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Economia
Guerra Ucraina, dove conviene investire? Big tech e banche un "porto sicuro"

Guerra Russia Ucraina come la crisi del 2008? Ecco lo scenario 

Inizia a girare una voce negli ambiti finanziari: che la crisi innescata dal blocco delle supply chain, alimentata da scarsità di materie prime e difficoltà di logistica, aggravata dall’esplosione dell’inflazione (e dalle armi spuntate delle banche centrali) e fatta definitivamente deflagrare dalla guerra tra Russia e Ucraina possa essere simile a quella del 2008.

I segnali sono diversi, eppure vanno letti con attenzione. Nell’anno del tracollo di Lehman Brothers, presero vita in un colpo solo tutti quei fantasmi che avevano iniziato a farsi vedere addirittura dal 2006. Solo che poi gli Usa ne uscirono abbastanza in fretta, mentre l’Europa rimase zavorrata e visse anche la crisi dei debiti sovrani scongiurata dal bazooka di Mario Draghi.

In contesti così complessi, bisogna sempre capire come investire: si vuole massimizzare il profitto? O si vuole costruire un portafoglio complesso che possa durare nel tempo? La domanda non è fine a se stessa, e le risposte possono essere molto differenti.

Prendiamo ad esempio il petrolio: con Wti e Brent vicini a quota 120 dollari, un investimento ragionato sarebbe stato quello di comprare poco prima dei picchi e vendere nei primi giorni di marzo, quando si è arrivati a un passo dal record storico toccato, appunto, nel 2008.

Ma oggi i livelli sono scesi sotto quota 98 dollari al barile e la prospettiva è che si scenda ulteriormente visto che i mercati hanno deciso di scommettere su una pace abbastanza rapida. Lo dicono gli analisti ma lo dicono anche gli stessi ucraini. Zelensky parla dell’impossibilità di entrare nella Nato, il suo vice si lancia in una previsione: al massimo entro maggio sarà tutto risolto.

Anche l’oro, bene rifugio per antonomasia, dopo essere stato per settimane stabilmente sopra quota 2.000 dollari l’oncia, ora è in calo da quasi una settimana ed è poco sopra i 1.900 dollari. Il gas naturale? Anche quello è balzato a quota 600 dollari per Mw/h alla borsa di Amsterdam prima di crollare rapidamente fin sotto quota 100 dollari. 

Non si salva nemmeno il bitcoin, che pure sembrava poter rappresentare un ottimo strumento per arginare i blocchi valutari imposti alla Russia. Ebbene, dopo un picco di quasi 60.000 dollari alla fine di novembre, oggi vale poco più di 35mila dollari. Certo, se qualcuno si fosse preso la briga di investire in criptovalute cinque anni fa, oggi si troverebbe tra le mani un asset che ha accresciuto il suo valore del 3.850%. 

Dunque, che fare? Bisogna affidarsi agli esperti, anzi, agli oracoli. Warren Buffett già nel 2014, al tempo delle prime sanzioni contro la Russia per l’invasione della Crimea, era stato molto chiaro: mai avere riserve valutarie straniere che non siano le più comuni (dollari, euro, yen). Privilegiare sempre l’azionario, insomma. Anche perché Buffett acquistò la sua prima azione nel 1942, 80 anni fa, poco dopo l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbor. 

Quali azioni? I big del techtranne Facebook che ha avuto un anno difficile e ha dimezzato la sua capitalizzazione – rimangono un porto sicuro. Così come, per restare in Italia, i titoli bancari che, dopo la grande paura della fine di febbraio, non potranno che risalire. Per il resto, serve grande prudenza: il momento è complicatissimo.

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