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Roma, 17 feb. (Labitalia) - "Noi sul mercato americano abbiamo sempre investito, è un mercato che amiamo, i consumatori apprezzano i nostri prodotti, e vogliamo continuare a farlo anche in futuro". Ad affermarlo Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, che proprio pochi giorni prima della 'sentenza' che ha salvato il vino italiano dall'imposizione di nuovi dazi all'importazione negli Stati Uniti è volato a New Work per presentare, per la prima volta, a livello mondiale, le nuove annate dei grandi rossi piemontesi con la prima edizione del 'Barolo & Barbaresco World Opening'."Proprio il Bbwo - sottolinea - è una dimostrazione di investimento massiccio e unitario. L'idea di un Opening mondiale è nata perché abbiamo pensato che fosse ora che il Consorzio facesse sentire la propria voce. In passato abbiamo lasciato fare questa azione ai singoli produttori, che hanno fatto un ottimo lavoro: abbiamo avuto dei testimonial, le cantine appunto, che hanno girato per il mondo e hanno portato in alto il nostro marchio. Adesso era venuto il momento di fare un salto di qualità. Il fatto di essersi presentati tutti uniti, con circa 220 cantine e le menzioni geografiche aggiuntive, vuol dire aver espresso una voce unitaria, per far conoscere non solo al trade ma anche e soprattutto al consumatore finale il nostro vino". "Al Bbwo - ricorda - abbiamo presentato due vendemmie importanti: la 2016 per il Barolo, che ha un invecchiamento di 4 anni, e un anno in meno per il Barbaresco che esce con la 2017. Il Barolo 2016 è prodotto in 14,5 milioni di bottiglie, il Barbaresco 2017 in 4,5 milioni. In totale, oltre 18 milioni di bottiglie di grandi vini, che sono i nostri messaggeri più importanti, che vanno per il mondo, in gran parte negli Stati Uniti che rappresentano circa il 30% del nostro export e quindi un mercato essenziale".Di 'coralità' delle cantine parla anche il 'veterano' tra i produttori del Piemonte, Angelo Gaja: "Quando c'è una partecipazione così corale dei produttori, di tutte le dimensioni, vuol dire che ci credono. I vini delle Langhe hanno cominciato ad essere apprezzati e lo saranno ancora di più in futuro".A sottolineare l'importanza del mercato americano è Marco Serra, dell'azienda agricola Josetta Saffirio, cantina piemontese che produce essenzialmente Barolo: "Pur muovendoci nella ricerca di mercati alternativi, gli Stati Uniti restano il primo importatore per i vini italiani, mi pare sui 30 milioni di ettolitri: consumano un sacco di vino ed è quindi un mercato troppo importante per la realtà dei vini piemontesi ma di tutti i vini italiani in generale. Per questo, avevamo chiesto di fare presto nella decisione sui dazi, perché la situazione di incertezza stava provocando che eravamo fermi con i nostri distributori, che erano impauriti sul futuro del vino italiano negli Usa, mentre alcuni importatori si sono mossi in anticipo per fare scorte". A far sentire la voce degli importatori di vino italiano è Giuseppe Capuano, vicepresidente di Vias Imports: "Nell'attesa della decisione ci eravamo preparati aumentando un po' le nostre scorte. Possiamo dire che negli Stati Uniti tutte le associazioni hanno fatto il massimo; infatti, la decisione doveva essere emessa un mese fa ma, dato tutto il movimento creato da noi importatori, distributori e operatori del settore, hanno rinviato di un mese. Una situazione, del resto, di cui il vino non è responsabile, così come non c'entra nulla l'Italia". Capuano tiene a sottolineare che Vias Imports "è una ditta di importazione di vino italiano da 40 anni negli Stati Uniti: è un'azienda americana, nata da un'idea italiana, che dà quindi lavoro a famiglie americane e che esporta tradizione e cultura italiana negli Usa".




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