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Economia
Inchiesta Mps, pm di Milano: Profumo e Viola vanno assolti con miglior formula
Il tribunale di Milano

Inchiesta Mps, Profumo e Viola vanno assolti "con miglior formula".

Non c'è mai stato nessun inganno a mercati e soci di Mps da parte dell'ex presidente (e attuale ammininitratore delegato di Leonardo) Alessandro Profumo e dell'ex amministratore delegato Fabrizio Viola. Si potrebbero sintetizzare così le argomentazioni conclusive della memoria difensiva che i legali dei due manager hanno depositato ai giudici del processo milanese che vede gli ex vertici di Rocca Salimbeni imputati a vario titolo per false comunicazioni sociali e aggiotaggio. Perciò, secondo gli avvocati Francesco Mucciarelli e Adriano Raffaelli, Viola e Profumo vanno assolti "con miglior formula", riporta Askanews. Una richiesta che coincide con quella avanzata a giugno scorso dalla pubblica accusa che aveva escluso ogni responsabilità penale in capo agli imputati, sollecitando pertanto la loro assoluzione da tutti i capi di imputazione "perchè il fatto non sussiste" o "perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato". L'inchiesta milanese, avviata dopo la decisione dei magistrati di Siena di trasmettere alcuni atti di indagine a Milano per competenza territoriale, portò a una richiesta di archiviazione poi rigettata dal gip che dispose l'imputazione coatta per tutti tre imputati (sotto processo, insieme a Profumo e Viola, c'è anche l'ex presidente del consiglio sindacale Paolo Salvadori). Obbligando, in questo modo, i pm Mauro Clerici, Stefano Civardi e Giordano Baggio, che avevano condotto una serie di accertamenti investigativi senza rintracciare profili penalmente rilevanti nella condotta dei tre manager, a reinterpretare gli atti di indagine in chiave accusatoria e a formulare un capo di imputazione. Viola e Profumo sono così finiti sotto processo per presunte irregolarità nella contabilizzazione a bilancio di 5 miliardi di derivati legati alle operazioni effettuate da Mps con la tedesca Deutsche Bank e la giapponese Nomura: ossia i derivati noti come "Alexandria" e "Santorini" che tra il 2012 e il primo semestre 2015 sarebbero state falsamente rappresentati come operazioni in titoli di Stato attraverso una contabilizzazione "a saldi aperti" che, aveva sottolineato il pm Civardi nella sua requisitoria, "non era corretta ma di certo non era diretta a ingannare soci e mercati". E' insomma uno di quei (rari) casi giudiziari in la linea dell'accusa coincide con quella della difesa: "Il cambio di contabilizzazione non aveva rilevanza sul giudizio degli investitori e ", ha sostenuto oggi in aula l'avvocato Raffaelli sottolineando che "l'analisi dei bilanci è incompatibile con le accuse contestate".

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