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Coronavirus

In Puglia cresce la protesta di molte famiglie per la chiusura soprattutto delle scuole elementari. La Regione potrebbe rivedere questa decisione?
"Questa decisione, sofferta ma necessaria, serve a ridurre nell’immediato l’impatto della pandemia. Per il fatto stesso che si sta vicini diverse ore in comunità, le attività scolastiche in presenza rappresentano un rischio di diffusione virale come conferma la curva dei casi 6-18 anni registrata dal 24 settembre ad oggi. E’ ovvio che tali decisioni sono continuamente da rivedere sulla scorta del monitoraggio dell’epidemia".

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Che cosa state ipotizzando per venire incontro ai disagi delle famiglie con bambini piccoli che non possono restare a casa da soli quando i genitori sono al lavoro?
"L’ordinanza resta ferma, ma siamo al lavoro costantemente con l’Ufficio scolastico regionale per declinare al meglio le misure di prevenzione andando incontro alle esigenze delle famiglie e della didattica. Ad esempio si sta valutando caso per caso, secondo il prudente apprezzamento del dirigente di istituto, quando si possa concedere la didattica in presenza".

Quali sono gli ultimi dati sul Covid-19 in Puglia e quali sono le proiezioni per i prossimi giorni in termini di positivi e occupazione delle terapie intensive?
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In Puglia abbiamo superato la soglia dei 10mila casi attualmente positivi.Durante la Fase1, a marzo-aprile, avevamo appena superato la soglia dei 4mila. Anche se la quota di asintomatici e di pazienti con sintomi lievi è oggi maggiore rispetto alla prima ondata, comunque questi numeri cominciano ad esercitare una certa pressione sia sui servizi territoriali che sul sistema di assistenza ospedaliero. Le terapie intensive, ad esempio, sono oggi occupate al 19% da pazienti COVID19".  

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Crede che il lockdown nazionale sia ormai inevitabile? Totale come a marzo o soft come in Germania?
"Speriamo di non averne bisogno. Stiamo cercando di anticipare la crescita esponenziale dei contagi per tenere la situazione sotto controllo dal punto di vista sanitario. Il nostro lavoro è anticipare le mosse del virus, non inseguirle".

L'Italia si è fatta trovare completamente impreparata per la seconda ondata. Colpa del governo o delle Regioni?
"Non condivido affatto questa affermazione. Almeno nel campo della sanità. Da marzo ad oggi abbiamo lavorato senza sosta per adattare il sistema ad una possibile seconda ondata. E’ evidente che partiamo da un sistema che non era preparato per un evento simile, in Italia come nel resto del mondo. In nessun Paese del mondo occidentale abbiamo osservato una risposta efficace alla pandemia. Anzi, l’Italia ha dimostrato una capacità di reazione superiore alla media. Qualunque critica tranchant mi sembra davvero immeritata. Quando poi mi si dice che dopo la prima ondata avremmo potuto fare di più, rispondo che abbiamo assunto tutti i medici e gli infermieri che potevamo assumere e acquistato tutte le attrezzature che potessero servire. Esiste un limite fisico alla potenzialità di risposta di un sistema che è dato dalla disponibilità di risorse umane. Per fare un rianimatore servono 10 anni, non possiamo formarli in tre mesi".

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