Mafia, la Cassazione accoglie il ricorso di Spatuzza: libertà più vicina - Affaritaliani.it

Cronache

Mafia, la Cassazione accoglie il ricorso di Spatuzza: libertà più vicina

Gaspare Spatuzza, pentito e collaboratore di giustizia dal 2008, dopo 25 anni di reclusione ha chiesto di poter accedere alla libertà condizionale

Mafia, la Cassazione accoglie il ricorso del pentito Spatuzza: ora il riesame sulla richiesta di liberazione

La Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Gaspare Spatuzza contro l'ordinanza con cui il tribunale di sorveglianza di Roma aveva respinto la sua richiesta di tornare in libertà. La prima sezione penale della Suprema Corte ha annullato con rinvio l'ordinanza dei giudici di sorveglianza e disposto un nuovo esame sull'istanza di Spatuzza. 

Ergastolano, collaboratore di giustizia dal 2008 e detenuto ai domiciliari in una località protetta, Spatuzza chiede di poter accedere alla libertà condizionale, dopo aver scontato 25 anni di reclusione. Tuttavia, per il tribunale di sorveglianza di Roma, a settembre 2021 il suo percorso di rieducazione non poteva ancora dirsi concluso. Dopo il deposito delle motivazioni della Cassazione, i giudici della Capitale dovranno ora riesaminare il caso.

Chi è Gaspare Spatuzza, il killer della famiglia mafiosa di Brancaccio

Gaspare Spatuzza, il killer più fidato della famiglia mafiosa di Brancaccio, oggi ha 58 anni. La sua carriera nella famiglia guidata dai feroci fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, si rivelò fulminea. Il "tignusu" (il pelato) il 15 settembre 1993 - a 29 anni - è l'autore dell'omicidio di don Pino Puglisi, il sacerdote di Brancaccio, per il quale è stato condannato all'ergastolo.

Sempre nello stesso anno è tra coloro che rapiscono il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino, poi ucciso e sciolto nell'acido, dopo due anni circa di prigionia, su ordine del boss Giovanni Brusca. Spatuzza, arrestato nel 1997, si è anche autoaccusato di avere rubato la Fiat 126 utilizzata da cosa nostra per l'attentato di via D'Amelio, in cui furono uccisi il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti della scorta, smentendo le ricostruzioni fin allora fatte dal falso pentito Vincenzo Scarantino.

Spatuzza è stato condannato per oltre 40 omicidi. Nel 2008 chiede e ottiene di collaborare con la giustizia italiana rilasciando dichiarazioni sulla strage di via d'Amelio, sulle bombe del 1993 a Milano, Firenze e Roma e ai legami fra la mafia e il mondo politico-imprenditoriale. È sempre lui a raccontare, nell'ambito del processo d'appello al senatore Marcello Dell'Utri - condannato per concorso esterno in associazione mafiosa - che nel 1994 la stagione delle bombe si fermò perché Giuseppe Graviano gli avrebbe confidato di aver ottenuto quanto voleva grazie a presunti contatti con Dell'Utri e, tramite lui, con Silvio Berlusconi.

 

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