Quali sono e di cosa parlano i romanzi in finale al Premio Strega Europeo 2025 - Affaritaliani.it

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Quali sono e di cosa parlano i romanzi in finale al Premio Strega Europeo 2025

Il 18 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino si scoprirà il vincitore. Qui ve li raccontiamo

di Chiara Giacobelli

2) Theodoros di Mircea Cărtărescu (Il Saggiatore)

In Theodoros Mircea Cărtărescu compone un affresco vertiginoso della brama umana di potere, un’epopea che attraversa secoli e geografie, storia e mito, ragione e follia. Pubblicato in Italia da Il Saggiatore nella traduzione di Bruno Mazzoni, il romanzo si impone come un’opera monumentale, in cui ogni pagina sembra interrogare la vertigine del desiderio umano: governare o perire. Non un semplice romanzo storico, ma una costruzione letteraria che dissolve i confini fra realtà e visione, scrittura e rivelazione.

La parabola di Theodoros – nato come Tudor, servo adolescente in Valacchia, divenuto pirata, comandante e infine incoronato Tewodros II, imperatore d’Etiopia – si snoda lungo tremila anni di narrazione. Un’esistenza che incarna ogni metamorfosi possibile: da garzone a condottiero, da ribelle a sovrano, da uomo a leggenda. La sua vita è narrata da una voce ultraterrena, quella dei sette Arcangeli che, nel giorno del Giudizio, compilano il resoconto dell’anima del protagonista. Tale stratagemma narrativo – onnisciente ma coinvolto, divino ma fallibile – conferisce al testo una tensione metafisica, un’eco biblica.
Theodoros incarna l’ambizione assoluta, quella “voglia metafisica di potere” che lo spinge a sfidare Dio stesso. Il suo cammino lo conduce dai Carpazi innevati alle isole greche, dai deserti etiopi alle corti europee, in un susseguirsi di conquiste, perdite, ascesa e rovina. Come dice l’autore: "Theodoros è un archetipo. Incarna tutti i tiranni del mondo. È uscito al momento giusto, in un’epoca popolata di Theodoros reali" (L’Espresso).


 

Tra i momenti più folgoranti vi è la morte della giovane Stamatina, compagna amata e contraltare etico del protagonista, che spezza ogni residua tenerezza in lui. Ma è nell’epilogo – il suicidio di Theodoros con una pistola d’oro donatagli dalla regina Vittoria – che si condensa la tragedia del personaggio: l’impossibilità di conciliare l’olio santo e il sangue, il sacro e il profano, la salvezza e la dannazione.
«Hai fatto ciò che è male agli occhi del Signore… Per tutta la vita hai cercato di conciliare l’olio santo e il sangue», scrivono gli Arcangeli. È un giudizio definitivo ma non senza pietà, un epitaffio per chi ha osato troppo.

A rendere Theodoros un’opera irripetibile è la sua struttura torrenziale. Diviso in tre libri e lungo oltre 700 pagine, il romanzo non obbedisce a una logica cronologica, ma a un tempo circolare e simbolico, dove coesistono la storia di Menelik e quella di John Lennon, i miti biblici e le navi a vapore, l’Arca dell’Alleanza e i dagherrotipi. Come spiega Cărtărescu in un’intervista: "Non volevo un romanzo filosofico o totalizzante, ma un accumulo di narrazioni, una Bibbia postmoderna" (Bookcity Milano).
A proposito della narrazione celeste, dichiara: "Sono sempre stato attratto dai testi che si muovono tra terra, paradiso e inferno. Per questo ho affidato la voce narrante agli Arcangeli" (sempre L’Espresso). Il risultato è un racconto che vibra su più livelli, in cui ogni evento storico si specchia in un destino eterno, e ogni gesto individuale si riverbera nell’ordine cosmico.

La lingua di Cărtărescu è una corrente impetuosa, densa di immagini, suoni, riferimenti sacri e profani. Il suo stile è musicale, liturgico, infuocato. Come afferma lo stesso autore a Music & Literature: "Scrivere è per me come respirare. Non è una professione, è un atto di fede. Io non riscrivo: ogni pagina mi viene rivelata mentre scrivo, come se togliessi la vernice da un testo già esistente". In questa confessione si cela la chiave della sua poetica: la scrittura come epifania.
In Theodoros si intrecciano ossessione per il potere, spiritualità, mito, eresia e destino. Il protagonista insegue una visione, un sogno imperiale che affonda le radici nel Kebra Nagast, il testo sacro etiope. In esso trova la genealogia mitica che lo legittima: il figlio della regina di Saba e del re Salomone. Ma la sua ricerca dell’Arca dell’Alleanza è anche un pellegrinaggio interiore, un tentativo di dare senso alla propria esistenza divorante.

"Non c’è differenza tra magia e tecnologia – afferma Cărtărescu intervistato da L’Espresso - Anche la poesia è tecnologia avanzata, che ci connette all’invisibile». Ed è proprio questo che il romanzo propone: un universo dove la meccanica quantistica convive con le profezie bibliche e dove il male si rivela specchio deformante del nostro io.

Crediti Barna Nemethi per Music & Literature

Cărtărescu, nato a Bucarest nel 1956, è unanimemente considerato il massimo scrittore romeno vivente e una delle voci più importanti della letteratura europea. Autore della trilogia Abbacinante e del celebrato Solenoide, ha ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Prix Formentor, il Los Angeles Times Book Prize e il Mondello Internazionale. In Theodoros, rispetto alle sue precedenti opere più introspettive, l’autore si apre alla dimensione epica, restando però fedele al suo stile visionario e filosofico.

Consiglio Theodoros a chi desidera smarrirsi in un labirinto letterario, a chi non teme la vertigine del linguaggio, a chi cerca nella narrativa un’esperienza assoluta. È un romanzo che interroga l’abisso umano, che trasfigura la storia in simbolo, che canta la gloria e la disfatta dell’ambizione. Un libro che non si legge, ma si attraversa: come un deserto sacro, come un tempio in rovina, come un sogno che non ha fine.