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Economia
Redditometro, tempesta nel bicchiere d'acqua. Meloni: "No al Grande Fratello"

Torna il redditometro: il nuovo decreto ministeriale riattiva lo strumento di accertamento fiscale

La burrasca dalle parti di Palazzo Chigi sembra essere durata poche ore, perché dopo il trambusto creato nella maggioranza dalle voci su un ipotetico ripristino del redditometro fiscale, meccanismo abbandonato molto presto, perche dimostrato efficace nel contrasto all'evasione e lesivo in certi casi della privacy. E’ la premier in persona che, con un messaggio chiaro ed inequivocabili su facebook, spegne malumori e polemiche, Mai nessun “grande fratello fiscale” sarà introdotto da questo Governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune.

L'attuazione della delega fiscale, portata avanti in particolare dal viceministro dell'Economia Leo, è fino ad ora andata nella direzione di migliorare il rapporto tra Stato e cittadino, tutelare i lavoratori onesti e contrastare la grande evasione, quella, per intenderci, dei sedicenti nullatenenti con ville, barca e supercar.” Si è trattato, almeno così sembra, della classica polemica pretestuosa, resa ancora più accesa dalla campagna elettorale in atto. Polemica nata, come altre in passato, da un probabile corto circuito mediatico, di cui adesso andranno capiti reali contorni e responsabili.

Ma sulla questione le parole della premier, che è parsa forse la più sorpresa da tutta la vicenda (e come facilmente immaginabile, anche forse la più irritata), sembrano avere fatto chiarezza in maniera risolutiva. Ma analizzando nel dettaglio la questione, si può ritenere che qualcuno possa aver strumentalmente  approfittato di una mancanza di coordinamento comunicativo da parte del ministero. Basti guardare i riferimenti ad ipotetici conflitti di interesse a cui ha alluso Repubblica, citando l’uscita del prossimo libro del professore Leo, proprio inerente la riforma del fisco ( stiamo  parlando comunque, per la cronaca, di uno dei massimi esperti della materia a livello nazionale). Il redditometro, in buona sostanza,  è lo strumento che consente al fisco di risalire al reddito realmente percepito alla luce delle manifestazioni di capacità contributiva poste in essere dal contribuente.

Introdotto dal governo Renzi nel 2013 ( anche se nato da una proposta del governo Berlusconi nel 2010), era stato sospeso con il "decreto Dignità" del 2018 dal governo giallo-verde di Giuseppe Conte. O almeno così si suppone, a sentire la pronta replica del viceministro dell’Economia meloniano, finito nella bufera. «Il centrodestra è sempre stato contrario al meccanismo del "redditometro" introdotto nel 2015 dal governo Renzi» ha infatti ieri sera affermato Leo, aggiungendo come questo decreto «mette finalmente dei limiti al potere discrezionale dell'amministrazione finanziaria di attuare l'accertamento sintetico, ovvero la possibilità del fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato». Quindi a sentire le dichiarazioni del viceministro l’intervento sarebbe volto proprio ad emendare un meccanismo che invece non era stato, come si pensava, abolito del tutto.

«Siamo intervenuti per correggere una stortura che si è creata nel 2018, quando il governo Conte 1 ha abolito il decreto del 16 settembre 2015, il cosiddetto redditometro, del governo Renzi e aveva contestualmente stabilito che si dovesse emanare un nuovo decreto con dei paletti precisi a garanzia del contribuente, in modo da limitare al minimo il contenuto induttivo dell'accertamento. Purtroppo – conclude Leo – quel decreto non è mai stato emanato e, invece di favorire il contribuente, si è creato un vuoto, introducendo di fatto un meccanismo di redditometro permanente e senza alcuna limitazione. Dopo sei anni, il Governo di centrodestra è finalmente intervenuto e ha emanato un decreto, preventivamente condiviso con le associazioni dei consumatori, l'Istat e il garante della privacy, che fissa dei paletti precisi a garanzia del contribuente e introduce, tra le altre cose, anche un doppio contraddittorio obbligatorio».

Insomma non si tratta perciò o così appare di un ripristino di un sistema così inviso al centrodestra, ma anche alla gran parte dei cittadini,e che ha mostrato già le sue inefficienze quando in vigore, ma semplicemente di una adeguamento doveroso a quella che era un vuoto normativo. Il redditometro, infatti, venne  sospeso proprio perché si attendeva un decreto ministeriale che indicasse criteri più precisi per effettuare i controlli sulle spese, e nel frattempo più volte la Corte dei Conti aveva osservato come l’Agenzia avesse poteri limitati senza questo strumento, che infatti aveva avuto risultati assai limitati.

Con il nuovo decreto il governo ha quindi introdotto nuove regole, facendo tornare operativo il redditometro e creando qualche problema politico ai partiti della maggioranza, presi dalla campagna elettorale per le elezioni europee di giugno: Lega e Forza Italia hanno già fatto capire che il decreto è arrivato un po’ a sorpresa, e di essere contrari.

Ma si tratta probabilmente di un semplice errore di comunicazione a cui lo staff del viceministro non sono nuovi, considerando quello che accadde nell’ottobre scorso, quando circolarono bozze ( anche su questo occorrerebbe maggior qualche ulteriore riflessione) che includevano anche una sorta di prelievo forzoso, cioè che riconoscevano all’Agenzia delle Entrate la facoltà di pignorare automaticamente una parte dei conti correnti dei contribuenti che avevano un debito di almeno 1.000 euro con lo Stato. Difficile, infine, conoscendo le idee in materia di fisco di Maurizio Leo, che l’intento reale delle sue azioni non sia quello di rendere il rapporto tra fisco e cittadini, più equo, trasparente e collaborativo.

LEGGI ANCHE: Fisco, ok del governo al redditometro. Lite in maggioranza: Lega-FI contro FdI

 

 






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