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Roma, 18 feb. (Labitalia) - Il Coronavirus sta mettendo in ginocchio quella che è considerata la 'fabbrica del mondo', la Cina. Oltre alle cattive notizie legate al numero di decessi e di persone contagiate che sale sempre di più, un dato da non sottovalutare è anche quello relativo all’impatto che questa pandemia ha sulle attività produttive in tutto il pianeta, Italia compresa. Secondo l'ufficio studi di Confcommercio, il nostro Paese rischia di perdere lo 0,3% del Pil a causa di questo virus. Sono molte, infatti, le aziende italiane che hanno stretti rapporti con la Cina e che in questo momento sono impegnate su diversi fronti che stressano il loro business. A fare un'analisi dell'impatto economico è lo studio legale Littler.“Da un lato, le nostre imprese hanno obbligatoriamente dovuto ridurre il rischio di esposizione dei propri lavoratori al virus sospendendo viaggi o trasferte in Cina e verificando, con il supporto del ministero della Salute, che non vi siano problematiche di manipolazione dei materiali provenienti dalla Cina”, commentano Edgardo Ratti e Carlo Majer, co-managing partner dello studio legale Littler. “Il datore di lavoro, per legge, deve, infatti, tutelare in primis l’integrità fisica dei lavoratori - ricordano - e, con specifico riferimento ai rischi biologici, attuare misure tecniche, organizzative e procedurali per evitare l’esposizione dei lavoratori ad agenti biologici".Il virus, però, non pone solo tematiche afferenti alla gestione del personale (si pensi anche, in taluni casi, alla temporanea sospensione dell’attività lavorativa e all’eventuale ricorso quindi agli ammortizzatori sociali), ma anche complesse questioni di ordine commerciale e contrattuale. “Così, per esempio, si consideri l’impossibilità per molte aziende italiane, a causa del rallentamento o fermo della produzione, di adempiere agli impegni commerciali presi con i loro clienti; il che rappresenta una potenziale fonte di contenzioso e di responsabilità risarcitoria per la parte inadempiente. Gli scenari e le implicazioni, anche in termini legali, sono molteplici e invero piuttosto complessi”, continuano Ratti e Majer.È il caso, per esempio, di Cedral Tassoni, storica azienda italiana fondata nel 1793 a Salò, che ha da tempo avviato rapporti con la Cina per esportare i suoi prodotti e che ora si trova in una situazione di stallo. “La Cina è uno dei mercati nei quali stiamo pianificando una crescita”, commenta Elio Accardo, amministratore delegato di Cedral Tassoni. "E’ un mercato maturo - sottolinea - e che è rimasto conquistato dai nostri prodotti, spesso incontrati in vacanze in Italia. Ma l’arresto dettato dall’allarme ha bloccato tutti i contatti avviati già nello scorso anno. Speriamo, per il bene di tutti, di poter riprendere le nostre trattative nel secondo semestre dell’anno”.Tra i segmenti colpiti dal Coronavirus, c’è anche il mondo accademico, che richiama in Italia ogni anno un numero crescente di studenti cinesi, che preferiscono sempre di più frequentare corsi di studio in Europa piuttosto che negli Stati Uniti. Università di Bologna, Politecnico di Milano, Luiss di Roma e altri atenei hanno registrato almeno il raddoppio, nell'ultimo decennio, del numero di studenti cinesi iscritti e in molti casi il numero è finanche quadruplicato. Roomie, entrata da poco nel progetto Elite di Borsa Italiana, gestisce centinaia di immobili a Milano, destinati ad ospitare studenti e giovani lavoratori provenienti da tutto il mondo. Alessandro Urbani, socio fondatore di Roomie, riferisce: “L’impatto dell’allarme Coronavirus è importante: sono state cancellate tutte le prenotazioni dall’Est asiatico per il semestre che inizia proprio ora, a fine febbraio, e naturalmente non abbiamo ancora nessuna opzione o richiesta nemmeno per il secondo, a settembre. Un segnale importante, considerando che gli asiatici rappresentano il 5% dei nostri clienti”. Il Coronavirus rischia, infine, di mettere in ginocchio anche il settore turistico italiano, punto nevralgico dell’economia: Federalberghi ha stimato prenotazioni in calo del 40%. A cominciare da quelle per il Carnevale di Venezia.




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