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Cum Clave, il nuovo thriller che racconta gli intrighi del mondo diplomatico
Rebecca Bettarini - abito Chiara Boni - foto Dimitri Revenko 

Rebecca Bettarini, laureata in scienze politiche alla Luiss Guido Carli di Roma, dopo una carriera come manager in una importante azienda dello Stato italiano, è divenuta direttrice della Russian Imperial Foundation creata nel 2013 dal Granduca George Romanov, in occasione dei 400 anni dall'ascensione al trono della dinastia imperiale russa.

Rebecca Bettarini, figlia dellex ambasciatore italiano Roberto Bettarini – rappresentante diplomatico in Belgio e Lussemburgo - ma con una carriera che ha spaziato dallo Zaire, al Venezuela, all’Iraq in piena crisi del Golfo, all’Iran durante la rivoluzione, è laureata in scienze politiche all’Università Luiss Guido Carli di Roma. Dopo una carriera come manager in una importante azienda dello Stato italiano, è divenuta direttrice della Russian Imperial Foundation creata nel 2013 dal Granduca George Romanov, in occasione dei 400 anni dall'ascensione al trono della dinastia imperiale russa. 

La fondazione si occupa, attraverso attività di fundraising, di ricerche in ambito medico, sostegno alle associazioni che si occupano di bambini malati oncologici, di banca del cibo ed emergenze umanitarie.  Parallelamente a questa attività ha iniziato la carriera di scrittrice di thriller e spy stories. Nata da una famiglia cattolica romana, Rebecca Bettarini si è recentemente convertita alla Chiesa Ortodossa Russa aggiungendo il nome Victoria Romanovna al proprio. Parla correntemente italiano, inglese, francese russo, portoghese e spagnolo. I suoi libri, che possono essere acquistati online su Amazon, vengono pubblicati, oltre che in italiano, in varie lingue e tradotti proprio dalla stessa autrice.

Rebecca, intanto ci può spiegare perché ha scelto questi due nomi, Victoria Romanovna?

In russo il nome proprio è sempre associato ad un patronimico che è il nome del proprio padre. Non essendoci equivalenti del nome Roberto in russo abbiamo optato per un patronimico che fosse legato anche se vagamente al nome di mio padre Roberto. Romanovna è il patronimico declinato al femminile del nome Roman - in italiano Romano - ci è parso che potesse essere il più attinente viste anche le mie origini.

Lei scrive dei thriller ambientati nel mondo della diplomazia internazionale e dei capi di stato, un ambiente che conosce molto bene fin da piccola, essendo la figlia di un ambasciatore. Che vita è quella dei diplomatici?

Una vita ricca di privilegi ma anche di tanti sacrifici. Mio padre, ad esempio, nella sua carriera si è trovato spesso solo ed in situazioni estreme. Si pensi a quando si dovette occupare dell’evacuazione dei connazionali in Iraq a ridosso della Guerra del Golfo. Io e mia madre avevamo fatto rientro a Roma ed abbiamo vissuto dei mesi di forte angoscia in quanto all’epoca le telecomunicazioni non erano cosi diffuse come al giorno d’oggi. Per settimane non abbiamo avuto notizie mentre la situazione precipitava. Quello del diplomatico è un lavoro di grande responsabilità che coinvolge tutta la famiglia in quanto ci si deve trasferire ogni quattro anni in un luogo totalmente diverso, il che soprattutto per i figli significa imparare a conoscere il mondo e le sue incredibili differenze di cultura, mentalità e costumi. Si acquisisce un’apertura mentale davvero straordinaria, ma al contempo si è anche molto soli “sballottati” in giro per il mondo a confrontarsi ed integrarsi nel minor tempo possibile in una nuova realtà spesso completamente diversa da quella di origine.

Tra i Paesi in cui lei ha vissuto più a lungo c’è il Venezuela, un luogo negli ultimi anni molto discusso per le sue problematiche di natura economica e per la violazione di diritti umani.

Come ho scritto nel mio libro “La dea della bellezza” il Venezuela è un Paese paradisiaco. Infatti, insieme alla Colombia, è l’unico Paese del Sudamerica che ha accesso al meraviglioso mare dei Caraibi ed anche all’impressionante foresta amazzonica. Un connubio che ha dell’incredibile per la diversità dei due ambienti e che è all’origine della varietà di paesaggi, di fauna e flora che sono davvero unici. Il Venezuela, purtroppo, è un Paese dove la vita è molto difficile e nel quale si contrappongono miseria e ricchezze sconfinate. Quando noi ci siamo trasferiti a Caracas a seguito del fatto che mio padre venne nominato Console Generale, le disuguaglianze sociali erano già evidenti e la violenza era qualcosa che per noi europei era sconcertante, mentre per i locali era normale. La vita umana in se aveva un costo esiguo.  Appresi che la violenza è qualcosa alla quale ci si abitua: ci si impara a convivere. Anche perchè non c’e alternativa. Non si può vivere barricati in casa. La situazione è peggiorata con il Chavismo. Moltissimi dei miei compagni di scuola ed amici hanno abbandonato il Paese e si sono rifugiati altrove, in nazioni limitrofe o a Miami, la città che è un pò un faro per i venezuelani. Un’altra cosa che mi colpì molto di quegli anni in Venezuela era questa continua ricerca della bellezza. La bellezza in Venezuela è idolatrata ed osannata. La massima aspirazione per una bambina è diventare una Miss. Sicuramente la bellezza apre anche a ragazze che arrivano dal rancho ovvero dalle favelas, le porte della celebrità, del guadagno, e della rivalsa sociale. Da qui l’idea di avere come personaggio principale del mio libro “La dea della bellezza”, una miss Cecilia Mendoza, un personaggio di fantasia ovviamente, ma che ricalca perfettamente la mentalità di molte miss che ho avuto l’occasione di conoscere durante il mio soggiorno in Venezuela ed anche in seguito. Avendo infatti mantenuto relazioni con persone che sono sponsor dei concorsi di bellezza quale miss universo, anni dopo ho avuto il privilegio di accompagnare questi miei amici ai concorsi di bellezza, ed essendo loro sponsor o giudici di gara, ho potuto trascorrere intere giornate nel backstage del concorso stesso. Da li l’idea di scrivere qualcosa su ciò che avevo visto in prima persona. Le lotte fratricide, i manager, la chirurgia estetica. Il dietro le quinte che lo spettatore non vede. In seguito per creare un romanzo che avesse una trama avvincente ho dovuto inventare una storia ed ho deciso che una spy story fosse la più interessante in quanto il connubio miss-thriller poteva coinvolgere il lettore in una trama innovativa. Il Venezuela di oggi è un paese allo stremo  esattamente come descrivo nel libro. Il prezzo di un pacco di riso equivale alla meta dello stipendio di un pubblico dipendente. L’inflazione è alle stelle, non ci sono medicinali per curare i malati. Una situazione che speriamo abbia presto una soluzione, in quanto a chi ha amato il Venezuela come me, tutto questo crea una profonda tristezza.

Dall'esterno si pensa sempre alla vita degli ambasciatori come fiabesca, in realtà sono più le rinunce che i privilegi. Ed esempio non si riesce mai a creare radici stabili a causa dei continui spostamenti.

Esattamente. I più svantaggiati sono i figli che devono fare i salti mortali per seguire i programmi scolastici nelle diverse scuole dove approdano. Ci vuole una grandissima flessibilità che io per carattere non avevo, ma che grazie all’aiuto ed al supporto dei miei genitori sono riuscita ad acquisire. Per quanto riguarda il mestiere del diplomatico in se, ogni sedeè  diversa. Ma non è facile per nessuno trasferirsi ogni quattro anni. In più, sebbene interessante, è un mestiere gravoso in quanto quando si è all’estero si rappresenta un Paese, il proprio Paese. Non ci si può permettere di fare gaffes e di assumere nessun genere di comportamento che possa arrecare danno sia alla categoria di appartenenza che al proprio Paese. Bisogna quindi essere ben coscienti di questo. I miei genitori me lo hanno spiegato fin da piccola. Inoltre, a parte i ricevimenti che comunque hanno un ruolo importantissimo nella carriera diplomatica in quanto è l’Italia che riceve e non il diplomatico in quanto tale, il resto del tempo si lavora ed anche tanto. Mio padre e’ sempre stato tutto il giorno in ufficio oberato da impegni. Credo tuttavia che il bello della carriera diplomatica derivi non solo dal prestigio di rappresentare il proprio Paese nel mondo, ma soprattutto dalla varietà che essa offre. Ci sono lavori di routine, mentre la carriera diplomatica ti pone sempre davanti a nuove sfide ed anche il lavoro è molto diverso da Paese a Paese.

In che città è nata? 

Sono nata a Roma, quindi tecnicamente sono romana, ma ho abitato a Parigi nei primi anni di vita. Ho sempre studiato all’estero, sia in istituti italiani che internazionali, tuttavia effettuavo esami da privatista alla scuola italiana perché i miei genitori hanno sempre voluto che acquisissi anche la cultura italiana. Avendo un diploma di liceo internazionale, a 18 anni avevo la possibilità di iscrivermi in qualsiasi università di qualsiasi paese del mondo, ma ho scelto di rientrare in Italia dove ho frequentato l’Università Luiss di Roma. La scrittura è sempre stata una mia passione. Ho sempre scritto per me prima che per gli altri. E per anni i miei manoscritti sono stati ad impolverarsi in un cassetto chiuso senza mai essere corretti ne letti da nessuno. Un aneddoto divertente: agli esami di 5 elementare scelsi di svolgere il tema a piacere e mi avventurai nella descrizione del mappamondo affisso in classe, con l’idea poi di spiegare quello che sapevo io dei diversi Paesi dove ero stata e sottolineare le differenze. Alla maestra che passando tra i banchi vide che stavo descrivendo un semplice mappamondo si drizzarono i capelli e mi forzò a scegliere l’altra traccia: la mia famiglia. Ed io ubbidii ma sono sicura che sarebbe stato quello il mio primo lavoro come scrittrice. Più in la verso i 25 anni ho iniziato a scrivere veramente creando delle dinamiche e dei personaggi e delle storie intorno ad essi. Avevo visto delle cose ed avuto esperienze un pò diverse del solito, e cominciai a scrivere dei vari comportamenti che avevo visto, e delle varie situazioni. Mia madre poi mi ha sempre incoraggiato a “prendere appunti” di fatti divertenti o situazioni particolari in cui ci siamo trovati. Diceva “scrivetelo che poi quando hai 80 anni non te lo ricordi più” lei aveva in mente una specie di diario, forse. Ma io trovavo più divertente inventare una storia di fantasia partendo da delle basi di realtà. Di fatto ho uno spiccato senso dell’osservazione. Le mie storie non sono vere ma son verosimili nel senso che i personaggi assumono dei comportamenti plausibili per essere persone del contesto del quale narro.

Il suo primo libro pubblicato si intitola “La dea della bellezza”. Ce ne puoi parlare?

E’ un libro che inizia con Cecilia, un personaggio molto competitivo e determinato. Lei viene dalle favelas e l’unica carta che ha per migliorare la sua condizione di vita è diventare Miss Universo. L’ambizione di Cecilia è la caratteristica principale del personaggio. Una volta coronata miss, sposa un ricco uomo d’affari ma proprio quando la noia inizia a farsi sentire, la CIA decide di arruolarla per una missione segretissima: dovrà uccidere il presidente del suo Paese, il Venezuela. E da lì la trama si snoda in un groviglio di dinamiche, cospirazioni e colpi di scena che rendono il finale altamente imprevedibile.

Il secondo libro pubblicato si intitola AristocraZy. Di cosa tratta?

AristocraZy voleva essere un omaggio alla città di Parigi ed è un libro che tratta di una storia d’amore tra un giovane principe detronizzato e la figlia di un ambasciatore. Anche li la trama si infittisce tra cospirazioni, spie e complotti. Premesso che il libro non tratta assolutamente di vicende personali, volevo ambientare un libro in un ambasciata per fare perdere il lettore nelle descrizioni di una vita d’altri tempi in luoghi da favola quali sono le Residenze. Inoltre volevo suscitare l’interesse favoleggiando un pò sullo stereotipo tradizionale “caviale e champagne” che si associa generalmente alla vita dei diplomatici, però nel libro viene sottolineato anche il grande lavoro che  essi svolgono quotidianamente al servizio del Paese. Per fare da contraltare ho scelto di scrivere anche di un altro mondo sul quale si favoleggia molto: quello della nobiltà, che ancora oggi è legato ad antiche tradizioni e che è molto affascinante per il lettore. Ne risulta un libro a tratti leggero, a tratti ricco di suspense e di intrighi che si snoda sul leitmotiv di questa storia d’amore impossibile tra due giovani ragazzi che dimostreranno di essere all’altezza di ogni situazione. Un libro che ha richiesto del tempo per essere scritto e nel quale sono presenti delle vicende dinastiche molto precise per le quali ho dovuto fare ricorso ad un araldista. La parte thriller invece è puramente fittizia.

Il suo terzo libro appena pubblicato, si intitola Cum Clave. Un thriller che si snoda tra esponenti della  nobiltà capitolina e personaggi legati alla Santa Sede. Alla base un giovane prete americano che viene a conoscenza di un segreto agghiacciante…. Ce ne può parlare senza naturalmente svelare tutti i misteri.

E’ un libro ambientato tra Roma ed Israele. Un giovane prete scopre qualcosa di agghiacciante ed il Papa ha in mente un piano machiavellico, ma le vie del signore sono infinite. Così come le scoperte della scienza. E’ un libro che descrive Roma con gli occhi di un romano. Con gli intercalare tipici di Roma. I personaggi sono descritti attraverso le loro connotazioni più pungenti. E’ un libro che parla di spiritualità ma anche di scienza. Il leitmotif del thriller è questo costante richiamo all’interporsi della scienza e della religione, e della fallacia della natura umana. Anche questa trama non ha nulla a che vedere con le mie personali convinzioni in materia di fede. Ma abilità di chi scrive è cercare di mettere insieme più elementi in contrasto tra loro ma che siano legati da un sottile fil rouge. Bisogna creare delle contrapposizioni ed instigare il dubbio nel lettore altrimenti la trama è facilmente immaginabile già dalla meta del libro. Io invece lancio spesso il cuore oltre l’ostacolo e lavoro di fantasia per cercare di fare rimanere il lettore di stucco. Per questo faccio leggere i manoscritti in corso d’opera ai miei familiari e poi chiedo loro se hanno idea di come andrà a finire la storia. Se nessuno di loro indovina vuol dire vuol dire che sono sulla buona strada.

Papa Francesco fin dal suo inizio pontificato ha scelto la sobrietà e la rinuncia almeno formale ai privilegi connessi alla sua carica. La stessa scelta di dormire a Santa Marta e girare per le strade di Roma a bordo di un'utilitaria non stride sempre di più con i continui scandali dei suoi collaboratori, più o meno stretti?

Ho avuto l’onore essere ricevuta in udienza da Papa Francesco in Vaticano lo scorso anno per presentargli i progetti della nostra Fondazione. E’ una persona molto aperta e molto comunicativa.

Ci può spiegare come nasce l’idea di una spy story? Le sue idee traggono sempre spunto da fatti realmente vissuti? Quanto c’è di fantasia e quanto di realtà?

Direi 50% realtà, 50% fantasia. Tuttavia che non c’è veramente della realtà quanto osservazione della stessa. Io non scrivo di persone che conosco o di fatti realmente accaduti. Scrivo partendo dal carattere dei personaggi che spesso ho avuto modo di osservare in prima persona. Ne deriva cosi una verosimiglianza che rende preciso il comportamento e la mentalità. Di base a me piace scrivere di cose che conosco. Di mentalità che conosco, di Paesi in cui ho vissuto. Ho letto molti libri di autori famosissimi ambientati in Vaticano o a Roma per esempio, ed al di la delle storie ho sempre trovato un peccato il fatto che non si senta l’anima del posto del quale scrivono. Ci sono anche dei registri linguistici diversi da rispettare. Pensare che il linguaggio di un Cardinale sia uguale a quello di un agente della CIA è di per se erroneo. Per questo a me piace variare di registro linguistico e calarmi nell’ambiente in cui esso è ambientato. Alcuni dei libri che ho scritto hanno un linguaggio profano: molto diretto e con un discreto numero di parolacce irripetibili. Mentre altri hanno un registro linguistico molto più  aulico e forbito. Anche qui l’esercizio sta nell’adattare il linguaggio al personaggio, al fine di rendere la trama credibile.

Parliamo della realtà di tutti i giorni, quella del Covid-19 che sta impattando violentemente sulla nostra vita e che ci impedisce di avere rapporti interpersonali. Lei che è sempre stata abituata a viaggiare in tutto il mondo ed avere un vita sociale molto intensa, come sta vivendo questo periodo drammatico?

Sono gravemente turbata dalla quantità di persone che periscono a causa di questo terribile virus e  sono vicina a tutte le persone colpite dal Covid-19, anche la mia famiglia è stata colpita dal Covid anche se per fortuna in maniera non troppo grave. Con la Russian Imperial Foundation siamo stati tra i primi ad inviare fondi all’ospedale san Raffaele di Milano nel momento più critico. Nelle lunghe settimane in quarantena ho scoperto una nuova vita. Prima gli impegni di ciascuno di noi ci portavano a viaggiare continuamente. Vivevamo in una società frenetica, tutto era mordi e fuggi. Io stessa, come tutti, mi trovavo a viaggiare più di due volte al mese per assistere a riunioni di lavoro pensando che fosse assolutamente necessaria la presenza fisica. Oggi abbiamo scoperto che praticamente tutto si può fare online. Non dico che sia ideale passare la vita davanti ad uno schermo, ma sicuramente valutare le priorità diversamente rispetto a prima, prendersi i propri spazi e poter svolgere gran parte del lavoro per via telematica è un aspetto positivo sia per la propria salute che per l’ambiente. Una volta non era così. Si viaggiava di meno e si viveva una vita più tranquilla. Oggi tutto questo correre ci ha reso meno attenti e più stressati. Pertanto visto che ci sono le tecnologie mettiamole al servizio di una vita più tranquilla.  Quello che invece mi preoccupa è la condizione di vita di molti che hanno perso il lavoro e che si trovano in condizioni economiche precarie. Questo accade oggi in tutti i paesi del mondo. Una vera tragedia che attraverso la Fondazione che dirigo (Russian Imperial Foundation, ndr)  ho avuto modo di vedere in prima persona. La Fondazione, infatti, è promotrice della prima banca alimentare in Russia - foodbank rus - e durante il Covid ci siamo trovati in prima linea nella distribuzione di derrate alimentari e beni di prima necessità a chi aveva perso il lavoro o non poteva uscire di casa. Sono state settimane di lavoro intenso e ringrazio tutti gli operatori che hanno consentito di poter portare avanti questo progetto faraonico su tutto il territorio della Russia. Ciò detto, avendo trascorso molto tempo a casa, ho avuto modo di occuparmi dei miei libri e di poterli pubblicare oltre a correggerli e spedirli ai vari editori. Con il risultato che a febbraio 2021 la traduzione inglese di “La Dea della Bellezza”  (Beauty Queen) verrà distribuito in tutta Europa in lingua inglese edito da Europebooks. Il 50% del ricavato delle vendite verrà devoluto alle opere di beneficenza della Russian Imperial Foundation con l’obiettivo di aiutare a sostenere i nostri nuovi programmi per i bambini affetti da autismo.

Ci sono altri libri in lavorazione?

Sì. Attualmente ce ne sono due in lavorazione. Uno ambientato in Antartide e l’altro ambientato a Bruxelles.

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