Maxi-truffe Superbonus, tra aziende e “general contractor” fantasma

La Guardia di Finanza è intervenuta soprattutto nel Nord Italia sgominando vere organizzazioni criminali, con frodi allo Stato per decine di milioni di euro

di Eleonora Perego
Economia

Superbonus, dilagano le truffe tra aziende e "general contractor" fantasma. Il caso del Veneto

Superbonus 110%, Superbonus 90%, Bonus facciate e cessione dei crediti: un mondo, quello delle agevolazioni fiscali in ambito edilizio che sta piano piano facendo emergere i propri scheletri nell’armadio. L’Agenzia delle Entrate, ma soprattutto la Guardia di Finanza, già negli ultimi mesi del 2022 avevano intensificato i controlli, ma dopo l’ultimo “Decreto cessioni” hanno stretto ancora di più la morsa sulle truffe.

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Già, perché nell’intricato mondo delle ristrutturazioni si nascondono anche moltissime ditte "fantasma", aziende più o meno improvvisate per approfittare del boom del settore spinto dal sistema dei bonus. A essere colpito soprattutto il nord Italia, e a fare “scuola” è la regione Veneto dove, come riporta Adiconsum – nell’ultimo anno sono nate oltre mille imprese di costruzioni, la maggior parte senza alcun dipendente.

L’ultima maxi-frode è stata scoperta proprio dai Finanzieri del Comando Provinciale di Verona nell’ambito di un’operazione chiamata “Cantieri fantasma”, che ha portato al sequestro nei confronti di 13 società operanti in Italia e in Austria e di 14 persone fisiche. Una vera e propria compagine criminale, operante tra le altre a Verona, Vicenza, Padova, Brescia e Milano, che ha comunicato all’Agenzia delle Entrate crediti d’imposta inesistenti in relazione al bonus “facciate” per oltre 84 milioni di euro. Nello specifico, infatti, il beneficio consentiva la detrazione fiscale delle spese sostenute negli anni 2020 e 2021 nella misura del 90%, oppure la possibilità di cedere a terzi come credito d’imposta e, quindi, monetizzare, tale beneficio. All’esito delle indagini, è emerso che alcune delle società sono state costituite in piena emergenza pandemica e sono risultate prive di strutture e mezzi idonei per la realizzazione degli interventi edilizi oggetto di bonus.

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Inoltre la maggior parte delle persone fisiche che hanno ceduto il credito d’imposta non risultava proprietaria di alcun immobile; i lavori, mai eseguiti, sono stati dichiarati all’Agenzia delle Entrate riportando dati catastali artefatti, relativi a immobili inesistenti. I crediti d’imposta oggetto della frode, pari a oltre 84 milioni di euro, sono stati, quindi, sottoposti a sequestro: i sigilli giudiziari sono inoltre scattati su conti correnti, quote societarie e beni di lusso (tra cui una fiammante Rolls Royce, monete d’oro e altri oggetti preziosi).

Solo qualche mese fa, nel novembre 2022 conferma ad Affari il tenente colonnello Emanuele Camerota, sempre nel veronese era stata scoperta un’altra maxi-frode sui bonus “ristrutturazione” e “facciate”, con sequestri per oltre 20 milioni di euro. Anche in questo caso le Fiamme Gialle scaligere avevano individuato una vera e propria organizzazione criminale, composta da soggetti - tutti dichiaranti redditi modesti o nulli - che hanno comunicato all’Agenzia delle Entrate crediti d’imposta di fatto inesistenti per importi che superano i 15 milioni di euro. In questo caso, sempre per ostacolare il rintracciamento della provenienza, gli indagati avevano reimpiegato il denaro in attività economiche e imprenditoriali apparentemente lecite, come l’acquisto di un bar e di autoveicoli di lusso, nonché di numerosi fabbricati per il tramite di società immobiliari. Sono quindi scattati i “sigilli” giudiziari oltre che sui crediti d’imposta oggetto della frode anche su 30 immobili e su beni di lusso (tra cui una Porsche Cayenne).

Superbonus, continuano le maxi-truffe ai danni dello Stato per milioni di euro

Un meccanismo criminale, insomma, portato alla luce anche ieri, questa volta dalla Guardia di Finanza di Anagni, che ha sequestrato crediti d’imposta per 10,5 milioni di euro ad un consorzio d’imprese. L’indagine ha preso di mira gli incentivi statali percepiti dal consorzio attraverso i vari bonus per l’edilizia, consorzio che svolgeva funzioni di “general contractor”, cioè faceva da mediatore con le varie ditte chiamate a svolgere i singoli lavori. Sede legale in Basilicata, nei fatti era gestito da una persona che risultava priva di redditi; sviluppando le indagini sono stati individuati altri 26 cantieri edili avviati dal Consorzio per un totale di cento appartamenti a Roma, in Basilicata ed in Calabria. Gli accertamenti compiuti su tutti i 28 cantieri e presso l’Agenzia delle Entrate di Frosinone hanno portato ad accertare che attraverso i lavori edili finanziati con il Superbonus il consorzio ed aveva raggiunto un volume d’affari di circa 18 milioni di euro.

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