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Politica
Lobby nera, l'inchiesta è finita, le polemiche sul giornalismo undercover no

L’inchiesta “Lobby nera” è finita: “Al momento non sono previste altre puntate”, dice il direttore di Fanpage Francesco Cancellato, ma le polemiche non si placano

Cancellato ha parlato anche di minacce nei confronti di Salvatore Garzillo, il giornalista di Fanpage che per tre anni si è infiltrato negli ambienti della destra milanese. Il reporter ha reso pubblici alcuni messaggi che gli sarebbero stati inviati da Roberto Jonghi Lavarini, una volta bruciata la sua copertura.

Appena scoperto che il trolley consegnato dal finto imprenditore conteneva dei libri, il “Barone Nero” è andato su tutte le furie. Nei messaggi pubblicati da Garzillo si legge: “Dammi una spiegazione entro un’ora o ti vengo a cercare. Prima di emettere una mia sentenza e avviso pubblico nei tuoi confronti (ma poi devi lasciare Milano) attendo spiegazioni, di qualunque genere, entro oggi”.

E ancora: “Tu non sei un giornalista d’inchiesta super partes ma una spia politica, punto. Per fortuna nessuno, tranne me, ti ha dato credito e si è fidato… La conclusione romanzesca era prevedibile, oramai lo avevo capito quasi anche io, per questo i vostri uomini attori sono stati a loro volte pedinati e filmati, come la targa del tuo amico…”. 

“Ho bloccato sei iniziative su nove, ora mi toccherà pagare personalmente le altre promesse. Oltre il danno, la beffa”, continuano i messaggi che, stando a quanto rivelato, sarebbero stati inviati da Jonghi Lavarini.

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LA POSIZIONE CRITICA DELL'UNIONE DELLE CAMERE PENALI 

Fa molto discutere anche la presa di posizione dell’Unione delle Camere Penali che, in un documento dell'Osservatorio sull'Informazione Giudiziaria, Media e processo penale, mette in forte discussione l’operato di Fanpage e quella che viene definita “la nuova frontiera del giornalismo d'inchiesta”.

Sebbene le inchieste sotto copertura siano un classico della professione giornalistica, il documento ne mette in discussione i fondamenti: “Non si assiste più alla ‘ricerca’ di informazioni correlate alla vicenda sottostante un’indagine giudiziaria in corso o alle solite, impunite violazioni del segreto istruttorio. Questa volta siamo al cospetto di un reporter che, dissimulando il proprio status personale, stimola proposizioni e comportamenti penalmente rilevanti, sino a determinare il momento genetico della notitia criminis, all’esito della pubblicazione del reportage. Il percorso ‘informativo’ subisce così una drammatica inversione ad U nel suo ‘fisiologico’ sviluppo informando il cittadino con la notizia di un fatto innescato e non con l’approfondimento di un fatto già accaduto. Questo non è giornalismo di inchiesta così come lo si vuol definire. È piuttosto il frutto di una vera e propria attività investigativa, sottratta a qualunque forma di controllo dell’Autorità Giudiziaria ed alle regole che presidiano la genesi e lo sviluppo delle vicende processuali”.

Secondo l’Unione, questa attività configura persino dei profili di reato: “Il primo precetto che appare violato è quello di cui all’art. 494 c.p. (sostituzione di persona), poi, dietro fila, entrano in gioco l’art 167 Codice Privacy (trattamento illecito dei dati tramite diffusione delle conversazioni, l’art. 615-bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata, l’art. 617-septies c.p. (diffusione di riprese e registrazioni fraudolente). Dunque, la punibilità per la violazione di quest’ultima norma è espressamente esclusa (scriminata) allorquando la diffusione si commetta per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca”.

Le cose stanno davvero così? Non secondo le autorevoli fonti giuridiche consultate da affaritaliani.it, che ribattono punto su punto.

In merito alla sostituzione di persona, per i giornalisti si fa riferimento all’art. 2 del codice di deontologia, secondo il quale è obbligatorio dichiarare la propria qualifica professionale, a meno ciò non metta l’interessato in pericolo di vita o gli impedisca di accedere alle informazioni che sta cercando. Se è l’unico modo per avere informazioni, il travisamento è quindi un’attività necessaria, nonché tipica del giornalismo d’inchiesta.

“Rispetto agli altri due articoli citati, il primo si riferisce a interferenze esterne, ovvero quando si mette una cimice senza essere presenti, ma non è questo il caso. L’ultimo articolo riguarda le intercettazioni in presenza, ma appunto non c’è punibilità se viene fatto per l’esercizio del diritto di cronaca ed è indubitabile che Fanpage lo abbia fatto con questo scopo. La violazione della legge interviene se si accerta una manipolazione delle registrazioni per alterare la realtà, ma non si può negare che le inchieste undercover abbiano fatto la storia del giornalismo, come nel caso del Watergate”.

A difendere l’operato della redazione diretta da Cancellato è anche Carlo Verna, presidente dell'Ordine dei Giornalisti, che ad Adnkronos ha detto: "Sono totalmente dalla parte dei colleghi, un tempo dalla mia regione (la Campania, ndr) si lamentavano dalla sinistra con la vicenda De Luca, adesso si lamentano da destra. Significa che i colleghi sono assolutamente indipendenti e fanno quello che Humphrey Bogart disse: 'è la stampa bellezza'". 

"Dopodiché, se c'è qualcuno che si lamenta perché qualche cosa non è stata fatta seguendo i canoni ci sono i consigli di disciplina al riguardo e non interferisco. Personalmente penso che la rilevanza sociale della notizia debba prevalere nell'interesse pubblico sempre e sono totalmente dalla parte di Fanpage. Abbiamo fin troppe spade di Damocle che pendono su di noi, si possono rivolgere ai consigli disciplinari, possono fare cause. La verità è che ancora non riescono a risolvere il problema delle querele temerarie".

Sul tema è intervenuto anche il legale di Roberto Jonghi Lavarini, Adriano Bazzoni, che sempre ad Adnkronos ha detto: "Sono sicuro che se i pm dovessero ravvisare una fattispecie penalmente rilevante (del giornalista sotto copertura, ndr) sicuramente procederebbero. Convengo sull'opportunità che la magistratura, che i pm stiano facendo i dovuti accertamenti. Ho molta fiducia nell'operato dei due pubblici ministeri che stimo". 

Rispetto al “Barone Nero” l’avvocato aggiunge: "Ovviamente non sta bene, ma più che altro per la propria famiglia perché sa di aver messo moglie e figlie in una situazione di estrema tensione. Per se stesso dal punto di vista giudiziario non mi trasmette alcuna preoccupazione". 

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