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Cronache
Coronavirus, fobici e malati cronici dimenticati. Esercito di sepolti in casa

Nelle lunghe settimane di lockdown il 59% degli italiani si è sentito depresso con una certa frequenza. E per il 41% dei nostri concittadini oggi la salute mentale è più a rischio. E ora a preoccupare, e a destabilizzare sul piano psicologico, è la crisi economica. Un timore condiviso con gli altri cittadini europei. Sono, in sintesi, i dati di una ricerca sulla salute mentale nel corso della pandemia, realizzata da Open Evidence, spin off della Universitat Oberta di Catalunya, in collaborazione con Bdi Schlesinger and Group e con ricercatori di diversi atenei (università degli studi di Milano, Uoc, Universidad Nacional de Colombia, università degli studi di Trento, Glasgow University). L'indagine è stata realizzata su mille persone, campione rappresentativo della popolazione di età compresa fra i 18 e i 75 anni, per tre settimane consecutive. Utilizzando un algoritmo - che si basa sui dati relativi ai fattori di vulnerabilità (ansia, depressione ma anche disoccupazione o perdita di reddito, presenza di figli a casa) - è stata fatta una predizione sulla percentuale di popolazione per la quale la salute mentale è a rischio.

Molte persone che si ammalano dopo la comparsa di un attacco di panico, spiega InfoSec, tra l'altro sviluppano fobie: fobia di guidare la macchina, per i contatti sociali, di usare i mezzi pubblici, per gli spazi aperti. Queste persone lottano con questa paura irrazionale che gli impedisce addirittura di uscire di casa. Lottano principalmente contro se stessi: il loro grave problema psichiatrico è costituito da una continua lotta interiore, tra giustificazioni che si raccontano per non uscire di casa e la presa di coscienza che il loro problema è proprio  lo stare a casa in modalità permanente. Questi soggetti non sono stati presi in considerazione dalle decisioni del nostro governo che ha imposto il lockdown, scrive sempre InfoSec. Sanitaria si, ma solo per il Covid19, scordandosi di tutto il resto: soggetti che non hanno potuto avere interventi riabilitativi, chirurgia per patologie neoplastiche, l’aumentato numero di morti per infarto del miocardio etc.

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