Economia
Frodi, corruzione e riciclaggio: ecco come le aziende italiane possono difendersi dai rischi nascosti nella supply chain
La "diligenza massima esigibile" non è più una raccomandazione, ma un obbligo: per rispondere a questa esigenza nasce KYP – Know Your Partner. L'intervista al Ceo Marco Sartori

Supply chain a rischio: ecco perché scegliere partner affidabili è oggi una priorità
Oggi fare impresa è sempre più difficile: le regole aumentano e i controlli si fanno più severi. In questo contesto, avere partner affidabili non è un vantaggio, ma una necessità. Le aziende italiane si trovano oggi esposte a pericoli sempre più grandi e concreti: possono perdere la deducibilità dei costi, subire multe salate o addirittura finire coinvolte in procedimenti penali. Tutto questo può succedere anche solo per colpa di fornitori che agiscono in modo illecito, spesso a loro insaputa.
D'altra parte la legge parla chiaro: le imprese devono dimostrare di aver fatto tutto il possibile per controllare i propri partner. Per rispondere a questa esigenza nasce KYP – Know Your Partner, una piattaforma digitale italiana che aiuta le aziende a selezionare e monitorare fornitori e collaboratori nel rispetto delle norme, riducendo i rischi. Affaritaliani.it ne ha parlato con il suo CEO, Marco Sartori.
Cosa significa, oggi, per un’azienda italiana fare verifiche legali e fiscali davvero efficaci sui propri fornitori? E cosa rischia chi non lo fa?
Effettuare verifiche legali e fiscali efficaci sui fornitori significa accertare, già prima dell’instaurazione di un rapporto professionale, la piena regolarità giuridica e fiscale della controparte. Le modalità operative per farlo includono l’analisi dei bilanci d’esercizio, la consultazione delle visure camerali, il controllo del registro dei protesti, nonché l’impiego di strumenti digitali dedicati alla verifica di conformità. Le imprese che omettono tali controlli si espongono a seri rischi legali: secondo la giurisprudenza italiana, infatti, l’azienda è tenuta ad adottare la massima diligenza professionale nel valutare l’affidabilità dei propri partner commerciali. Questo è particolarmente rilevante, poiché la responsabilità può derivare anche da condotte illecite commesse da soggetti terzi, e ricade sull’azienda l’onere di dimostrare di aver agito con prudenza e diligenza.
Gli attacchi alla supply chain, anche in chiave informatica, sono un rischio sempre più crescente. In che modo si può garantire la sicurezza del dato e la tracciabilità delle verifiche, e come l’intelligenza artificiale può rafforzare la capacità di prevenire incidenti?
In questo periodo storico, gli attacchi informatici alla supply chain stanno diventando sempre più frequenti e sofisticati. A tutela della sicurezza dei dati e della tracciabilità delle verifiche, è possibile ricorrere a tecnologie avanzate come la blockchain, che garantisce l’immodificabilità dei dati e ne certifica temporalmente l’origine. Parallelamente, l’intelligenza artificiale sta acquisendo un ruolo sempre più strategico: molti software integrano oggi sistemi di AI in grado di monitorare in tempo reale i processi aziendali e rilevare anomalie potenzialmente riconducibili a rischi o minacce lungo l’intera catena di fornitura.
I dati della Cattolica parlano chiaro: il 77% delle aziende italiane ha subito incidenti nella supply chain legati a frodi, corruzione o riciclaggio. Perché, secondo lei, molte imprese ancora sottovalutano il rischio rappresentato da fornitori e partner poco affidabili?
È vero, il dato è allarmante e colpisce soprattutto perché riguarda, in misura significativa, anche realtà di grandi dimensioni. Sono numerose le imprese che si trovano a sostenere costi elevati derivanti da contenziosi, sanzioni o accertamenti, spesso a causa di carenze nei controlli sui propri partner. Le cause di questa sottovalutazione sono molteplici: in primo luogo, una scarsa consapevolezza delle gravi conseguenze che possono derivare dal collaborare con soggetti opachi o poco affidabili. In secondo luogo, considerazioni di tipo economico: molte aziende preferiscono evitare l’investimento iniziale in strumenti di verifica a pagamento, senza considerare che tali strumenti possono rivelarsi determinanti per prevenire esborsi ben più rilevanti in futuro. Infine, vi è ancora una limitata diffusione e conoscenza delle tecnologie di supporto alle verifiche, che spesso vengono sostituite da controlli manuali ormai superati e inefficaci.
Gli incidenti nella supply chain colpiscono ogni anello della catena: dal fornitore terzo fino al subappaltatore. Come si può costruire una rete di partner affidabili in modo sistematico, soprattutto per le PMI che spesso non hanno strumenti interni di controllo?
La costruzione di una rete di partner affidabili richiede un approccio sistemico e multilivello. È fondamentale implementare una catena di verifica a cascata, in cui ogni attore sia tenuto a monitorare la legalità dei propri fornitori e subfornitori. Solo così si può garantire un controllo diffuso lungo l’intera filiera. Per le PMI, che spesso non dispongono di strutture interne dedicate, diventa strategico adottare soluzioni digitali semplici, scalabili e accessibili, in grado di automatizzare il processo di verifica. Inoltre, sarebbe auspicabile un intervento normativo che imponga standard minimi di controllo lungo la supply chain, poiché un sistema più trasparente e sicuro genererebbe benefici concreti per l’intero tessuto economico nazionale.