Auto e Motori
De Meo alla Commissione attività produttive: “Europa in bilico sull’auto”
Il CEO di Renault lancia l’allarme alla Camera: la Cina domina l’elettrico, l’Europa reagisca con un piano industriale coeso, flessibile e davvero competitivo

«Quest'anno sarà fondamentale. Abbiamo una finestra di 3-5 anni per reagire alla potenza del sistema cinese».
Parole che pesano, quelle pronunciate da Luca de Meo, amministratore delegato del Gruppo Renault, intervenuto in audizione alla Commissione Attività produttive della Camera. Il manager, ex presidente dell’ACEA, non ha usato giri di parole per raccontare lo stato di salute dell’industria automobilistica europea. E non si è limitato a lanciare l’allarme: ha disegnato una mappa per cambiare rotta.
L’auto, ha ricordato, è uno dei pilastri dell’economia europea: occupa 13 milioni di lavoratori, vale l’8% del PIL dell’UE e il 30% degli investimenti in ricerca. Ma il mondo è cambiato. L’elettrificazione, l’avvento della Cina, la crisi dei semiconduttori e le tensioni geopolitiche hanno completamente riscritto le regole del gioco.
Non si torna indietro sull’elettrico
Renault, ha chiarito de Meo, non chiede un passo indietro. Al contrario, il Gruppo guarda con favore al dibattito in corso, ma invita l’Europa a non farsi distrarre. L’elettrico, dal punto di vista ambientale, è già una scelta vincente: nel 2030 un’auto elettrica avrà un’impronta carbonica inferiore del 70% rispetto a una termica. E il settore ci sta investendo: tra il 2024 e il 2026 l’industria lancerà 86 nuovi modelli elettrici, con investimenti da 250 miliardi di euro. Tornare indietro, insomma, non è solo impensabile. È pericoloso.
Ma attenzione: per de Meo, il vero nemico non è una tecnologia o l’altra, bensì la CO2. L’Europa deve mantenere la neutralità tecnologica, evitando una guerra di religione tra motori. Un approccio pragmatico, che valorizzi soluzioni ibride come PHEV ed EREV, in grado di abbattere le emissioni del 50% rispetto ai motori endotermici. Così come non vanno trascurati biocarburanti ed e-fuel per decarbonizzare l’attuale parco circolante, la cui età media supera i 12 anni.
Serve un nuovo approccio: CO2 equivalente
Uno dei passaggi più forti dell’intervento riguarda il metodo di calcolo delle emissioni. Il sistema attuale, che misura le emissioni solo “dal serbatoio alla ruota”, è ormai obsoleto. Con la crescita dei veicoli elettrici, oggi questo parametro copre appena il 30% delle emissioni reali. Serve un metodo nuovo, che tenga conto dell’intero ciclo di vita dell’auto: dall’estrazione delle materie prime alla produzione, fino all’utilizzo e al riciclo. Un modello più onesto, più completo, che premi davvero chi investe in innovazione sostenibile.
Una strategia industriale, non solo regole
Il punto critico, per de Meo, è la mancanza di visione. Troppi regolamenti, poche strategie. La Cina, ha spiegato, ha vinto perché ha saputo coordinare produzione, approvvigionamento e normative. L’Europa, invece, si è limitata ad accumulare regole senza coordinamento. Serve una governance industriale integrata che consideri tutto: dalle miniere di litio alle infrastrutture di ricarica. Anche perché oggi un’auto elettrica ha il doppio dei semiconduttori di una termica e il 70% dei suoi costi materiali è legato a componenti nuovi. Un’industria del genere non può sopravvivere senza una regia politica chiara e condivisa.
De Meo propone la creazione di uno sportello unico per le normative e un’azione diplomatica sulle materie prime. E soprattutto chiede di rimuovere i colli di bottiglia burocratici che rallentano gli investimenti in mobilità sostenibile.
Ripensare le città, sostenere il mercato
Uno dei nodi più urgenti è il mercato. La quota di auto elettriche nell’UE è ferma al 13,6%, ben lontana dal 20% richiesto per rispettare i target ambientali. E la situazione è ancor più grave se si guarda al parco auto: 250 milioni di veicoli, con età media superiore ai 12 anni. L’Europa è l’unico grande mercato a non essere tornato ai livelli pre-Covid. In più, l’acquirente medio ha 56 anni e il prezzo delle auto è cresciuto del 60% in vent’anni.
De Meo è netto: servono incentivi strutturali per l’acquisto di veicoli elettrici, criteri di accesso alle agevolazioni basati su parametri oggettivi (come l’ecoscore), fondi europei per il rinnovo delle flotte aziendali e un’accelerazione drastica sull’infrastruttura di ricarica, oggi 7 volte più lenta del necessario.
Un’energia troppo cara per competere
La Cina vince anche grazie a un’energia più economica. Oggi produrre un’auto in Europa costa il 30% in più che in Cina. L’elettricità, nel nostro continente, costa il doppio che in Cina e il triplo rispetto agli Stati Uniti. Per invertire questa tendenza, l’Europa deve garantire energia verde a 50 €/MWh, istituire zone economiche verdi con tariffe agevolate e rendere i poli industriali più attrattivi per gli investimenti.
Innovazione e piccoli veicoli: l’Airbus dell’auto elettrica
C’è poi un segmento dimenticato: quello delle piccole auto. Una volta cuore pulsante della produzione europea, oggi sta scomparendo sotto il peso delle normative e dei costi. Il prezzo di accesso al mercato è cresciuto del 60% in dieci anni, e una citycar come la Clio oggi costa il 40% in più rispetto al 2015.
De Meo rilancia un’idea audace: creare un’alleanza europea, un “Airbus delle piccole auto elettriche”. Modelli compatti, sotto i 4 metri, batterie da 30 kWh, velocità massima 110 km/h. Progettati per l’uso urbano, sostenuti da agevolazioni fiscali, parcheggi dedicati e normative ad hoc. Una soluzione per la decarbonizzazione, ma anche per riaccendere la filiera produttiva nei Paesi mediterranei.
L’auto europea può ancora vincere. Ma il tempo stringe
Il messaggio è chiaro: l’Europa non può più permettersi di navigare a vista. Ha bisogno di un progetto. Di un’alleanza. Di un sistema. Solo così potrà rispondere alla sfida cinese, rilanciare la competitività e guidare davvero la transizione ecologica. Se non ora, quando?