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Politica
Il video di Beppe Grillo e le diverse sfumature di violenza

Per violenza si intende l’azione dell’infrangere i limiti fisici, emotivi, psichici di una persona o più persone. Come possiamo definire il video di Beppe Grillo (intervenuto “nel nome del figlio”) se non un vero e proprio atto di violenza?

Un atto lesivo nei confronti di differenti attori: i presunti autori del reato (figlio compreso), la presunta vittima e la sua amica, e certamente tutti coloro che l’hanno guardato.

Tutti, in varia misura, siamo stati travolti da un’ondata di rabbia che non ha lasciato affatto intravedere il dolore e la disperazione di un padre nei confronti di un figlio (accusato certo di aver commesso azioni terribili), ma piuttosto l’urgenza, ahimè di marca sicuramente “grillina”, di gridare allo scandalo inveendo contro un sistema giudiziario che non avrebbe tenuto conto di prove inequivocabili: la ragazza si stava divertendo, aveva assunto alcool… ma certo! E soprattutto, la ragazza ha denunciato il presunto stupro solo otto giorni dopo: questa sarebbe, secondo il giudice Grillo, la prova incontrovertibile.

Riavvolgiamo il nastro.

C’è, in primis, una violazione degli spazi, dei luoghi opportuni e dei tempi necessari: i processi si fanno in tribunale e hanno bisogno di varie fasi prima di giungere alla formulazione di una sentenza.

I presunti aggressori, hanno il diritto a una difesa adeguata e, sicuramente, a una protezione genitoriale che tenga conto della possibilità dell’errore e della messa in atto di un comportamento deviante e abusivo, del quale divenire consapevoli e responsabili.  È un processo delicato che richiede rispetto e silenzio, non clamore.

*Psicologa del servizio di psicotraumatologia di Arp, Studio Associato di Psicologia Clinica, a Milano e componente del Comitato scientifico della Casa della Psicologia dell’Ordinedegli Psicologi della Lombardia

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