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Politica
Afghanistan, Di Battista in linea con Conte. E Draghi cerca il dialogo con Xi

"Basta con questo bieco fideismo nei confronti di tutto quel che esce fuori dal Pentagono. Basta con tale stupida sudditanza. Mentre il mondo intero non puo' far altro che registrare l'ennesimo fallimento della politica estera americana sarebbe opportuno che le pubbliche opinioni europee chiedessero conto ai politici dell'UE dei loro errori. Troppo comodo prendersela con i Bush, gli Obama, i Trump o i Biden". Lo scrive Alessandro di Battista su Facebook rilanciando un suo articolo su Tpi, di fatto ribadendo la linea espressa da Giuseppe Conte sul dialogo coi talebani ma con toni molto più accesi e meno istituzionali rispetto a quelli dell'ex premier, che non ha mai messo in dubbio l'alleanza con gli Usa. "Troppo comodo criticare solo Washington - prosegue - quando Bruxelles, Roma, Parigi e Berlino si sono bevuti le balle propagate dalla Casa Bianca. Oltretutto i fallimenti made in Usa, oltre ad essere costati centinaia di migliaia di morti, milioni di follati e migliaia di miliardi di dollari, hanno minato inesorabilmente gli interessi europei in Medio Oriente e nel Mar Mediterraneo. L'essersi accodati in modo vile alle scorribande dei sedicenti poliziotti del mondo ha rappresentato un atto di alto tradimento da parte delle classi dirigenti dell'UE nei confronti di quasi 450 milioni di cittadini europei".

AFGHANISTAN: DI BATTISTA "BISOGNA PARLARE CON I TALEBANI"

"Sono anni che sostengo che la guerra in Afghanistan, combattuta per ossequiare gli interessi delle grandi fabbriche di morte nordamericane e per creare un avamposto Usa in un Paese geo-politicamente strategico (l'Afghanistan ha quasi 1.000 km di confine con l'Iran, non e' lontano dal Mar Caspio, dove opera la marina russa, ed e' collegato alla Cina attraverso il Corridoio del Wakhan) fosse una follia e che la storia della democrazia da esportare fosse una fake news. Oggi se ne accorgono orde di ipocriti", si legge nell'articolo di Di Battista. "Ma sono gli stessi ipocriti che, al posto di inchiodare alle loro responsabilita' illustri assassini in doppio petto, parlano dei talebani, i quali godono del sostegno di milioni di afghani. L'ha ricordato pochi giorni fa Dario Fabbri, ottimo analista di Limes. "I talebani hanno un reale consenso nel Paese: nessun regime, neanche il piu' dispotico, puo' esistere senza consenso". E tale consenso non e' legato alle assurde dichiarazioni fatte dai politici occidentali", prosegue.

"Ai talebani di essere "riconosciuti" importa poco o nulla. Sono i vincitori della guerra in Afghanistan e, piaccia o non piaccia, se si vuole avere un minimo di influenza su una terra strategica o se, banalmente, si vuole dar seguito alle dichiarazioni contrite e mettere in piedi corridoi umanitari per migliaia di profughi, bisogna parlare con loro. Punto - scrive ancora l'ex deputato -. Oltretutto non sarebbe nulla di nuovo. Da anni ormai pezzi grossi dell'intelligence dei Paesi occidentali trattano con i talebani. Ci hanno trattato emissari di capi di Stato, dirigenti dei ministeri degli Esteri, Ong, persino direttori di imprese straniere. Io, sia chiaro, non provo alcuna simpatia per i talebani, ma trovo stomachevole scandalizzarsi per come i talebani trattano le donne e fare affari con i sauditi o considerare un "principe del rinascimento" Mohammad bin Salman, colui che ha ordinato l'assassinio e il conseguente smembramento del giornalista Khashoggi. Chi e' davvero interessato alle condizioni di vita degli afghani, martoriati da una guerra infinita, la cui maggior parte vive con meno di 2 dollari al giorno (i denari americani hanno corrotto l'establishment afghano, non hanno certo aiutato la popolazione), dovra' parlare con i talebani". 

Afghanistan, Draghi punta sul G20 e vuole il dialogo con Xi Jinping

Il premier, Mario Draghi, che nei giorni scorsi ha già avuto importanti colloqui con Angela Merkel, Vladimir Putin ed Emmanuel Macron, venerdì sera ha sentito anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, al centro di una bufera nel suo Paese (e non solo) per la gestione del ritiro delle truppe dall'Afghanistan che, per sua stessa ammissione pubblica, "non poteva avvenire senza che si creasse il caos". Si punta sul G20, ma il premier continua ad allargare il suo raggio d'azione diplomatico e punta a coinvolgere anche il presidnete cinese Xi Jinping, con il quale secondo il Corriere della Sera ci sarà una telefonata nei prossimi giorni dopo quella di Luigi Di Maio con il ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi.

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