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Culture
Jessica Woodworth, la regista: "Europa allo sbando e in crisi come il mio re"

Di Oriana Maerini

Lunghi capelli neri corvino che incorniciamo un viso sorridente e portamento elegante: Jessica Woodworth la regista americana che ha realizzato, insieme a Peter Brosens, “Un re allo sbando” è arrivata a Roma per presentare il film che, dopo il successo riscosso al Festival di Venezia (dove è stato visto nella sezione “Orizzonti”), esce ora nelle sale italiane. Nato da uno spunto reale (il blocco della mobilità avvenuto dopo l’eruzione del vulcano in Islanda) il film narra, in modo divertente e surreale,  la rocambolesca avventura del re del Belgio Nicolas III,  che rimasto bloccato ad Istanbul dove era in visita di stato, è costretto a raggiungere il suo Paese perché ha ricevuto la notizia dell’inaspettata dichiarazione d’indipendenza della Vallonia. Insieme al marito è nota soprattutto per i documentari ma il successo è arrivato con tre lungometraggi prodotti e diretti insieme: Khadaki (Luigi Premio De Laurentis-per la migliore opera prima al Venezia nel 2006) Altipiano (settimana della Critica a Cannes) e La quinta stagione (  Leone d'Argento - Premio per la regia al Festival di Venezia). Ora porta sul grande schermo una commedia on the road che è una sorta di Odissea reale, un film che fa ridere ma anche riflettere sulla crisi d’identità europea.

Perché una commedia?

Abbiamo preso spunto dalla crisi politica in Belgio (nel 2011 il Belgio è rimasto per ben 541 giorni senza governo) e dalle foto del Presidente Estone, che lo immortalano a fare benzina, come un uomo qualsiasi ad un minibus con il qauel, rimasto intrappolato ad Istanbul, dal blocco dei voli causato dall’eruzione del vulcano islandese, ha raggiunto il suo paese.   Abbiamo sfruttato la metafora di quel viaggio che partiva da Istanbul, dove l’Europa, incontra l’Asia”

Il suo re è molto umano, spogliato di una veste regale. E’ un messaggio sulla decadenza della monarchia?

No, non volevamo dire questo. Anzi, credo che per quanto attiene al Belgio, ci sia bisogno di un sovrano. In un Paese dove non c’è una lingua comune e esistono molte differenze la figura del re è in grado di creare un collante fra le persone. I Belgi amano il loro re anche se fra la famiglia reale e il popolo c’è molto distanza e gli costa molto.

Re Filippo ha visto il film?

Non ufficialmente, nonostante lo abbiamo invitato più volte in diverse città e festival.

Visto il soggetto è stato facile avere i finanziamenti?

Affatto. La cinematografia Belga è, da sempre, seria e andare a proporre una commedia è stato un rischio. I belgi sono esperti in cose tristi e  non credevano che potessimo riuscire a divertire il pubblico. Nonostante ciò io e mio marito non ci siamo fermati; per noi fare film è una necessità oltre una grande responsabilità ed un privilegio.

jessica woodworth (1)
 

E’ vero che avete girato il film attraversando vari Paesi in soli 20 giorni?

Si, le riprese sono durate 20 giorni ed abbiamo girato tra Bruxelles, Istanbul e la Bulgaria. Ciò è stato possibile perché ha monte abbiamo fatto un grande lavoro di preparazione in Belgio con gli attori per definire bene i personaggi. Anche se, usando anche il linguaggio documentaristico, ci siamo avvalsi di  anche attori non professionisti che hanno recitato a braccio senza sceneggiatura. Ma se la lavorazione è stata breve il montaggio è durato ben 7 mesi al fine di dare un giusto ritmo ed equilibrio al film.

“Un re allo sbando” riflette anche il caos politico e la crisi europea di questi anni?

Si, direi la crisi globale. Pur rimanendo concentrati sulla crisi d’identità di un re sceso dal trono, il film fa riflettere sullo scenario internazionale. La notizia di una scissione della Vallonia che manda nel panico il sovrano è una metafora della sfaldamento della politica europea, del paura del terrorismo, della crisi economica mondiale. Il mondo va sempre di più verso regimi dittatoriali  e  l’avvento di Trump in America e molto pericoloso. Io sono americana ma mi vanto di non averlo votato. Noi registi abbiamo una grande arma per combattere tutto ciò: la satira.

E’ vero che le rocambolesche avventure di Nicolas III avranno un seguito?

Si, “Un re allo sbando” finisce quando il re non è ancora arrivato in Belgio….Stiamo già scrivendo un sequel che si chiamerà “Arcipelago” e sarà girato nell’isola di Tito.

 

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