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Cronache
Morte musicista e attore Dario Parisini. Pupi Avati: il mio attore più bello

Pupi Avati ricorda così il musicista Dario Parisini: “L’attore più bello, più fragile e più vulnerabile del mio cinema”.

Ci sono giorni che non vorresti prendessero forma. E altri che sono una pugnalata al cuore. Il 9 giugno racchiude entrambe le condizioni. All’età di 55 anni ci ha lasciati Dario Parisini, uno dei chitarristi più innovativi della scena italiana. “Moderato? Sinonimo di smidollato”, mi diceva tempo fa e ne ridevamo. Un amico, un artista, sfrontato e iconoclasta, sensibile e onesto fino all’estremo, mai convenzionale. Storico fondatore del gruppo post punk anni ‘90 Disciplinatha, ma anche ideatore dei Post Contemporary Corporation e dei Dish-Is-Nein, Dario è stato per lunghi anni un’icona dell’underground italiano.

Secondo Jello Biafra, del grande gruppo americano hard core Dead Kennedys, i Disciplinatha era l'unico gruppo italiano che valeva la pena ascoltare.

Chitarrista imprevedibile, Dario ha collaborato con una miriade di gruppi della scena bolognese tra cui i Massimo Volume e El Muniria. Ma è stato anche attore cinematografico da metà degli anni ‘80 a metà degli anni ‘90, diventando interprete di numerose pellicole del regista Pupi Avati. “Sono italiano e non parlo una lingua non mia, per una storia poi scritta da un italiano e che dovrebbe svolgersi in Italia, in un convento benedettino. Più italiano di così!”, mi disse raccontandomi come fosse stato alla fine scartato per il ruolo di Adso da Melk, protagonista del film "Il nome della rosa", tratto dall’omonimo romanzo di Umberto Eco, solo perché non padroneggiava bene l'inglese. Ma tra le risate a mezza bocca, perché Dario era così.

“Credo di non aver mai avuto un attore così bello in un mio film”, ha raccontato ad Affaritaliani.it il regista Pupi Avati, “in tutti i più di 50 film che ho fatto credo che Dario Parisini, a livello estetico, fosse il ragazzo più bello, più fragile e più vulnerabile ma anche con un suo talento. Aveva una dolcezza che ti conquistava, oltre la bellezza. Avrebbe potuto fare una grandissima carriera nel cinema. Ma amava la musica. Nel tentativo di essere sempre alternativo a tutti e a tutto, di fare quello che nessuno avrebbe fatto. Ho ritrovato quella sua dolcezza nella foto che ho visto al funerale”.

Dove si inscrive questo artista?

Ho il ricordo di tre ragazzi, uno era Nick Novecento, l’altra Barbara Rebeschini e Dario, sono morti tutti e tre giovanissimi e questa è una cosa tremenda da pensare. Non ci sono più. Ho il ricordo di una persona come Dario che era molto fragile però con le idee molto chiare, come quando raccontai in ‘Impiegati’ due personaggi che erano costretti ad essere amici e condividere lo stesso appartamento, Claudio Botosso che rappresentava la concretezza, e Dario che rappresentava il sogno, infatti alla fine del film muore”.

Attore in “Noi tre”, “Impiegati” e “Festa di laurea” di Avati Dario Parisini è stato tra gli altri anche interprete nella miniserie per la tv “La Piovra”, nei film di Giuseppe Piccioni “Il grande Blek” e “La fine della notte” di Davide Ferrario.

La scrittrice Grazia Verasani lo ha ricordato così ad Affaritaliani: “E’ la fine di un’epoca. Penso al diciannovenne più bello della Storia, una faccia da cinema, scrivevano in quegli anni sulla rivista Ciak, perché bucava lo schermo. Dario se ne fregava del successo e sapeva dire ‘No’. Era un solitario ma molto carino con tutta la scena della Bologna rock degli anni 80-90. E’ sempre stato uno sperimentatore di suoni che non inseguiva mode, attento al talento e ai problemi degli altri. Una perdita incalcolabile. E’ il pilastro di una stagione che viene a mancare”.

La band Massimo Volume con Emidio Clementi, Egle Sommacal e Vittoria Burattini: “Nessuno sapeva stare sulla scena come lui. Il palco era il suo habitat naturale. Ma più di tutto, a colpire, era il suo disprezzo per il risparmio. Il bisogno irresistibile di disfarsi perfino delle cose a cui teneva, anche le più preziose, con lo spirito del santo e dell’incosciente. Anche per questo era difficile resistere al suo fascino. Se ci sentisse vorremmo dirgli solo questo: sei stato un amico, ci mancherai, ti penseremo”.

L’artista Helena Velena: “Un uomo intelligente ma anche istintivo, gioviale ma anche ombroso, tenero ma selvaggio, timido ma spudorato”.

L’ambientalista Davide Celli: “Il suo volto emanava una luce straordinaria, magica, e non solo i registi, ma anche le donne impazzivano per lui. Eravamo amici fin da bambini, abbiamo fatto l’istituto d’arte insieme. Ho mille ricordi di lui. Come musicista, aveva un talento inusuale, si poneva sempre l'obiettivo di creare opere che non assomigliassero a niente di già fatto”.

L’autore e documentarista Alessandro Cavazza, autore dell'unico reportage sui Disciplinatha: “Era un maestro a ‘riarmare’ un segno, come diceva lui, cioè a dargli un diverso significato per altri contesti. Viveva con un certo pathos il declino di questa Europa come civiltà, che non riesce più a venirne fuori. Come diceva rispetto alla nostra stessa civiltà ‘abbiamo dato tutti la picconata contro la diga e adesso è tutto rotto e ci sta cascando addosso’, con uno struggente senso di colpa ma anche un tentativo di risorgere dalle ceneri”.

Lo scrittore Danilo Masotti: “Gli piaceva apparire ostile, estremo, provocatorio, poi se lo conoscevi sapevi che mentre si poneva così, nel suo intimo si stava mettendo la mano davanti alla bocca e se la ‘ghignava’. Era così, alla fine un ‘buono’ schiacciato dalla modestia del mondo che è ‘cattivo’ e se glielo facevo notare mi mandava a cagare”.

L’ex cantante dei Disciplinatha e dei Dish-Is-Nein Cristiano Santini: “Ci lascia un vuoto umano prima ed artistico poi assolutamente incolmabile, una voragine, un dolore insanabile. Quello però che rimane, forte, fulgido, incancellabile, sono le centinaia, migliaia di momenti vissuti e condividi assieme. Ciao amico mio, è stato un onore, una gioia incommensurabile essere con te per tutto questo tempo. A rivederci prima o poi, ovunque tu sia”.

Dario Parisini riposa ora nel cimitero di Bentivoglio, nel bolognese, suo Comune di origine.

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