Scontro in Antimafia su Ranucci: il M5S sfida il Pd per la leadership tra i magistrati contrari alla riforma - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 19:04

Scontro in Antimafia su Ranucci: il M5S sfida il Pd per la leadership tra i magistrati contrari alla riforma

La precisa strategia dei cinque stelle che intendono ormai sostituire il Pd come referente di una parte della magistratura contraria alla riforma

di Vincenzo Caccioppoli

Antimafia, caso Ranucci: dietro le accuse di Scarpinato la strategia del M5S sulla giustizia

Ha destato stupore, quanto accaduto ieri in Commissione antimafia dove era prevista un'audizione con il giornalista Sigfrido Ranucci, dopo l’attentato intimidatorio subito dal giornalista. "Dopo una puntata di Report che riguardava la presidente del Consiglio Meloni, lei ha dichiarato di essere stato pedinato su richiesta del sottosegretario Fazzolari: ci vuole raccontare meglio questo episodio e farci capire se ci può essere se una connessione con quello che gli è accaduto?": una domanda al limite dell’assurdo, e che avrebbe lasciato più uno dei presenti basiti, quella fatta dall'ex magistrato e senatore M5s, Roberto Scarpinato, che avrebbe alluso a possibili connessioni tra quanto accaduto a Ranucci e i suoi rapporti come quello che è considerato il braccio destro della premier.

L’Audizione, proprio dopo quella domanda, è stata secretata per volontà del conduttore di Report, che ha chiesto di spegnere audio e telecamere. “Dietro a quanto detto dal senatore cinque stelle, non sarebbe una semplice provocazione del momento, anche se di una gravità inaudita, ma forse si nasconde una strategia ben precisa dei cinque stelle sul tema giustizia.” Dice un parlamentare di vecchio corso del Pd. Ovviamente l'insinuazione del parlamentare ha fatto saltare dalla sedia Giovanbattista Fazzolari, che ha replicato: "Apprendo che il senatore del Movimento 5 Stelle, Roberto Scarpinato, in commissione parlamentare antimafia ha insinuato un collegamento tra me e l’attentato ai danni di Sigfrido Ranucci. Ho sempre avuto una bassissima considerazione di Scarpinato, e mi rincuora constatare che il mio non era un pregiudizio immotivato". La storia di Roberto Scarpinato è fatta da alti e bassi, ma anche da una certa dovizia nel trovare sempre qualche capro espiatorio politico, come quando giovanissimo, dopo l’attentato a Giovanni Falcone, fece parte del gruppo di magistrati in “rivolta “contro l’allora procuratore di Palermo, accusandolo di aver lasciato solo Falcone.

Poi ha preso parte a molti processi storici, che hanno visto coinvolti politici, come quello contro Giulio Andreotti, o quello per gli omicidi di Piersanti Mattarella e di Salvo Lima. Poi nel 2022 la folgorazione per la politica e la candidatura al Senato con i cinque stelle. A settembre è finito nell’occhio del ciclone per una serie di intercettazioni che lo riguardavano (avrebbe contattato il suo ex collega Gioacchino Natoli per “prepararlo” alla convocazione in Commissione su un tema delicatissimo: il dossier “Mafia e Appalti” e i rapporti con il giudice Paolo Borsellino).

Un caso che dimostrerebbe secondo alcuni una certa animosità quando si tratta dei presunti legami tra politica e malaffare. E a conferma di ciò, sono arrivate le parole durissime pronunciate qualche giorno fa in Senato, proprio durante il dibattito sulla riforma della giustizia “Ci sono italiani anche di destra - ha detto Scarpinato - che non se la bevono che Berlusconi, Dell'Utri, Cosentino, D'Ali', Formigoni sono stati vittime di persecuzione dei magistrati ". Parole che hanno scatenato la protesta del centro destra. Ma al di là anche di un certo gusto per la provocazione, tipico del personaggio un po' bohème, secondo alcune fonti, dietro a questo atteggiamento ci sarebbe anche farebbe parte di una precisa strategia dei cinque stelle sulla giustizia.

Si tratta di un salto in avanti nella campagna referendaria, che mira a fare dei cinque stelle i paladini del no alla riforma, senza sé e senza ma. È la dimostrazione che nel movimento si starebbe facendo largo la convinzione che occorre superare le incertezze del Pd, e guidare la protesta contro la riforma e possibilmente “senza fare prigionieri”. In questo modo si vorrebbe non solo tenere alta la bandiera giustizialista del movimento, per mettere in difficoltà il governo (magari anche in maniera un po’ maldestra come nel caso delle gravissime allusioni fatte in commissione antimafia), ma anche e soprattutto smascherare ed evidenziare le tante titubanze del Pd, che deve fare fronte alle incertezze sulla riforma, di tanti esponenti anche importanti della sua area politica.

È chiaro ormai come nell’ala riformista del partito, infatti, ci sia una sensibilità per il sì alla riforma. Come Giovanni Maria Flick, ex ministro della giustizia nel governo Prodi 1, che ha detto che la riforma sia inevitabile o come la posizione favorevole espressa da Goffredo Bettini. O dell'ex presidente della Consulta, Augusto Barbera, giurista ed ex deputato del Pci e del Pds, che sul Foglio ha spiegato perché voterà a favore della riforma della giustizia. Anche per questo l'area riformista dem auspica che, passate le regionali e il lavoro sulla manovra che sono le priorità del momento, si apra un confronto nel Pd "su come intende stare nella campagna referendaria".

Una occasione troppo ghiotta per non essere sfruttata a dovere da chi come Giuseppe Conte considera Elly Schlein rivale al pari (se non peggio) della Giorgia Meloni. Inoltre sembra ormai chiara che la tendenza del movimento sia quella di diventare la sponda politica, per certa magistratura ( ANM su tutti, ma non solo), sostituendo di fatto quella storica con un Pd che invece deve fare i conti con le diverse sensibilità al suo interno. Un attacco frontale e scomposto, come quello di Scarpinato al braccio destro di Giorgia Meloni non può essere solo il frutto del “caso”, ma è probabilmente servito a lanciare un messaggio ai naviganti. La lunga partita del referendum è appena agli inizi, ma già si preannuncia cruenta e certamente non sarà indolore, in un caso o nell’altro.

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