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Economia
Bankitalia, economia stagnante: Pil in rialzo solo dello 0,6% nel 2024

Pil: Bankitalia, ristagno nel IV trimestre, nel 2024 solo +0,6%

Nell'analisi dell'andamento economico italiano, l'anno 2023 si è chiuso con un quadro di ristagno, registrando una crescita del PIL pari a 0,7%. Le proiezioni per il 2024 non delineano un miglioramento significativo, con una previsione di crescita ancora contenuta, fissata al +0,6%. È quanto emerge dal bollettino economico rilasciato dalla Banca d’Italia, che evidenzia cambiamenti particolarmente significativi sul fronte inflazione ed export

Un elemento chiave nel contesto economico attuale è la marcata diminuzione dell'inflazione che si estende sia ai beni industriali non energetici sia ai servizi. Tuttavia sebbene l'economia mostri segnali di un rafforzamento graduale, essa è ancora alle prese con sfide derivanti dalle tensioni nel Mar Rosso: la situazione critica ha creato un ambiente instabile che influisce sulle rotte commerciali e aumenta i rischi associati alle operazioni di esportazione.

Debito pubblico e conti pubblici

Tuttavia, nel 2023 sarebbe proseguito il miglioramento dei conti pubblici e come si legge nel bollettino si sarebbero ridotti il disavanzo e l’incidenza del debito sul prodotto. La manovra, nelle valutazioni ufficiali, accresce l’indebitamento netto nel 2024 di 0,7 punti percentuali del pil rispetto al quadro a legislazione vigente ed è coerente con una diminuzione solo marginale del rapporto tra il debito e il prodotto nell’arco del triennio.

Export, la crisi nel Mar Rosso comporta rischi elevati, prolungamento dei tempi di consegna e incremento dei costi.

Pe quanto riguardo il commercio estero, dal bollettino emerge un'alta probabilità di rischio per l'export se prosegue la crisi nel mar Rosso. "Le esportazioni sono cresciute nel terzo trimestre", scrive Palazzo Koch, e la dinamica positiva sarebbe proseguita "in autunno" ma tale tendenza "potrebbe tuttavia invertirsi se dovessero proseguire gli attacchi alle navi nel Mar Rosso, dove transita quasi il 16 per cento delle importazioni italiane in valore e il 7 per cento delle esportazioni".

"Se il rischio di attacchi alle navi mercantili rimanesse alto - si rileva -anche nei primi mesi del 2024, la necessità di seguire rotte alternative si tradurrebbe in un allungamento dei tempi di consegna per le merci importate via mare dall’Asia (con conseguenti ripercussioni sulle catene di produzione) e in un ulteriore aumento dei noli marittimi. Per quanto riguarda questi ultimi, a metà gennaio l’indicatore composito world container index elaborato da Drewry era più che raddoppiato rispetto a novembre, pur restando di poco superiore alla metà della media eccezionalmente elevata del biennio 2021-22". Secondo le stime di Bankitalia basate su dati relativi al 2022, il trasporto navale attraverso il Mar Rosso riguarda quasi il 16 per cento delle importazioni italiane di beni in valore. Su questa rotta transita una larga parte degli acquisti di beni dalla Cina (secondo mercato di approvvigionamento del nostro paese dopo la Germania), dalle altre economie dell’Asia orientale e dai paesi del Golfo Persico esportatori di materie prime energetiche. Un terzo delle importazioni italiane nella filiera della moda arriva attraverso il Mar Rosso; l’incidenza è elevata anche per le importazioni di petrolio greggio e raffinato e per quelle di prodotti metalmeccanici, che costituiscono quasi il 30 per cento degli acquisti dall’estero del Paese. La rilevanza di tale rotta per le esportazioni è invece sensibilmente più bassa: vi transita circa il 7 per cento delle merci in uscita dall’Italia.

Inflazione, accelera il calo, previsto al 1,9% nel 2024

Si intensifica anche il calo dell'inflazione: l’aumento dei prezzi al consumo si ridurrà all’1,9 per cento nel 2024 (dal 5,9 nel 2023), per poi scendere gradualmente fino all’1,7 nel 2026. L’inflazione di fondo - senza i beni energetici - diminuirà al 2,2 per cento nell’anno in corso (dal 4,5 nel 2023) e si porterà sotto il 2 per cento nel biennio successivo.

La discesa dell’inflazione si è accentuata e si è estesa ai beni industriali non energetici e ai servizi. In dicembre la crescita dei prezzi al consumo si è collocata allo 0,5 per cento (al 3% al netto delle componenti più volatili). Le famiglie e le imprese si attendono un allentamento delle pressioni inflazionistiche nel breve e nel medio termine.

Imprese, calo dell'attività industriale

Nel quarto trimestre l’attività industriale ha ripreso a diminuire e secondo il documento, nella media del bimestre ottobre-novembre la produzione industriale si è ridotta dello 0,9 per cento sul terzo trimestre. Nello stesso periodo la quota dei settori della manifattura che hanno registrato una flessione dell’attività è tornata marcatamente ad aumentare (al 65 per cento, che corrisponde a circa due terzi della produzione). Inoltre rimane elevata la dispersione nei tassi di crescita settoriali, su livelli superiori a quelli pre-pandemici. L’attività si colloca oltre il 14 per cento sotto i valori della fine del 2021 nei comparti a maggiore intensità energetica, per effetto dei prezzi dell’energia ancora elevati, ed è sostanzialmente in linea in quelli non energivori.

Sulla base delle stime per il mese di dicembre "l’attività industriale è tornata a diminuire nel complesso del quarto trimestre, risentendo dell’acuirsi della debolezza del ciclo manifatturiero tedesco, della fiacchezza della domanda interna e dell’ulteriore inasprimento delle condizioni di finanziamento", si aggiunge. Infine Bankitalia rileva che le condizioni per investire restano negative ma migliorerebbero nel corso del 2024.

PNRR, il taglio della 5ª e 6ª rata dipende dalla rimodulazione dei tempi

Nel focus 'Le revisioni al piano nazionale di ripresa e resilienza', contenuto nel bollettino economico evince che dalla rimodulazione dei tempi del Pnrr ''deriverà una riduzione della quinta e della sesta rata''. Lo scorso 8 dicembre, ricorda palazzo Koch, il consiglio dell’Unione europea ha approvato la proposta di revisione del Pnrr inviata in agosto dal Governo italiano alla Commissione. Le modifiche comportano la cancellazione di 4 interventi e la rimodulazione di altri 87, nonché l’introduzione di 29 nuove misure. Di queste ultime 22 (di cui 5 riforme e 17 investimenti) confluiscono in un’ulteriore missione dedicata agli interventi relativi al programma Repowereu, che si aggiunge alle 6 previste dal piano originario.

Nella nuova formulazione del Pnrr i fondi a disposizione salgono da 191,5 a 194,4 miliardi di euro. La differenza è in larga parte riconducibile ai proventi derivanti dal sistema di scambio delle quote di emissioni di gas a effetto serra, già assegnati al nostro paese in seguito all’approvazione di Repowereu da parte del consiglio dell'Ue. Le modifiche approvate generano una cospicua riallocazione di risorse tra le missioni del piano, come anche all’interno di ciascuna di esse. Si riduce soprattutto la dotazione delle missioni 'rivoluzione verde e transizione ecologica' e 'inclusione e coesione'. La prima risente in particolare del definanziamento degli interventi per la resilienza, la valorizzazione del territorio e l’efficienza energetica dei comuni, per un importo pari a 6 miliardi; per la seconda rileva il taglio di alcuni interventi per infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore e per la coesione territoriale. La missione 'digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo' è l’unica tra quelle presenti nel piano originario per la quale si osserva un aumento di risorse; ciò è in prevalenza attribuibile alla componente destinata a sostenere digitalizzazione, innovazione e competitività delle imprese.

Inoltre, la missione aggiuntiva legata a Repowereu ha una dotazione di 11,2 miliardi e finanzia 17 progetti di investimento. Tra questi si segnala in particolare il credito di imposta transizione 5.0, che mette a disposizione 6,3 miliardi per sostenere gli investimenti verdi e digitali delle imprese. Altre misure riguardano l’efficientamento energetico degli immobili pubblici, il potenziamento del parco ferroviario regionale con treni a zero emissioni e il miglioramento delle reti per il trasporto dell’elettricità e del gas.

Complessivamente la nuova formulazione del piano prevede 7 riforme aggiuntive, tra cui: l’estensione dell’approccio orientato ai risultati del Pnrr anche alle politiche di sviluppo e coesione; il riordino degli incentivi alle imprese; la semplificazione del quadro normativo e autorizzativo in materia di energie rinnovabili; la riforma dei sussidi dannosi per l’ambiente. La revisione del Pnrr ha ripercussioni anche sul numero e sulla cadenza temporale dei traguardi e degli obiettivi da raggiungere ogni semestre: questi infatti aumentano da 527 a 617 e, rispetto alla precedente versione del Piano, risultano posticipate le relative scadenze (quasi il 30 per cento si concentra nel primo semestre del 2026, l’ultimo periodo di rendicontazione). Dalla rimodulazione dei tempi deriverà una riduzione della quinta e della sesta rata e un incremento complessivo di quelle successive (in particolare dell’ultima; figura, pannello b). Allo stesso tempo si registra una parziale riallocazione dell’ammontare finanziato da sovvenzioni verso le rate conclusive.

Lavoro, la crescita delle retribuzioni si rafforza e proseguirà nel 2024

Sul tema lavoro, Bankitalia spiega nel bollettino che "la crescita delle retribuzioni si è rafforzata e continuerà a intensificarsi nel corso del 2024'' aggiungendo che ''la dinamica retributiva dovrebbe intensificarsi nel 2024 per effetto dei numerosi rinnovi attesi, sia nella manifattura sia nei servizi privati (dove i contratti del commercio e del turismo sono scaduti da oltre due anni)''. L’espansione dell’occupazione a partire dallo scorso anno, ricorda via Nazionale, ''è proseguita anche nel terzo trimestre e nei primi mesi autunnali, sebbene in misura più contenuta rispetto alla prima metà dell’anno. Il tasso di disoccupazione è rimasto stabile, riflettendo l’aumento di quello di attività, che ha raggiunto un nuovo massimo da quando la serie è calcolata''.

Nel terzo trimestre le retribuzioni contrattuali orarie nel settore privato non agricolo hanno accelerato al 3% su base annua, dall’1,9% dei mesi primaverili. Vi hanno influito soprattutto l’adeguamento all’inflazione, avvenuto a giugno, dei minimi tabellari nel settore metalmeccanico e, in misura inferiore, gli incrementi già previsti dai contratti vigenti, in particolare quello dell’edilizia. Da luglio ha contribuito positivamente anche il rinnovo del contratto nel comparto del legno. La concomitante contrazione dei prezzi dei beni intermedi ed energetici ha comunque limitato l’impatto di questi rialzi sull’inflazione. L’accelerazione delle retribuzioni orarie di fatto nel settore privato non agricolo è stata più contenuta (al 2,9% su base annua, dal 2,6%), a seguito di un rallentamento delle componenti salariali eccedenti i minimi contrattuali. La crescita è stata più marcata nel complesso dell’economia (3,4% dal 2,3%), sospinta dai servizi prevalentemente pubblici. L’andamento negativo della produttività media del lavoro ha causato un aumento ancora più robusto del costo del lavoro per unità di prodotto, salito nel complesso dell’economia del 5,0%, dal 3,5% del secondo trimestre, e portatosi su livelli ampiamente superiori a quelli precedenti la crisi energetica. Nel periodo ottobre-novembre l’incremento delle retribuzioni contrattuali si è leggermente attenuato.

LEGGI ANCHE: Bankitalia, Panetta: "Inflazione sotto controllo, Pil 2024 inferiore all'1%"

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