Economia

Putin sta per chiudere i rubinetti del gas. In Italia scatterà il razionamento

Impossibile colmare il gap senza i 29 miliardi di metri cubi russi. Il governo prepara lo scenario peggiore

Guerra Russia Ucraina, il piano B del governo italiano per il gas

La guerra in Ucraina continua e la situazione a livello diplomatico è drammatica. Fallito anche il tentativo del cancelliere austriaco: "Putin non vuole trattare". Ma cosa succede se domani - si legge su Repubblica - la Russia chiude d’improvviso i rubinetti del gas? Non a giugno, o peggio a inizio maggio: domani. È lo scenario peggiore, ma comunque da vagliare per non farsi trovare impreparati. Proprio per rispondere a questa domanda, si sono riuniti ieri a Palazzo Chigi i tecnici dell’esecutivo interessati al dossier. Nulla è deciso e al momento neanche necessario. Ma i numeri, in questo caso, sono decisivi. Il fabbisogno del Paese è tra i 75 e gli 80 miliardi di metri cubi di gas. Circa 29 provengono dalla Russia. Come sostituirli? E con che tempi? Il viaggio in Algeria di Mario Draghi ha mostrato che nulla può essere dato per scontato: l’aumento del flusso energetico dal Paese nordafricano sarà meno rapido del previsto. Bisognerà attendere il 2023-2024 per completare l’incremento di nove miliardi di metri cubi di gas, capace da solo di colmare un terzo del fabbisogno da sostituire.

Se servisse, - prosegue Repubblica - si procederebbe ad esempio con il taglio dell’illuminazione di edifici, monumenti e luoghi pubblici, come previsto dal piano d’emergenza stilato da Cingolani (e sempre rispettando i criteri di sicurezza). E ancora, una delle strade analizzate è quella della riorganizzazione della climatizzazione estiva, prevedendo formule che ne contengano lo spreco energetico. Ne ha fatto cenno proprio Draghi nell’ultima conferenza stampa. Ma sul tavolo c’è anche un altro scenario: rimodulare l’attività industriale di alcune filiere. In quest’ultimo caso con un paletto intangibile: mantenere invariato il livello di produzione, fondamentale per garantire la ripresa. L’opzione sarebbe però quella di razionalizzare l’operatività delle fabbriche. Si guarda in particolare a quelle dell’acciaio e della ceramica.

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