L’alchimia – nella sua vocazione più autentica e originaria – è una forma di conoscenza, antesignana della chimica, che si prefigge la trasmutazione, tramite pratiche di laboratorio, di metalli vili in oro. Gli stessi autori ermetici affermano esplicitamente che ciò che dicono riguardo ai metalli, agli elementi, alle operazioni, non va inteso in senso letterale e materialistico. Si tratta ovviamente di una conoscenza simbolica, nella quale l’obiettivo finale è strettamente correlato a una trasformazione psicologica e spirituale del soggetto che si eleva attraverso la padronanza delle energie e della sapienza. Da molti secoli anche l’arte attinge a piene mani al repertorio iconografico alchemico, infatti la dottrina filosofico-esoterica fa largo uso di immagini simbolicamente suggestive ed evocative.
La figura dell’alchimista è stata più volte associata a quella dell’artista. Entrambi devono studiare precise tecniche, utilizzare strumenti e materiali adeguati, e realizzare, come prodotto ultimo, l’opera finale: una “Grande Opera”, espressione delle energie interiori insite nell’uomo. Come ricorda Aristotele nell’Etica Nicomachea, la poesis è un atto tipicamente creativo attribuibile all’uomo che rimanda necessariamente alla realizzazione di un manufatto. Nei primi anni dieci del Novecento, il palcoscenico compositivo e silenzioso delle opere metafisiche di Giorgio de Chirico potrebbe avere tratto ispirazione dalle illustrazioni alchemiche cinquecentesche. Infatti, questi elementi visivi legati alla simbologia ermetica, riaffiorano maggiormente nella serie dei “soli neri”. In uno di questi dipinti, Sole su cavalletto, il pittore- alchimista de Chirico realizza la grande opera d’arte: un aureo sole splende sul cavalletto di uno studio pittorico, mentre collegato a una spina elettrica, il “vero” sole, quello che si staglia nel cielo, è nero. È materia primigenia che attraversa tutte le fasi della lavorazione e che si purifica diventando oro luminoso.
Mimmo Paladino, Vasi ermetici
Tra i più iconografici artisti italiani che hanno attinto in maniera diretta e profonda all’immaginario simbolico, vi è sicuramente Lucio Del Pezzo. L’artista napoletano, già appartenente al gruppo 58, è famoso per i sui “casellari”, opere pittoriche o intarsi in legno dove - con uno stile pop e neodadaista - trovano spazio, in quadrati modulari, i più disparati simboli. Non solo figure primarie come quadrato, triangolo e cerchio, ma anche solidi platonici, obelischi, piramidi, occhi, simboli planetari. Va ricordato anche l’artista romano Marco Tirelli che rappresenta, nelle sue grandi tele dipinte a tempera e inchiostro, strumenti come alambicchi e storte, chiari simboli di trasmutazione.
Giorgio de Chirico, Sole su cavalletto
Ancora: l’arte arcaica di Mimmo Paladino ha accolto, in alcune sue opere, immagini e tematiche riconducibili all’alfabeto magico: si pensi alla serie dei “vasi ermetici”, vasi in terracotta esposti alla Galleria d'Arte Contemporanea Emilio Mazzoli di Modena nel 1994. In essi il concetto alchemico è duplice: il “vaso” diviene un luogo misterioso, in cui spirito e materia si trasmutano, ed “ermetico”, con un riferimento chiaro a Ermete Trismegisto e alle sue dottrine esoteriche, ossia destinate a pochi iniziati. Anche nelle sue sculture si possono ravvisare la presenza di sfere, squadre e solidi composti. Infine, sempre per quel che riguarda Paladino anche in ambito grafico le influenze sono molteplici: la serie delle incisioni Mathematica vede il soggetto principale (un alchimista? Pitagora? Paladino stesso?) operare con gli strumenti matematici, ma anche con recipienti, fiori, solidi, con costante riferimento alla duplicità e agli opposti. Paladino inoltre ha realizzato una serie di opere grafiche dedicate a Pinocchio, figura rappresentativa di iniziazione e trasformazione (in questo caso da burattino in legno a bambino reale).
Da parte sua Gillo Dorfles, critico d'arte, pittore e filosofo, fin dagli esordi nel 1948 col Movimento Arte Concreta, si è prefissato di rappresentare un’arte non figurativa, che sia espressione di energie interiori. Nel 2017 Dorfles inaugura la mostra dal titolo “Vitriol”, parola latina riferita al procedimento della grande opera, che significa «Visita l'interno della terra, operando con rettitudine troverai la pietra nascosta». Dorfles presentò una serie di opere a carattere astratto, che simboleggiano come le sensazioni sotterranee e intime possano rivelarsi.
Gino De Dominicis, senza titolo
Con lo stesso titolo Andrea Mastrovito ha realizzato, sulle pareti interne dello stabilimento farmaceutico Angelini di Ancona, una serie di murales. Alambicchi con germinazioni di piante, scienziati intenti a lavorare con macchine, figure con solidi composti al posto della testa, tutto un repertorio di immagini, in cui chimica e farmaceutica aspirano alla più elevata metafora del raggiungimento di un obiettivo alto, tramite lo studio e la dedizione. Nonostante Gino De Dominicis avesse dichiarato “Io non sono il Conte di Saint-Germain” - con riferimento all’alchimista francese alla corte di Luigi XV - numerose sono le opere dell’artista su temi esoterici. Se pur rifiutasse l’etichetta di artista concettuale, tra le tematiche della sua ricerca artistica troviamo l’invisibilità, l’immortalità e il superamento dell’entropia. Obiettivi ultraterreni realizzabili solo attraverso il mistico operare dell’artista-mago. Altre opere di De Dominicis rimandano ad un evocativo ricettario mistico: si va dalla Fondazione sumera di Roma, alle raffigurazioni spaziali di dèi e miti antichi fino alle eleganti opere su foglia d’oro.
Franco Losvizzero, La porta alchemica
Anche Franco Losvizzero attinge al repertorio della numerologia e dei simboli. Una delle sue opere più rappresentative dell’immaginario ermetico è una rielaborazione - tramite realtà aumentata - della Porta Alchemica di Roma, presso Villa Palombara, sul colle Esquilino. In essa un Bianconiglio antropomorfo dalle fattezze femminili, come Hermes psicopompo, varca l’ingresso, simbolo di passaggio tra mondo e realtà. L’opera fa parte di una serie di lavori esposti presso la Galleria Pio Monti di Roma. Titolo della mostra “11- La Porta Alchemica”, dove il numero 11 è il numero dell’elevazione tramite trasformazione.
Vettor Pisani, installazione mostra Carpe Diem
Tra gli artisti che hanno lavorato con tematiche affini ricordiamo, tra gli altri, Vettor Pisani. Le sue opere, le sue performance, e il lavoro su se stesso in piena body art sono saturi di riferimenti rosacrociani (i Rosacroce sono un ordine iniziatico, mistico e filosofico), massonici e alchemici. Chi invece realizzò la grande opera in senso “pratico” - anziché rappresentarla iconograficamente, come gli artisti precedenti – fu Piero Manzoni, con la sua famosa “Merda d’artista”. L’artista milanese, nel 1961, inscatolò le proprie feci in novanta barattoli da 30 grammi l’uno, vendendoli sul mercato al prezzo allora corrente dell’oro. Un barattolo oggi, con l’attuale quotazione dell’oro, avrebbe un valore netto di circa 1.500,00 euro. Provate invece ad immaginare quanto vale oggi un esemplare di “Merda d’artista” e capirete che l’alchimista Piero Manzoni ha veramente trasmutato la vile materia nera in oro.
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