poi col progredire della campagna elettorale è sembrata sempre più incerta, in realtà  mostrava un livello di “citizen satisfaction” (ossia di soddisfazione dei cittadini) verso l’amministrazione uscente piuttosto elevato (superiore al 60%), che non faceva pensare a una voglia di cambiamento così intensa. Inoltre, anche in Toscana è avvenuto quel processo di mobilitazione del “popolo di centro-sinistra” che già in Emilia Romagna, a inizio anno, aveva dato i suoi frutti a favore della maggioranza uscente. L’esito si è ripetuto in Toscana, dove alla fine ha vinto appunto il centro-sinistra (sia pure con una percentuale lontanissima da quella delle precedenti elezioni regionali).

Rimangono Marche e Puglia. In Puglia, il presidente uscente Emiliano ha saputo connotarsi a sua volta come “personaggio”, anch’egli capitalizzando a proprio favore la gestione dell’emergenza Covid-19. Inoltre era appoggiato da numerose liste civiche, che tendono a venire sottostimate nei sondaggi, e che invece rappresentano un voto per così dire “granulare”, di micro-territorio, di “provincia”, che può fare la differenza. E che sicuramente ha appunto fatto la differenza (oltre al fatto che l’alternativa, rappresentata da Fitto, non offriva elementi di novità).

Restano le Marche, regione in qualche modo di transizione fra il modello emiliano-romagnolo, forte e consolidato anche e soprattutto sul piano economico, e un’Italia progressivamente meno forte a mano a mano che si scende verso Sud. Il governatore uscente, non ricandidatosi, non aveva particolari elementi di connotazione, ed evidentemente proprio la natura di regione-cerniera, in cerca forse anche di un nuovo modello, una nuova identità socio-economica, ha stimolato l’insorgere di un desiderio di cambiamento.  Evidentemente ben interpretato dal candidato Acquaroli, promosso nuovo governatore.

In definitiva, il popolo si è espresso, in funzione delle diverse esigenze, e delle specificità, di ciascun territorio. Con un’affluenza complessiva che, soprattutto tenendo conto del fatto che siamo ancora sotto Covid-19, è un buon segnale per la democrazia italiana.

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    elezioni regionali





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