Nomine, ecco che cosa potrebbe succedere in Enel, Leonardo e Terna

Per Enel si pensa anche a una soluzione interna, promuovendo il Cfo Alberto De Paoli. Oppure guardando all'attuale ad di Iren Gian Vittorio Armani

di Marco Scotti
Giorgia Meloni, Alessandro Profumo, Starace, Descalzi, Antonio Donnarumma, Gian Vittorio Armani
Economia

Le nomine: Giorgia Meloni deve scegliere che cosa fare con Enel

Ora Giorgia Meloni non ha più scuse: deve gestire il dossier nomine e deve farlo in 42 giorni esatti. Pochi o tanti che siano, entro il 31 marzo il Mef dovrà consegnare i nomi per il rinnovo dei vertici. Che cosa dice il borsino? Che l'unico sicuro di rimanere al timone è Claudio Descalzi, manager 68enne che agli amici avrebbe confidato "se mi vogliono, io resto, altrimenti mi dedicherò ai miei cani". Per il resto si vive di sussurri e di immagini che il cerchio magico della premier ogni tanto proietta all'esterno. 

Gli analisti di Borsa potrebbero far emergere qualche sorpresa nella partita di Enel. Il ceo Francesco Starace è dato per molti in uscita. Sarà davvero così? È in effetti molto probabile, perché anche in questo caso i numeri cui si possono attaccare i suoi detrattori esistono: l'indebitamento lordo durante la sua gestione è aumentato di 45 miliardi in nove anni. Eppure, anche in questo caso si può leggere la realtà in modo differente: l'aumento della mole di debiti è stata necessaria per finanziare le acquisizioni di Endesa e di Erg Hydro, ma anche per portare avanti la transizione Green e la digitalizzazione delle reti. 

Presentando il bilancio 2022, Starace stesso ha posto l'accento sulla riduzione del debito, già avviata con un taglio di 9 miliardi nel quarto trimestre dell'anno e con un piano di miglioramento della posizione che ha convinto gli analisti. Un esperto contattato da Affaritaliani.it ha anche scherzato sulla vicenda: "È come se in questo momento a Starace venisse fatto pesare di avere una rata troppo alta del mutuo, ma ci si dimentica che Enel ha guadagnato un sacco di soldi e che quindi quella rata è più che sostenibile". In realtà, ci sono altre due vicende che non sono piaciute del manager: la prima la gestione di Open Fiber.

In quel caso si è accusato Starace di aver tirato troppo sui tempi per la cessione del 50% in capo a Enel, ritardando la possibile rete unica (che però è ancora ben lontana da arrivare), dimenticando che he permesso allo Stato di ottenere una interessante plusvalenza. E poi c'è il dossier Russia: il fratello di Starace, Giorgio, è ambasciatore a Mosca e in molti non hanno apprezzato le sue posizioni troppo morbide all'inizio del conflitto. Visto che la premier ha l'urgenza di mostrarsi "più atlantista degli Usa" è facile pensare che anche questo possa essere un argomento contro il manager.

Nomine, Meloni: "Nessuno deve tirarmi per la giacchetta"

Giorgia Meloni, in una recente intervista al Sole 24 Ore, ha spiegato quale sarà la linea che userà per gestire le nomine: al direttore Tamburini che le chiedeva conto delle scelte che dovranno essere fatte, la premier ha risposto in modo netto. "Vogliamo premiare le competenze migliori - ha dichiarato -, valutando i risultati pregressi conseguiti e scegliendo le persone più adeguate ad assicurare il miglior funzionamento delle nostre aziende. Saranno, inoltre, pienamente garantite le ovvie e indefettibili esigenze di adeguatezza delle persone rispetto agli incarichi. Per il governo contano le competenze, non le provenienze. Le persone che saranno nominate svolgeranno ruoli di guida e di controllo, talvolta cruciali, e dovranno assicurare elevata competenza, indipendenza e terzietà. Chi mi conosce sa che non sono una persona che si fa tirare per la giacchetta e che non apprezzo chi prova a farlo".

Enel, possibile la soluzione interna 

Il messaggio sempre più indirizzato a chi cerca costantemente di far emergere il proprio nome più che a chi cerca di far disperdere la nebbia. Si prenda Antonio Donnarumma, manager assai stimato al timone di Terna (e prima ancora di Acea). In molti lo danno per sicuro successore di Starace, ma qualcuno inizia a dubitare: così come è successo con le Agenzie fiscali o con la direzione generale del Mef, il governo ha abituato ad alcune sorprese. E il fatto che Donnarumma abbia partecipato ad Atreju nel 2021 sembra un po' poco per assicurargli la poltrona in Enel. Qualcuno ha iniziato a bisbigliare che si potrebbe pensare anche a una soluzione interna, magari promuovendo l'attuale cfo Alberto De Paoli.

Una scelta che permetterebbe di salvare "capra e cavoli" come si suol dire. Si rimuoverebbe un manager su cui si sono addensati troppi mugugni e, al tempo stesso, lo si sostituirebbe con una persona che ha costruito e assecondato la strategia di Enel in ambito Green (ultimo in ordine di tempo l'ampliamento dello stabilimento 3Sun a Catania). Una soluzione già avvenuta nel 2005 quando Paolo Scaroni lasciò la stessa Enel per accasarsi in Eni e venne sostituito dal suo Cfo Fulvio Conti. 

Un manager di primissimo livello ha riferito ad Affaritaliani.it che un altro candidato - per certi versi più qualificato di Donnarumma - potrebbe essere Gian Vittorio Armani, ingegnere, amministratore delegato di Iren, la multiutility torinese che garantisce i suoi servizi anche a Genova e Reggio Emilia. È al timone dal maggio del 2021 ed è stato scelto da un triumvirato composto dai sindaci delle tre città, tra l'altro di tre estrazioni politiche differenti: Marco Bucci per il capoluogo ligure è di centro-destra; Chiara Appendino per quello piemontese dei 5 Stelle; Luca Vecchi per quello emiliano è del Pd. Avrebbe le carte in regola per rispondere alle esigenze raccontate dalla Meloni nella sua intervista. 

Le altre partite per le nomine: Leonardo, Poste e Terna

Gli altri tasselli andranno sistemati a cascata. Alessandro Profumo dovrebbe ormai essere condannato a lasciare Leonardo, perché le sue ben note simpatie di sinistra e il dossier Mps rimangono un macigno troppo pesante da far digerire a un governo che, appena insediato, annunciava a tutti che avrebbe sostituito qualsiasi dirigente, prima di scontrarsi con la dura realtà dell'apparato nel senso più complesso del termine. Chi conosce bene il manager genovese lo racconta tranquillo, anche se non manca un pizzico di amarezza nel constatare che la sentenza d'appello per il processo Monte dei Paschi - in cui Profumo e l'allora amministratore delegato Fabrizio Viola sono stati condannati in primo grado a sei anni di reclusione per falso in bilancio - sia stato fissato proprio il 31 marzo. 

Di più: per lo stesso reato Giuseppe Mussari e Antonio Vigni (rispettivamente presidente e direttore generale di Mps prima del duo Viola-Profumo) sono stati assolti. Facile pensare quindi che la stessa sentenza venga applicata per l'ex numero uno di Unicredit che però vedrebbe confermata la sua innocenza solo a nomine già effettuate. Altra arma a favore dei suoi detrattori: in sei anni di gestione Profumo, il valore del titolo è sceso di oltre il 30%. E questo è un tema cui si aggrappano i detrattori del manager genovese, al di là delle sue simpatie per questa o quella parte politica. In molti però rispondono che l'attuale numero uno di Piazza Montegrappa abbia riportato gli investimenti in ricerca e sviluppo dopo che il suo predecessore, Mauro Moretti, si era concentrato su un piano di cessioni e riduzione dei costi che era piaciuto molto ai mercati, con un'impennata nel valore delle azioni.

Matteo Del Fante dovrebbe rimanere in Poste, a meno che non si decida di fermarlo un anno e poi affidargli Cassa Depositi e Prestiti, dove ci sarebbe più di una perplessità su Dario Scannapieco e la sua gestione, in particolare per quanto concerne la partita della rete. E ancora: se Donnarumma dovesse lasciare Terna, chi al suo posto? In questo caso si fa il nome di Giuseppe Lasco, condirettore generale di Poste. C'è infine un tema di enorme attualità: quello delle cosiddette quote rosa, termine orribile che però certifica l'esigenza di iniziare a introdurre in maniera sempre più convinta donne non soltanto nei ruoli di presidenti (come successo con Emma Marcegaglia in Eni o Lucia Calvosa sempre per il cane a sei zampe) ma anche in quello ben più strategico di amministratore - o amministratrice - delegato. Giorgia Meloni insegna che si può e si deve fare: è giunta l'ora?

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