L’industria automotive italiana in affanno: la produzione cala del 17,3% nel primo semestre 25’ - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 08:52

L’industria automotive italiana in affanno: la produzione cala del 17,3% nel primo semestre 25’

Nel primo semestre 2025 l’industria automotive italiana perde il 17,3%. Calano produzione e fatturato, soprattutto nel comparto autovetture e componentistica.

Redazione Motori

Il motore dell’industria automotive italiana sta rallentando. E non è un’immagine poetica: i dati diffusi da ANFIA e ISTAT parlano chiaro.

A giugno 2025 la produzione complessiva del settore è calata del 3,8% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Ma il vero allarme arriva dal dato semestrale: nei primi sei mesi dell’anno la flessione sfiora il 17,3%. Una battuta d’arresto che racconta un momento di estrema complessità per uno dei settori cardine della manifattura nazionale, sia per valore economico che per occupazione.

Il dato più impressionante riguarda le autovetture: con circa 136.500 unità prodotte, il calo rispetto al primo semestre del 2024 è del 31,7%. A giugno il numero di vetture costruite supera di poco le 24mila unità, quasi in linea con l’anno precedente, ma troppo poco per compensare le perdite precedenti. Il comparto che negli anni ha rappresentato il cuore pulsante della meccanica tricolore oggi si trova ad affrontare una fase di ridefinizione, con molte incertezze sul fronte della transizione elettrica, degli investimenti e delle politiche industriali.

L’anatomia di un calo: tra elettrico, export e componenti

Dietro i numeri c’è una realtà articolata e in evoluzione. Il calo produttivo non è uniforme: la fabbricazione di autoveicoli in senso stretto  cioè auto e veicoli commerciali  ha registrato a giugno un -3% tendenziale e un drammatico -23,5% nel primo semestre. Va meglio, paradossalmente, per le carrozzerie, rimorchi e semirimorchi, che crescono del 4% nei sei mesi, ma si tratta di un segmento con un peso marginale sul totale.

Anche la fabbricazione di parti e accessori  cioè la componentistica  non sfugge alla dinamica negativa: -5% a giugno, -11,3% nel semestre. Ed è proprio su questo punto che si apre uno dei fronti più delicati della crisi. La componentistica rappresenta la spina dorsale della filiera italiana e risente della contrazione della domanda interna e delle difficoltà legate alle catene di fornitura, oltre che di un rallentamento nella conversione tecnologica.

Sul fronte del fatturato, le notizie non sono più rassicuranti. A maggio 2025, ultimo mese disponibile per il dato economico, l’intero settore automotive ha registrato un calo del 7,5%. Il crollo è trainato soprattutto dal mercato interno (-11,1%), mentre le esportazioni limitano i danni ma restano comunque in negativo (-4,1%). Nei primi cinque mesi dell’anno il fatturato totale del comparto è sceso del 14,5%, con punte drammatiche nel segmento componentistica: -25,7% sul mercato interno e -6,5% all’estero.

Il contesto industriale generale non aiuta

A pesare sulla performance del settore non è solo un problema endogeno. La produzione industriale italiana nel suo complesso è in calo: -0,9% a giugno, -1,2% nel primo semestre 2025. L’automotive, però, soffre molto di più della media. E non è un dettaglio. Significa che i problemi del comparto non sono solo legati alla congiuntura macroeconomica, ma riflettono anche uno squilibrio strutturale.

Il rallentamento globale della domanda di auto, la concorrenza sempre più agguerrita da parte dei produttori cinesi, i costi energetici ancora elevati e la transizione all’elettrico che non riesce a tradursi in numeri significativi sul piano della produzione nazionale: sono tutti elementi che convergono nel delineare una fase critica.

In particolare, il peso crescente dell’elettrico ha un doppio effetto. Da un lato, richiede un aggiornamento della filiera, con investimenti spesso onerosi per le piccole e medie imprese della subfornitura. Dall’altro, la carenza di una strategia industriale nazionale solida e stabile rischia di lasciare scoperta proprio la fase più delicata della trasformazione.

Una filiera fondamentale per l’economia italiana

La fotografia scattata da ANFIA è tanto impietosa quanto realistica. Il settore automotive rappresenta in Italia un vero pilastro industriale: più di 5.400 imprese, 272.000 addetti (tra diretti e indiretti), un fatturato di oltre 113 miliardi di euro, il 9% della manifattura nazionale. Eppure, oggi questa macchina perfetta sembra ingolfata, rallentata da una serie di variabili che vanno affrontate con lucidità e tempestività.

Il prelievo fiscale legato alla motorizzazione ammonta a 71 miliardi di euro l’anno: una cifra che, da sola, evidenzia l’importanza del comparto per la tenuta delle finanze pubbliche. Ma se la produzione arretra e il fatturato crolla, anche l’indotto fiscale inevitabilmente si riduce. Il rischio è una spirale negativa in cui a rimetterci non è solo il settore, ma l’intero Paese.

Le prospettive: ripartenza possibile, ma serve una visione

L’industria automotive italiana non è al capolinea. Ma la ripartenza passa da scelte rapide, strategiche e coordinate. Servono incentivi mirati per sostenere la produzione, investimenti nella formazione delle competenze digitali e green, infrastrutture per la mobilità elettrica e un quadro normativo che favorisca l’innovazione, senza penalizzare le imprese nella fase di transizione.

L’Italia ha tutte le carte in regola per tornare competitiva. Le eccellenze nella componentistica, la creatività nel design, la capacità ingegneristica e produttiva sono ancora presenti. Ma vanno sostenute con una politica industriale coerente e coraggiosa, capace di guardare al medio-lungo termine e non solo alla contingenza.

In gioco non c’è solo il futuro dell’auto italiana, ma quello di un pezzo intero del tessuto industriale del Paese. E forse anche la possibilità di continuare a essere protagonisti in un mercato globale che non aspetta nessuno.