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Politica
Governo, Movimento cinque stelle non liquido. Liquefatto
Beppe Grillo  Lapresse

E meno male che il Movimento cinque stelle nel governo Draghi doveva farsi sentire e che, rimanendo al timone, avrebbe potuto continuare a portare avanti le sue battaglie e difendere le sue conquiste. Sembra ancora di sentire l’eco delle parole pronunciate dal capogruppo M5s alla Camera Davide Crippa, all’indomani della scelta governista, quel “non tradiremo la nostra missione, saremo le sentinelle vigili e avremo un ruolo attivo continuando a incidere”. E che dire della benedizione del presidente della Camera Roberto Fico che, in maniera assertiva, parlava del nascente esecutivo come di “un governo che, al di là delle singole personalità ‘tecniche’ che lo dovessero costituire, non potrà mai dirsi ‘tecnico’”?

Ebbene, sono passati poco più di tre mesi da quando Draghi si è insediato a Palazzo Chigi, ma dell’incisività pentastellata ancora non si vede traccia. Va bene il Movimento liquido - anche se non per molto ancora, vista la ‘normalizzazione’ avviata da Giuseppe Conte -, ma al momento più che liquido appare liquefatto. Dalla giustizia all’ambiente, due delle cinque stelle più sfolgoranti dei Cinque stelle, il partito di maggioranza relativa fatica a farsi sentire e a contare. La prescrizione, messa a punto e strenuamente difesa dall’ex guardasigilli Alfonso Bonafede, per esempio, è sempre più in bilico, con le due ipotesi di riforma elaborate dalla commissione ministeriale guidata dall’ex numero uno della Consulta Giorgio Lattanzi e voluta dal titolare di via Arenula Marta Cartabia. Proprio oggi il ministro, nella serie di incontro con i partiti, riceverà una delegazione M5s.

Il Movimento proverà a resistere, ma il solco pare tracciato nel segno della discontinuità. E c’è da scommettere, in barba alle convinzioni di Fico, che sarà l’anima tecnica a prevalere. D’altronde, Cartabia era stata chiara nell’avvisare tutti i partiti: “Se non approveremo le leggi di delega per la riforma del processo civile, penale e del Csm entro fine anno, mancheremo a un impegno assunto con la Commissione per ottenere le risorse europee. La posta in gioco sono i fondi del Recovery”.


E che dire della tanto sbandierata transizione ecologica? Il ministero ad hoc è stato l’asso nella manica di Beppe Grillo per convincere i più riottosi sulla bontà del governo Draghi. Se l’è rivenduto come una conquista grillina. A conti fatti, però, ha cantato vittoria troppo presto. Roberto Cingolani, al timone del mega ministero, infatti, sembra tutt’altro che sulla linea pentastellata. Vale per gli inceneritori e le trivelle ma anche per l’idrogeno blu e il mini-nucleare. Tant’è che i parlamentari M5s, come Affaritaliani.it ha già raccontato raccogliendone lo sfogo, hanno dovuto mettere in chiaro i loro paletti sul Pnrr e, quindi, il no agli inceneritori per il trattamento rifiuti e il disco verde solo ed esclusivamente all’idrogeno verde.

Ma c’è un’altra battaglia storica finita nel dimenticatoio e che pure è stata la cifra distintiva dei grillini e cioè la revoca delle concessioni ad Autostrade dopo la tragedia del Ponte Morandi. Passi per la faciloneria con cui l’allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli liquidò la questione come cosa fatta. Ma non può passare che invece poi la trattativa sia rimasta in stallo. Finita nel porto delle nebbie. Fuori dai radar. Ha gioco facile, quindi, l’ex deputato M5s Alessandro Di Battista a ricordare che oggi si parla più del Ponte sullo stretto “che della revoca delle concessioni autostradali”.

Anche se Dibba trova terreno fertile pure di fronte alle timidezze pentastellate sul conflitto israelo-palestinese e più in generale nel contestare “un conformismo sconvolgente che non vi era durante la Prima Repubblica”. Un siluro indirizzato pure a Di Maio, schiacciato sulla linea atlantista di Draghi? Quelli che un tempo erano i gemelli diversi del M5s hanno posizioni distanti su questo. Ciò che si può dire è che se da un lato Di Battista essendo fuori dalla politica ha maggiore libertà di azione, dall’altro è altrettanto vero che nella sua istituzionalizzazione il Movimento ha perso in gran parte la forza originaria. Era stato lo stesso ex capo politico e allora vicepresidente della Camera, in missione nella Regione nel luglio 2016, infatti, a dire a petto in fuori che se il Movimento cinque stelle fosse arrivato al governo avrebbe riconosciuto lo stato di Palestina. "Quello che diciamo facciamo: riconosceremo la Palestina come Stato”, furono le sue parole.

Se sulle battaglie storiche i pentastellati non se la passano bene, non va meglio neppure sulla partita delle nomine. Anche questa un termometro del peso politico di quella che è comunque la prima forza in Parlamento. Ebbene, archiviato Mimmo Parisi all’Anpal, ora si vedrà come andrà finire con Fabrizio Palermo a Cdp su cui, come raccontano ad Affari, “il Movimento cerca di tenere il punto”.

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