A- A+
Palazzi & potere
Lo Stato italiano grippato non è solo colpa del M5s o dei dipendenti pubblici
(fonte Lapresse)

Lo Stato italiano si avvicina al collasso, scrive Pierluigi Magnaschi su Italia Oggi. Non solo adesso perché le attività economiche sono in pratica cessate per poterci difendere dal Covid-19 ma perché ha una classe politica (non solo quella di oggi, che pure non ha certo migliorato le cose) che si è sempre più disinteressata della conseguenza delle sue scelte. In un organismo pubblico normale sarebbe scattato l'allarme se, due anni dopo un devastante terremoto nel Centro Italia, non solo si era fatto praticamente nulla per recuperare le zone colpite, ma addirittura c'erano ancora le macerie per le strade. Invece non è successo nulla.

Mentre non si stava facendo niente a favore dei terremotati, se non il ricovero in alberghi, spesso molto lontani, tutti i politici (e uno in particolare) si recavano ripetutamente sui luoghi colpiti, tenendo conto solo degli orari dei Tg per ottenerne la relativa visibilità. Questi vergognosi e sostanzialmente onanistici pellegrinaggi autopubblicitari non cessarono nel constatare la vergogna di uno Stato impotente di cui questi politici erano i rappresentanti, ma perché, a un certo punto, le autorità di polizia fecero presente che non avrebbe più potuto garantire i leader di governo da reazioni inconsulte da parte dei terremotati. Cessarono allora le visite dei big ma non si accelerarono certo i lavori di ricostruzione.

E che dire del fatto che, sempre con questo terremoto, fu incriminato l'architetto Stefano Boeri per essere riuscito a realizzare a tempo record uno splendido centro sociale finanziato, tra l'altro, dalla sola generosità dei cittadini italiani?

È vero che anni dopo il progettista venne prosciolto ma è anche vero che il messaggio inviato con questo procedimento era chiaro: chi opera a favore delle necessità della gente viene perseguito, mentre chi non fa niente può continuare a dormire su quattro guanciali. Non escludo che il procedimento giudiziario fosse giustificato. Ma, in questo caso, vuol dire che le norme di legge vigenti sono dementi. Cos'è stato fatto poi per cambiarle? Niente. Questo è il punto. In qualsiasi altra attività economica, gli errori fanno inevitabilmente parte del processo produttivo ma, una volta verificatisi, l'imprenditore corre ai ripari e non li ripete più. Salvo commetterne altri ma di diverso tipo che saranno a loro volta corretti. È così che si va avanti. Nella pubblica amministrazione italiana invece non si vedono (o non si vogliono vedere) gli errori, anche quelli più marchiani, e soprattutto non si cambia nulla nell'approccio, pronti quindi a ripeterli ed, eventualmente, aggravarli.

La gestione della lotta contro il Covid-19 è andata, sempre a questo proposito, oltre ogni immaginazione. L'allarme epidemia era stato ufficialmente lanciato dal governo Conte, sotto lo stimolo dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il 31 gennaio scorso, un mese dopo che la pandemia era scoppiata in Cina. Sono passati due mesi da quel decreto regolarmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ma lo Stato, pur avendo a disposizione uno strumento apparentemente poderoso come la Protezione civile, non è ancora stato in grado, oggi, di fornire a tutti i sanitari e ai pazienti (e agli italiani in genere) le mascherine necessarie. Non complicati e rari impianti sanitari o complesse installazioni scientifiche, ma semplici mascherine da mettere sul naso e sulla bocca in quantità sufficiente. Se fosse stato incaricato un volonteroso quadro intermedio di qualsiasi impresa, ci avrebbe messo al massimo tre settimane per renderle disponibili.

Sarebbe bastato redigere un protocollo sulle caratteristiche tecniche richieste per le mascherine e poi sollecitare le imprese a produrle, magari coinvolgendo anche la Confindustria oltre alla sue articolazioni territoriali. In Italia ci sono centinaia, per non dire migliaia, di imprese in grado di farle a livello di eccellenza e in numero più che sufficiente. Ad esempio, una ditta di pannolini (la Filippi di Rho) ha deciso adesso di riconvertirsi. I suoi impianti (lavorando 24 ore al giorno e 7 giorni su 7) sono in grado di sfornare 900 mila mascherine al giorno che saranno pagate dalla Regione Lombardia 50 centesimi l'una contro i 10 euro chiesti in media dalle farmacie che però non possono nemmeno essere accusate di esosità perché le mascherine non ce le hanno nemmeno, come dice il relativo annuncio affisso sulle loro porte d'ingresso.

Lo Stato, invece di promuovere una vigorosa risposta industriale che, in questo caso, sarebbe stata molto semplice, si è connotato un'altra volta come «Ufficio complicazioni affari semplici», emanando fumosi, complessi e spesso disarticolati decreti, direttive e invocazioni, e disinteressandosi dei loro effetti, pronti a riscriverli per magari peggiorarli (è successo) in un delirio normativo nel quale annegano anche i più volonterosi ad applicare le regole.

Ma dove si è toccato il vertice della incapacità di reagire da parte di questo Stato con la gotta e l'enfisema grave, è stato l'ospedale da realizzare in un padiglione messo generosamente a disposizione della Fiera di Milano. La Regione Lombardia, cogliendo la palla al balzo, ha subito chiesto alla Protezione civile di realizzare immediatamente il nuovo nosocomio, essenziale perché destinato a sollevare le strutture ospedaliere ingolfate dai ricoveri. La Protezione ha risposto che non era in grado di farlo. Ma, da questo altro e plateale fallimento statale, è uscito un elemento di speranza per l'Italia intera. Ammesso che il governo voglia tenerne conto.

La Regione Lombardia infatti, visto che lo Stato gottoso si sottraeva ai suoi compiti, ha deciso che se lo Stato non riusciva a realizzare quest'opera, l'avrebbe realizzata essa stessa. Da qui una eccezionale ed elettrizzante corsa tecnologica contro il tempo che passerà alla storia del paese e che si è conclusa ieri, dopo tre settimane di lavoro. E non si è conclusa con la costruzione di un lazzaretto dove depositare i malati ma con la realizzazione di un ospedale vero e proprio, modernissimo e dotato di tutte le attrezzature. Di questa impresa (un grosso ospedale in tre settimane) i talk show tv rovinografi ovviamente non parleranno, confermandosi così come un'altra piaga attribuibile non solo ai loro conduttori ma anche ai loro editori, pubblici o privati che essi siano.

Ma l'ospedale in Fiera, oltre che un exploit, è anche una svolta politica perché dice che la società italiana si è accorta che non può coabitare con questa pubblica amministrazione statale bolsa, che produce solo carte e non opere, di cui la società, specie in questo tempo drammatico, ha un disperato bisogno. L'ospedale blitz dimostra che il livello tecnologico organizzativo del mondo produttivo italiano è incompatibile con uno Stato leguleio che non risponde alle attese della società ed impedisce alle forze che in esso operano (basterebbe ricordare i medici e i sanitari) di esprimersi al meglio delle loro competenze che non consistono nel riempire moduli o di adeguarsi a norme dementi.

PS: E che dire dell'ospedale, anch'esso perfettamente funzionante, che è stato realizzato a Bergamo, in sole tre settimane dall'Associazione nazionale alpini e che è stato anch'esso realizzato ieri? Allo Stato latitante (che però costa come se fosse efficiente) in questi casi si sono sostituite le forze vive e non solo quelle ciancianti del Paese. Chi ci governa può continuare a compiacersi delle sue parole gettate in aria come tanti coriandoli ma gli sfugge un particolare, oggi diventato eclatante: se per fare le opere pubbliche serve l'iniziativa dalla gente, perché la gente dovrebbe continuare a pagare uno Stato che le opere non le fa o impedisce che si facciano?

Commenti
    Tags:
    statom5sdipendentipubblico





    in evidenza
    Al via le riprese del primo docufilm sulla vita privata di Alberto Sordi

    Guarda le immagini

    Al via le riprese del primo docufilm sulla vita privata di Alberto Sordi

    
    in vetrina
    Milano/ Nuovo flagship store per Swarovski: oltre 500 metri quadri in Duomo

    Milano/ Nuovo flagship store per Swarovski: oltre 500 metri quadri in Duomo


    motori
    Citroën inaugura a Parigi “Le Chëvron” per presentate la nuova e-C3

    Citroën inaugura a Parigi “Le Chëvron” per presentate la nuova e-C3

    Error processing SSI file
    Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Angelo Maria Perrino - Reg. Trib. di Milano n° 210 dell'11 aprile 1996 - P.I. 11321290154

    © 1996 - 2021 Uomini & Affari S.r.l. Tutti i diritti sono riservati

    Per la tua pubblicità sul sito: Clicca qui

    Contatti

    Cookie Policy Privacy Policy

    Cambia il consenso

    Affaritaliani, prima di pubblicare foto, video o testi da internet, compie tutte le opportune verifiche al fine di accertarne il libero regime di circolazione e non violare i diritti di autore o altri diritti esclusivi di terzi. Per segnalare alla redazione eventuali errori nell'uso del materiale riservato, scriveteci a segnalafoto@affaritaliani.it: provvederemo prontamente alla rimozione del materiale lesivo di diritti di terzi.