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Esteri
Aja, stop offensiva a Rafah: così Israele ha perso la sua licenza di uccidere
Benjamin Netanyahu

Corte di Giustizia: fermate l'offensiva di Rafah!

Oggi è un’altra di quelle giornate storiche che verranno ricordate nei libri. La Corte Internazionale di Giustizia si è pronunciata sulla tanto attesa richiesta fatta dal Sudafrica per il cessate il fuoco a Gaza. Nella lettura della sentenza, il capo della Corte internazionale di giustizia Nawaf Salam, facendo riferimento alla "disastrosa” situazione umanitaria in corso nel sud di Gaza, ha ordinato a Israele l’immediata sospensione dell'offensiva su tutto il governatorato di Rafah, il ritiro di tutte le forze dispiegate nell’area e l’immediata sospensione di “qualsiasi altra azione che possa infliggere al gruppo palestinese di Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica parziale o totale". Riguardo gli sfollati palestinesi che sono stati costretti da Israele a lasciare la città ha aggiunto che “La Corte non è convinta che gli sforzi di evacuazione e le relative misure che Israele afferma di aver intrapreso per rafforzare la sicurezza dei civili nella Striscia di Gaza, e in particolare di quelli recentemente sfollati dal governatorato di Rafah, siano sufficienti ad alleviare l’immenso rischio che cui la popolazione palestinese è esposta a causa dell’offensiva militare a Rafah”.

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Salam, nel sottolineare il mancato soddisfacimento da parte di Israele delle misure provvisorie adottate nelle precedenti sentenze emesse il 26 gennaio e il 28 marzo, ha aggiunto che Israele deve riaprire “il prima possibile” tutti i valichi di frontiera e lasciar entrare tutti gli aiuti umanitari necessari ad alleviare “la degradazione delle condizioni di vita dei civili di Rafah”. Inoltre, con effetto immediato, onde assicurarsi che nessuna prova di possibili crimini di guerra scompaia, ha ordinato a Israele di “adottare misure efficaci per garantire il libero accesso alla Striscia di Gaza a qualsiasi commissione investigativa e/o d’inchiesta incaricata dagli organi competenti delle Nazioni Unite di indagare sulle accuse di genocidio”. A Israele è stato inoltre ordinato di “riferire alla corte entro un mese sui progressi compiuti nell'applicazione delle misure ordinate nella sentenza”. Qualora dovesse disattendere gli ordini della Corte, e qualunque sia il grado dello scontato supporto degli Stati Uniti, Israele dovrà affrontare sanzioni internazionali e si troverà contro la maggior parte dei governi occidentali, i quali è altamente probabile che si atterranno alla decisione emessa oggi dalla Corte.

Soddisfatto il Sudafrica il quale oltre a plaudire alla decisione forte presa dall’ICJ ha esortato gli stati membri delle Nazioni Unite a sostenerlo. Anche l'Autorità Palestinese, tramite il portavoce presidenziale palestinese Nabil Abu Rudeina, ha fatto sapere che la decisone “rappresenta un consenso internazionale indispensabile per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza”.

Un po’ meno esultante Netanyahu il quale a breve, secondo fonti divulgate dal canale israeliano Channel 13, convocherà una riunione di emergenza. Secondo quanto trapelato, all’incontro dovrebbero partecipare il ministro degli Esteri Israel Katz, il ministro del gabinetto di guerra Benny Gantz e il consigliere giudiziario del governo.

La prima reazione alla sentenza è arrivata dal ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, il quale ha detto che “coloro che chiedono allo Stato di Israele di fermare la guerra, è come se gli chiedessero di cessare di esistere”. E poi ha aggiunto “Continuiamo a lottare per noi stessi e per l’intero mondo libero. La storia giudicherà chi oggi si è schierato dalla parte dei nazisti di Hamas e dell’Isis”.

L’eradicamento e cancellazione dei palestinesi sono sempre stati l’ossessione di Israele, da ancora prima che nascesse. Un chiodo fisso coltivato con una sola grande differenza rispetto al passato: dal 7 ottobre la pulizia etnica del popolo palestinese non è più occultata bensì praticata platealmente e realizzata nell’ottica di un “annientamento totale”, un concetto che riassume un progetto che il ministro delle Finanze israeliano Smotrich ha nel cassetto sin dal 2006. E quella perpetrata da Israele è senza dubbio una carneficina di proporzioni industriali mai vista: ormai sfiora i 36.000 morti e oltre 80.000 feriti, numeri ai quali bisogna aggiungere almeno 10.000 dispersi. Una macchina di distruzione che è anche territoriale, paesaggistica, culturale, infrastrutturale, archeologica, e che ha ridotto la Striscia a una lingua di terra e sabbia dall’aspetto apocalittico. Ovunque sia passato l’esercito più “morale ed etico del mondo” ha lasciato solo polvere di cemento, monconi di edifici e tonnellate di cadaveri, molti dei quali nascosti in decine di fosse comuni che non smettono di venire alla luce, svelando al mondo l’orrore seminato a Gaza dai soldati israeliani.

Orrori che Israele cerca di occultare oscurando televisioni, vietando - fin dal principio- a giornalisti e osservatori esterni di accedere nella Striscia, sequestrando attrezzature televisive, seminando accuse false come quelle che nelle prime ore del 7 ottobre vennero fatte circolare secondo le quali c’erano bambini decapitati e di altri erano stati cotti nei forni. O come le accuse, poi dimostratesi infondate, mosse contro l’Agenzia URNWA all’indomani della dell’ordinanza con la quale la Corte Internazionale di Giustizia rigettando il ricorso fatto da Israele contro la mozione presentata dal Sudafrica, ha stabilito sei misure cautelari, tra cui “l'obbligo per Israele di astenersi da atti contemplati dalla Convenzione sul genocidio, di prevenire e punire l'incitamento diretto e pubblico al genocidio, nonché di adottare misure immediate ed efficaci per garantire l'assistenza”. 

Le immagini satellitari di Rafah, pubblicate ieri da Hareetz, hanno messo a confronto il prima e il dopo, svelando il grado di devastazione già messo in atto dall’esercito israeliano nel suo attacco di terra, nonostante fino ad oggi sia stato dichiarato il contrario. Una distruzione che non conosce tregua nemmeno dai cieli e che ogni giorno e ogni notte semina decine e decine di vittime, per lo più donne e bambini, in quello che è diventato il più grande agglomerato di campi di sfollati al mondo, e nel quale atrocità di massa si consumano ininterrottamente, al pari di tutto il resto della Striscia. Forte dell’impunità che per 76 anni ha garantito a Israele la licenza di uccidere, Netanyahu da mesi va dichiarando come un mantra che “Nessun potere al mondo potrà fermarci”. Lo ha ribadito anche ieri. Ma il fronte granitico su quale ha contato fino ad oggi non è mai stato tanto friabile. E potrebbe crollare, da un momento all’altro, come fece il muro di Gerusalemme sotto i colpi dell’esercito romano di Tito, quasi duemila anni fa.

 

 






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