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Esteri
Erdogan uomo del giorno: da "cattivo" internazionale a negoziatore di pace
Fonte Lapresse Recep Tayyip Erdoğan

Erdogan fa parlare Russia e Ucraina: ora la pace è più vicina

La strada verso la fine di questa guerra sanguinosa è ancora lunga, ma certamente a Istanbul si è fatto il primo passo nella direzione giusta. È giusto riconoscerne il merito a Recep Tayyip Erdoğan, che ha collocato la Turchia nel difficile ruolo di paese mediatore. Una posizione tanto delicata quanto scomoda, ma certamente più prestigiosa di quella che in passato ha avuto un Paese guardato con sospetto dall’Europa, anche a causa dello stesso Erdoğan e di suoi comportamenti per nulla commendevoli.

Sia sui migranti che sul gas, per citare solo gli esempi più recenti, il suo atteggiamento nei confronti dell’Unione è stato chiaramente ricattatorio. Il suo curriculum, peraltro, è lungo e costellato di episodi che hanno davvero scandalizzato la comunità internazionale: da Osman Kavala, attivista arrestato con accuse ben poco solide, al bavaglio imposto alla stampa locale, dalla repressione dei diritti LGBTQ+ a scelte di politica ambientale nettamente bocciate da tutti gli esperti del settore, dall’attacco ai diritti delle donne sferrato con l’uscita dalla convenzione di Istanbul a una lunga serie di accuse che risalgono a quando non era ancora a capo dello Stato.

Un ruolo nel quale ha resistito nonostante il tentativo di golpe militare del 2016, che Erdoğan ha respinto e che ha gettato ulteriore benzina sul fuoco dei suoi difficili rapporti con gli Stati Uniti, sospettati di aver quantomeno caldeggiato il colpo di Stato. Un pedigree da vero e proprio nemico pubblico numero uno delle democrazie, almeno fino a quando Vladimir Putin non si è incaricato di scompaginare gli equilibri consolidati con un’aggressione militare all’Ucraina che ha indignato l’opinione pubblica.

Oggi, per ironia della sorte, a vestire i panni del guerrafondaio è il Presidente USA Joe Biden che, usando toni da bullo di periferia, ha rischiato di spazzar via ogni residua speranza di soluzione pacifica. Una soluzione a tutt’oggi ancora lontana – giova ripeterlo per non abbandonarsi al wishful thinking – ma che oggi pare scorgersi almeno in lontananza, come la luce in fondo al proverbiale tunnel.

L’uomo del giorno è certamente Erdoğan, che ha preso in mano il tavolo della mediazione chiarendo a entrambe le parti in causa che il mondo stava aspettando un loro segnale. E il segnale, almeno iniziale, è arrivato. Curioso che il regista di questo progetto di pace sia uno dei leader meno pacifici del mondo occidentale? Non nel radicale pragmatismo che regola queste vicende. Come ci ha spiegato il discusso sociologo Alessandro Orsini in uno dei suoi controversi interventi a Piazzapulita, “Se Putin è uno schifoso, tra schifosi possiamo intenderci e discutere della pace". Figuriamoci se non possiamo farlo con Erdoğan, se questa è la posta in palio. 

 

 

 

 

 

 

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