Economia
Pescherecci fermi per il caro gasolio. Prezzi di spigole e triglie su del 30%

Scioperi ad oltranza a Venezia, Ancona, Fiumicino e in diverse altre località. Pesce sempre più importato dall'estero. Da febbraio persi già 200 mln di euro
Caro carburante, si ferma la pesca italiana. Scioperi ad oltranza
L'impennata dei prezzi del carburante, conseguenza della guerra in Ucraina, ha provocato lo sciopero ad oltranza da parte delle marinerie italiane. Disagi in diversi parti del Paese, pescherecci fermi a Venezia, Ancona e Fiumicino. Esplode la protesta dei pescatori, i costi sono lievitati di tre volte (in aggiunta agli aumenti precedenti). Ormai - si legge sul Messaggero - conviene stare fermi piuttosto che pescare, perché è impossibile in una nottata in mare aperto recuperare i costi di carburante e personale. Dati recenti indicano in 900 milioni di euro il valore del pesce made in Italy a fronte di ben 5 miliardi di importazione.
La situazione - prosegue il Messaggero - pesa anche sui consumatori perché da marzo il prezzo del pesce al dettaglio è aumentato di circa il 30% (senza compensare, comunque, le maggiori spese degli armatori): impennata dei costi di spigole e triglie tra gli altri. La crisi colpisce in uno dei momenti più importanti specialmente per le flotte che operano nel Tirreno: appena cinque giorni fa è iniziata la pesca del tonno rosso che nel resto dell'anno è vietata o calmierata con quote prefissate. Fedagripesca ha intanto calcolato che il caro gasolio ha causato una perdita secca da febbraio ad oggi di 200 milioni di euro.