La sconfitta toscana ridisegna la Lega: Vannacci arretra all'improvviso, Salvini sotto pressione - Affaritaliani.it

Politica

Ultimo aggiornamento: 12:34

La sconfitta toscana ridisegna la Lega: Vannacci arretra all'improvviso, Salvini sotto pressione

Mentre tramonta la stella di Vannacci, che forse in cuor suo sognava di conquistare la leadership di Matteo, ora sembra quasi inevitabile ritornare alle origini

di Vincenzo Caccioppoli

DALLA TONFO LEGHISTA IN  TOSCANA ESCE RIDIMENSIONATO VANNACCI, MA ANCHE SALVINI

Analizzando la netta vittoria di Eugenio Giani in Toscana, ampiamente prevedibile, anche se non in questi termini numerici, balza subito agli occhi un dato che fa riflettere e che rappresenta ormai in maniera evidente la crisi, forse irreversibile, del progetto di creare una Lega nazionale di Matteo Salvini.

Un calo di 16 punti, rispetto alle precedenti regionali (quando però il candidato del centrodestra era la leghista Susanna Ceccardi) è un crollo che non ammette repliche o giustificazioni. Il sorpasso di Forza Italia, poi, aggiunge sale alla ferita, per non parlare del doppio dei voti raccolti dalla lista riformista di Matteo Renzi.

“In Toscana forse si chiude, finalmente, un ciclo della Lega, che è quello inaugurato dieci anni fa dal segretario, che pretendeva di allargare un movimento ben radicato sul territorio in un partito nazionale. In questo modo abbiamo perso la nostra natura e il contatto con i nostri territori. Bisogna tornare alle origini, gambe in spalle e pedalare, altro che affidarsi al tribuno di turno", dice un senatore di vecchio corso del Carroccio.

Il riferimento al tribuno non può che andare alla figura del  generalissimo Roberto Vannacci, a cui Salvini aveva affidato il ruolo di plenipotenziario sulle elezioni in Toscana. Il risultato è stato un flop clamoroso, che, però, paradossalmente, potrebbe fare il gioco anche di Salvini, a cui l’estro e l’indipendenza di Vannacci cominciavano forse a diventare scomodi, per non parlare delle dissidi che aveva ormai creato con mezzo vertice leghista.

Insomma il “giocattolo” tirato fuori ad arte per salvare il partito da un altro flop alle europee (operazione in quel caso riuscita perfettamente) sembrava essere sfuggito dal controllo del suo stesso creatore. Ma la sconfitta anche per il segretario resta comunque pesantissima e sta crescendo il malumore in queste ore da parte dell'opposizione interna, contro quella che viene considerata un linea politica suicida.

Matteo Salvini credeva di riuscire proprio con questo volto alle amministrative a fermare l'emorragia di voti che continua inesorabile da 4 anni. Gli serviva per essere più forte nella coalizione di maggioranza, e gli serviva per potere appunto conservare quelle Regioni del Nord, che sono considerate come un marchio della stessa identità leghista, Veneto, Friuli Venezia Giulia e soprattutto Lombardia.

Ora dopo che Fdi ha concesso il Veneto, è davvero quasi impossibile, con questi numeri, poter solo pensare che Meloni possa concedere, tra due anni e mezzo, anche la Lombardia. Il crollo del partito in Toscana (assai difficile pensare che il partito possa avere risultato migliore in Campania e Puglia, e qualcuno pensa che anche in Veneto le cose potrebbero non andare benissimo per la Lega, dopo il niet di Fdi al nome di Zaia sul simbolo) con tutte le conseguenze che ne verranno, potrebbe quindi rappresentare un punto di svolta nella strategia di medio e lungo corso della Lega.

Mentre tramonta la stella di Vannacci, che forse in cuor suo sognava di conquistare la leadership di Matteo, ora sembra quasi inevitabile ritornare alle origini, alla Lega dei territori, la lega di lotta ma che sapeva scollare gli umori della gente che produce. In queste ore, tornano alla mente le profetiche parole pronunciate da Massimiliano Romeo, a dicembre del 2024, in occasione della sua elezione a segretario della Lombardia, di fronte al segretario: "Qualcosa deve cambiare" perché "la svolta a destra non paga" e serve tornare al più presto "a parlare ai territori”.

Una Lega insomma che torni alle origini, che pensi magari meno alla Le Pen e a Orban e più agli operai e al ceto medio. Un partito che non pensi a valorizzare chi nella Lega ci è arrivato da pochi mesi, escludendo  invece chi nella Lega ci è nato e cresciuto politicamente da trent’anni.

L’opinione di qualcuno è anche quella secondo cui Salvini abbia scelto di allontanarsi dalla Lega regionale, per togliere a chi, come Zaia, potesse fargli eccessiva ombra. Il suo era il sogno di chi pensava di andare a Palazzo Chigi, tramontato quello, anche il sogno di diventare partito nazionale sembra destinato a rimanere tale.

Il cambio al vertice di qualche mese fa, con la nomina a  vice segretari di Vannacci e di Silvia Sardone (anche lei invisa a molti della vecchia guardia leghista) è sembrato il classico schiaffo in faccia ai dirigenti storici di prima fascia della Lega. Difficile ora capire che cosa potrà accadere all’interno del partito, si guarderà con grande attenzione ai risultati del Veneto.

In caso di flop anche lì, si aprirà certamente all'interno una seria riflessione sul futuro, e in quel caso anche lo stesso ruolo del segretario, rieletto all'unanimità solo pochi mesi fa, non potrà che essere rimesso in discussione.