Esteri
Kast stravince e manda al tappeto la sinistra in Cile, tramonta il socialismo in Sudamerica
Kast, secondo molti osservatori, ha vinto non tanto per nostalgia del passato, ma per paura del presente

Kast, presidente Cile (Foto Lapresse)
Kast stravince e manda al tappeto la sinistra in Cile, tramonta il socialismo in Sudamerica
José Antonio Kast riporta la destra alla guida del Cile. Questo l’esito del ballottaggio di ieri per le presidenziali, nel quale Kast ha ottenuto 58,16% dei voti, contro il 41,84% della candidata della sinistra Jeannette Jara. Una vittoria netta, quella di Kast, che ha primeggiato in tutte le regioni e anche nella capitale, Santiago.
Si tratta della peggiore sconfitta per la sinistra cilena dal ritorno alla democrazia nel 1990. Al primo turno, un mese fa, con le destre divise all’appuntamento elettorale, Kast era arrivato secondo dopo Jara. Ha invece vinto a mani basse in questo secondo turno, avendo sommato ai suoi voti, quelli della destra storica di Evelyn Matthei e dell’ultraconservatore libertario Johannes Kaiser, nonché parte di quelli del Partido de la Gente di Franco Parisi.
Kast è così diventato il presidente più votato nella storia del Cile, vincitore in tutte le regioni del paese, con 7,2 milioni di voti, circa due milioni in più di quanti ne ha ottenuti Jara, anche per effetto dell’obbligatorietà del voto introdotta appena tre anni fa. La sua vittoria è la pietra tombale sul governo uscente di Gabriel Boric e sulle velleità rifondative di una sinistra che sembra aver smarrito da tempo la strada per rendersi credibile di fronte agli elettori.
Per quanto riguarda il caso specifico del Cile, Gabriel Boric, il giovane presidente di estrema sinistra uscente, che aveva promesso riforme ambiziose ed una nuova costituzione, ha fallito e dopo l’esito del ballottaggio, ha subito chiamato il neopresidente. La conversazione è stata cordiale, istituzionale nel senso più alto del termine.
“Anche lei alla fine capirà cosa significa la solitudine del potere”, ha detto Boric, con un tocco di umana malinconia. Kast ha ringraziato, invitandolo a una transizione ordinata e dicendogli che “terrà conto delle sue opinioni” anche dopo l’insediamento dell’11 marzo. Un gesto di rispetto che onora le istituzioni.
Kast, secondo molti osservatori, ha vinto non tanto per nostalgia del passato (anche se i suoi avversari hanno battuto ossessivamente sul tasto del padre ufficiale della Wehrmacht e del suo sostegno al “Sì” al referendum di Pinochet del 1988), ma per paura del presente. Il Cile, infatti, è diventato il sesto paese più timoroso al mondo secondo il Global Safety Report di Gallup.
Il tasso di omicidi è raddoppiato in dieci anni. L’immigrazione irregolare, in particolare dal Venezuela, è fuori controllo. Il programma di Kast è brutale nella sua semplicità, ed è esattamente ciò che l’elettore medio, stanco di teorie sociologiche sulla criminalità, voleva sentire e cioè un programma basato sulla sicurezza Totale: Costruzione di una mega-prigione nel deserto di Atacama, l’area più arida al mondo.
E poi tolleranza zero sull’immigrazione, Nel paese ci sono oltre 300mila immigrati venezuelani senza permesso di soggiorno: ha promesso di espellerli tutti, nonostante il governo del Venezuela non accetti rimpatri dal Cile. E poi un piano da economia di Emergenza: Kast si trova di fronte, un po’ come Milei in Argentina quando vinse le elezioni, con conti pubblici in disordine e una crescita asfittica.
Un'eredità lasciata da una sinistra che ha mostrato tutta la sua inadeguatezza a governare situazioni complesse come quella cilena. Ha promesso un taglio della spesa pubblica di 6,5 miliardi di dollari. Una cura alla Milei che è quella più complessa da approvare. Certo qualcuno ha provato a denunciare la sua vicinanza al terribile periodo della dittatura di Pinochet.
Tra i primi messaggi di congratulazioni è arrivato infatti quello della presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni. “Mi congratulo con l’amico Josè Antonio Kast per il grande successo ottenuto alle elezioni presidenziali del Cile. Italia e Cile sono nazioni amiche e sono certa che le nostre relazioni bilaterali diventeranno ancora più forti, a partire da temi come la cooperazione economica e il contrasto all’immigrazione irregolare. Buon lavoro!”.
L'accademica sociologo francese Stéphanie Alenda, esperta di destra cilena, ritiene che sia prematuro interpretare i risultati cileni come una nuova tendenza, ma piuttosto come "l'espressione più chiara dell'esaurimento di un ciclo politico e dell'incapacità delle forze tradizionali – sinistra, centro e destra – di offrire risposte credibili a un Paese afflitto negli ultimi anni da una confluenza di crisi legate all'ordine, alla governance e alle aspettative".
Alenda sostiene che Kast non è emerso dal nulla: la sua candidatura capitalizza su paure accumulate e un malcontento persistente che la politica convenzionale non è stata in grado di affrontare”. La sua vittoria, quindi, spiega l’accademica, non dovrebbe essere interpretata come un'approvazione maggioritaria di un progetto ideologico coerente “allineato al conservatorismo radicale e al liberalismo di mercato, né come una nostalgica rivendicazione del pinochetismo”.
Ma la cosa indubbia è che l’ennesima vittoria della destra rappresenta uno schiaffo sonoro alla diplomazia dell’Unione Europea, e in particolare a quella tedesca a guida social-verde. Berlino, come scrive la Welt, ha appena promesso un miliardo di euro a sostegno di un'iniziativa per la protezione della foresta pluviale promossa dal presidente populista di sinistra brasiliano, Lula da Silva.
Questo nonostante Silva abbia infranto tutti i record negativi in materia di protezione del clima e dell'ambiente: livelli record di approvazioni di pesticidi, nuovi record negli investimenti nell'esplorazione di petrolio e gas fossili e nuovi record nella produzione di carne bovina. L’ennesima contraddizione di una politica green europea che proprio in questa legislatura sta subendo una profonda revisione, proprio grazie al maggior peso della destra a Strasburgo.
In questo senso, da segnalare il commento di Carlo Fidanza, capo delegazione di Fdi al parlamento europeo e vicepresidente della Delegazione all'Assemblea parlamentare euro-latinoamericana, dopo la schiacciante vittoria della destra in Cile: “Arriva una splendida notizia dal Cile, dove l’amico José Antonio Kast è appena stato eletto Presidente, liberando finalmente la sua bella patria dall’estrema sinistra, grazie al sostegno degli altri candidati di centrodestra e dei loro elettori. Una bellissima storia politica, partita da un piccolo partito di patrioti che oggi hanno conseguito un risultato straordinario. Il vento della libertà soffia sempre più forte su tutta l’America Latina… la vostra battaglia è la nostra battaglia! Buon lavoro, Presidente”.
Per anni, l’Europa ha scommesso tutto sui governi di sinistra in America Latina (Lula in Brasile, Petro in Colombia, Boric in Cile), costruendo un muro ideologico (una Brandmauer, come dicono i tedeschi) contro chiunque fosse di destra. Il risultato è che ora si trovano governi di centro destra in mezzo Sudamerica.
Ed ora rischia di pagarne le conseguenze dal punto di vista economico e da quello geopolitico. La vittoria della destra in Cile potrebbe portare ad una accelerazione di quel processo già in corso di avvicinamento dei popolari europei con le destre europee. Un cambio di paradigma che appare ormai quasi ineludibile, e sul quale la leadership di Giorgia Meloni avrà senza dubbio un peso sempre più rilevante.
