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Economia
Mediocredito Centrale, Mattarella rafforza il capitale della Cassa di Orvieto

In attesa di novità sulla partita Mps in cui si è candidato a giocare un ruolo di primo piano, il Mediocredito Centrale (Mcc) rimane concentrato sul progetto di Banca del Mezzogiorno lanciato lo scorso anno con il salvataggio di Banca Popolare di Bari. Se larga parte dello sforzo per mettere in sicurezza il gruppo è ormai concluso, nei prossimi mesi potrebbe essere necessario un ulteriore rabbocco.

La relazione semestrale appena pubblicata si sofferma per esempio sulla necessità di rafforzare il capitale della controllata Cassa di risparmio di Orvieto. Messa in vendita negli anni scorsi e finita nel mirino di una cordata composta da Sri Capital e dal fondo francese Argenthal, la Cassa è poi stata ritirata dal mercato per essere mantenuta nel perimetro del gruppo.

Il piano di conservazione del capitale approvato nei mesi scorsi, e poi trasmesso all'organo di Vigilanza, individua un ammontare minimo di fabbisogno patrimoniale di circa 27 milioni. Serve insomma un rafforzamento che, alla luce dell'attuale quadro normativo, potrà essere effettuato o nel corso di quest'anno o nel 2022. Quanto alla modalità, l'operazione potrebbe avvenire in due modi: o attraverso un apporto di solo equity o in modalità congiunta consistente in un aumento di capitale a pagamento, contestualmente all'emissione di uno strumento obbligazionario subordinato.

Gli approfondimenti in tal senso sono già iniziati in contatto con l'organo di Vigilanza. Nei giorni scorsi, nel frattempo, Mediocredito Centrale ha annunciato i risultati del semestre che ha visto una perdita netta di pertinenza del gruppo di 48 milioni, derivante prevalentemente dal rosso di periodo della Popolare di Bari, pari a 101 milioni, in parte compensato dall'utile di Mcc, pari a 40,5 milioni (rispetto a 15,7 milioni del primo semestre 2020).

Il margine di interesse è stato di 110 milioni, il margine di intermediazione di 241 milioni, le commissioni nette di 118 milioni, le rettifiche di valore nette per rischio di credito di 63 milioni, le spese amministrative di 211 milioni (di cui 149 milioni relativi al costo del lavoro, inclusivo dell'accantonamento una tantum stanziato da Popolare di Bari, per circa 53 milioni, a fronte dell'adesione al piano di incentivazione all'esodo).

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