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Esteri
Russia, Quartapelle (Pd): "Putin si ritiri o affronterà conseguenze durissime"
Lia Quartapelle

"Putin scherza col fuoco: Europa e USA sono pronte a dare una risposta molto seria, determinata e compatta"

Nonostante la sua giovane età (compirà 40 anni il prossimo agosto), Lia Quartapelle ha una considerevole esperienza in politica estera. Economista, ricercatrice dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) e profonda conoscitrice di questioni africane, è al secondo mandato come parlamentare del Partito Democratico, del quale è stata una co-fondatrice, contribuendo alla nascita di 02PD, il più grande circolo Dem milanese. Sposata con l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, oggi direttore de L’Avanti, è membro della Commissione Affari Esteri e Internazionali e con Affaritaliani.it analizza la perdurante crisi tra Russia e Ucraina.

Il 16 febbraio era stato annunciato come l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Il ritiro delle truppe dalla Bielorussia è un segnale positivo di de-escalation o si tratta solo di una mossa tattica?

Bene per la Bielorussia, perché la situazione era davvero molto pericolosa, però sospendiamo il giudizio sul quadro complessivo. Non basta un video rilanciato dal ministro degli Esteri russo. Ci sono dei meccanismi di monitoraggio internazionale, in particolare al confine del Donbass, dove ci sono degli osservatori OSCE (anche russi), poi c’è la Nato. Lasciamo valutare a chi è sul campo e quindi ha degli elementi in più. 

Cosa bisogna fare per evitare la guerra? Bisogna per forza escludere l’ingresso dell’Ucraina nella Nato oppure ci sono altre strade?

Intanto vorrei specificare che dicendo “evitare la guerra” stiamo sottovalutando la situazione, perché Ucraina è in guerra dal 2014, quando è stata invasa dalla Russia. Tendiamo a dimenticarlo, perché è un conflitto a bassa intensità, ma è comunque costato carissimo: migliaia di morti (tra i 10.000 e i 15.000), oltre un milione di sfollati interni (su 44.000 milioni di abitanti) e un costo militare elevatissimo, perché l’Ucraina è passata da un esercito di poche decine di migliaia di elementi a uno con 200.000 soldati in armi e 900.000 riservisti, con il 30% del bilancio dello Stato che va nelle spese militari. Detto questo, tutti vogliamo evitare che il conflitto si radicalizzi.

Torniamo al tema della Nato: l’Ucraina deve entrarci o no?

Non è una questione all’ordine del giorno e non lo sarà nemmeno nei prossimi mesi. Nel 2019 l’Ucraina ha cambiato la propria Costituzione, dandosi l’ingresso nell’UE e nella Nato come obiettivo di lungo periodo. Tuttavia non c’è un calendario, ne’ una discussione in corso e soprattutto non c’è unanimità tra i membri della Nato su questa possibile inclusione. Parlarne è quindi molto prematuro e io penso che sia un pretesto, da parte russa. Altra cosa è dire che dopo il ritiro di tutte le truppe russe si possa discutere, anche con Putin, di una nuova architettura della sicurezza europea. Questo va fatto, certo, ma non mentre è in corso una minaccia militare da parte della Russia!

Quali sono, allora, le vere motivazioni di Putin?

Io credo che siano soprattutto motivazioni di natura interna. C’è un crollo nel consenso che va avanti ormai da un po’ e un meccanismo che è stato descritto come “simile a una dipendenza”: al calare della sua popolarità, Putin scatena un’altra guerra. Poi credo che ci sia il tentativo di nascondere all’opinione pubblica la vicenda di Aleksej Navalny, visto che il processo è iniziato ieri e che il suo oppositore principale rischia dieci anni di carcere.

Anche Biden è stato accusato di aver strumentalizzato questa vicenda per recuperare consenso: è un’ipotesi fondata o realmente c’è un pericolo bellico alle porte dell’Europa?

Io credo che ci sia un pericolo reale. L’amministrazione Biden ha già dimostrato nel caso dell’Afghanistan di essere molto più concentrata sui problemi interni che su quelli internazionali, quindi penso che il suo ultimo interesse sia aprire situazioni conflittuali in giro per il mondo. Non è la prima volta che Putin minaccia, per poi negoziare. A differenza del passato, stavolta gli Stati Uniti hanno preso sul serio ogni segnale dell’intelligence e quindi c’è stata un’escalation: ogni volta si sono chieste spiegazioni, senza mai ottenerle. 

La crisi tra Russia e Ucraina si intreccia con quella energetica. Romano Prodi ha detto che bisogna comunque raggiungere un accordo di lungo termine con Putin. Lei è d’accordo o vede altre vie d’uscita?

Noi come Europa abbiamo una strategia di lungo che consiste nell’investimento in fonti rinnovabili, così da diminuire la nostra dipendenza energetica dai grandi fornitori. Questa crisi deve essere uno stimolo per accelerare il processo. Il tema energetico deve essere centrale anche nella definizione delle nuove politiche di sicurezza, ma ricordo che la dipendenza è un’arma a doppio taglio: anche i fornitori come la Russia sono ormai strettamente legati alla domanda del mercato europeo. 

Quindi Putin sta giocando col fuoco, in senso letterale…

Sì, anche perché di fronte si trova un Occidente decisamente più unito di quanto lo sia stato nel 2014. Allora agimmo ex post, mentre questa volta ci siamo mossi prima e con una logica di squadra, anche tra primi ministri dei vari Paesi UE e in coordinamento con gli americani. Certo, le istituzioni europee possono ancora essere rafforzate (ad esempio con le decisioni a maggioranza sulla politica estera), ma hanno già dato una bella prova di unità. Il regime di Putin in questo frangente sta dimostrando tutte le sue debolezze intrinseche. I commentatori russi, ad esempio, sono molto preoccupati dall’escalation della situazione. Un sistema molto imperniato su un uomo solo è molto pericoloso, anche per quell’uomo stesso. 

Nord Stream 2 può ancora avere un futuro o è da archiviare?

In questo momento mi sembra tutto bloccato. È una di quelle cose che possono essere messe sul tavolo in un secondo momento, se la Russia ritira le truppe.

Quindi la posizione che anche Di Maio rappresenterà a Lavrov è molto ferma: per l’Italia e per l’Europa non ci sarà spazio per le trattative, fino a quando i soldati russi non torneranno casa. È così?

Esatto: questo è il punto. Non si può trattare con 130.000 soldati schierati ai confini e con dei piccoli attacchi cibernetici come quelli verificatisi ieri a Kiev. Così non si discute. Tutti i canali diplomatici che sono rimasti aperti in questi giorni hanno dato a Putin lo stesso messaggio: ci sono delle linee rosse che non si possono valicare, altrimenti la risposta sarà molto seria, determinata e compatta. 

 

 

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